M. Chiara Biagioni
“È stata una sorpresa enorme. Ero in macchina, mi sono dovuto fermare. Non stavo seguendo le notizie e sono stato informato da un giornalista che mi ha chiamato per chiedermi un’intervista. Non sapevo nulla. Ebbene, è un grande riconoscimento”. Queste le primissime parole di mons. Jean-Paul Vesco, arcivescovo di Algeri. Raggiunto questa mattina telefonicamente dal Sir, l’arcivescovo racconta come ha ricevuto la notizia che nella lista dei 21 prelati che riceveranno la berretta cardinalizia l’8 dicembre a Roma, c’è anche il suo nome. “Sono contento per la nostra Chiesa in Algeria perché credo che questa scelta la rafforzerà”, dice l’arcivescovo. Poi si ferma e aggiunge: “Per quel che mi riguarda, il mio pensiero oggi va al mio predecessore come arcivescovo di Algeri, mons. Henri Tessier. Un uomo dalla personalità immensa e del quale ci siamo sempre chiesti perché non è stato elevato a cardinale. A lui vorrei dedicare questa nomina”. Domenicano, nato a Lione nel 1962, è stato avvocato prima di essere ordinato sacerdote nel 2001. È in Algeria dal 2002, prima presso il convento domenicano di Tlemcen, nella diocesi di Orano, poi come vicario generale della diocesi nel 2005. Eletto priore provinciale dei domenicani di Francia, è tornato in Francia nel 2010. Papa Benedetto XVI lo ha nominato capo della diocesi di Orano il 1° dicembre 2012. L’8 dicembre 2018, mons. Vesco ha accolto nella sua diocesi la beatificazione dei 19 martiri dell’Algeria, tra cui mons. Pierre Claverie, ex vescovo di Orano assassinato nel 1996, e i monaci di Tibhirine. Nel 2021 Papa Francesco lo ha nominato arcivescovo di Algeri.
Perché secondo lei, Papa Francesco l’ha scelta?
Francamente non lo so. Penso che il Papa abbia effettivamente modificato profondamente la sociologia del collegio cardinalizio, non nominando i vescovi che stanno nelle sedi cosiddette cardinalizie, come vuole la tradizione, ma andando a nominare vescovi che sono, come dice lui, nelle periferie della Chiesa e del mondo. Vedo, in questo senso, che è stato nominato anche l’arcivescovo di Teheran-Ispahan (Iran). Quindi questo è un segno.Ripeto, la mia nomina era inimmaginabile. Non so perché lo abbia fatto e non lo saprò mai. Ma quello che vedo, è l’attenzione di Papa Francesco per le periferie, per il dialogo interreligioso e con l’Islam.Questa nomina giustifica anche un impegno di tutto il mio episcopato a favore dell’accoglienza dei divorziati risposati, a favore della sinodalità, a favore di un maggiore spazio dato ai laici e alle donne nella Chiesa… Vedo quindi questi due volti: da una parte la periferia, l’Algeria e il dialogo con i musulmani. D’altra parte, un impegno per una visione all’interno della Chiesa universale. Il Papa ci sta conducendo verso un cambiamento nel rapporto della Chiesa con il mondo. Quindi ne sono felice.
La Chiesa d’Algeria è una chiesa che vive in dialogo, nel cuore del mondo musulmano.
Sì, una Chiesa fragile, piccola e allo stesso tempo in dialogo con il mondo musulmano. È un po’ come la scelta dei Paesi che il Papa va a visitare nei suoi viaggi. C’è una profonda coerenza fin dall’inizio del suo pontificato, in questo senso. Il nostro testo di riferimento, quello più importante, quello che mi ha toccato di più, è la Dichiarazione sulla Fratellanza Umana, firmata insieme al Grande imam di Al Azhar perché pone l’amicizia al centro del dialogo interreligioso e islamo-cristiano. È esattamente quello che cerchiamo di vivere perché penso che non ci sia altra via.
L’annuncio è stato dato alla vigilia della grande Giornata di preghiera e digiuno per la pace.
Il Medio Oriente. È una regione che mi sta a cuore perché ho vissuto a Gaza e ho vissuto a Gerusalemme. Credo che a questo punto, ci siano solo la forza della preghiera e la determinazione dei credenti, degli uomini e delle donne di buona volontà per fermare questa catastrofe umana. Gerusalemme è la città della pace, al centro per così tanto tempo, di tanta violenza. Il mio cuore è con gli abitanti di Gaza.
È un massacro che avviene sotto i nostri occhi ormai da un anno e si fa fatica accettarlo.
Voi siete anche una Chiesa di martiri, una Chiesa profondamente ferita dalla violenza. Cosa hanno da dire oggi i vostri martiri?
I “beati” di Algeria sono un segno di fratellanza sotto il cielo di Algeria ma il loro messaggio è ancora attuale, purtroppo. Mi riferisco in particolare alle parole di Pierre Claverie che rappresentano un segno profetico anche per oggi.