SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si sono conclusi ieri, 13 Ottobre 2024, giorno dell’anniversario del suo martirio, i festeggiamenti in onore di San Benedetto martire, patrono dell’omonima Parrocchia e della Città di San Benedetto del Tronto.
Il culmine della festa è avvenuto nel pomeriggio con la tradizionale e quinquennale processione a mare, partita alle ore 14:30 da Cupra Marittima e giunta un’ora dopo al porto di San Benedetto, dove ha avuto luogo la processione terrestre. Il corteo si è snodato lungo le vie principali della città, fino a piazza Bice Piacentini, dove alle ore 17:00 il vescovo Gianpiero Palmieri ha presieduto una Celebrazione Eucaristica in onore del Santo patrono. Al termine della Messa è avvenuto il consueto rito di riconsegna delle chiavi della città da parte del Sindaco, seguito dalla benedizione solenne dell’intera comunità sambenedettese in Piazza Sacconi. Due gesti di totale affidamento della città al Santo patrono, che testimoniano l’affetto nei confronti del soldato martire Benedetto e la fede del popolo sambenedettese.
La Messa, impreziosita dal canto del coro parrocchiale a cui si sono aggiunti alcuni coristi della parrocchia San Filippo Neri, è stata concelebrata da numerosi sacerdoti e diaconi della città: don Guido Coccia, parroco della parrocchia ospitante che dal Santo Patrono prende il suo nome; don Patrizio Spina, vicario generale; mons. Romualdo Scarponi, parroco emerito della parrocchia Santa Maria della Marina; don Gianni Capriotti, parroco della comunità Madonna del Suffragio; padre Mario Amadeo, parroco della parrocchia San Giuseppe; don Gianni Croci , parroco della comunità di San Filippo Neri, con cui quest’anno c’è stata una particolare collaborazione nei preparativi dei festeggiamenti religiosi; i diaconi Emanuele Imbrescia e Walter Gandolfi. Hanno altresì concelebrato il parroco don Roberto Traini, il collaboratore parrocchiale don Benvenuto Napou, il confratello malgascio don Eric Stephan Randrianantenaina, il diacono Luciano Caporossi della comunità di San Basso di Cupra Marittima, i quali hanno anche accompagnato la statua del Santo Patrono durante la processione a mare, prima dell’inizio della Santa Messa.
Molte le autorità civili e militari intervenute, che hanno partecipato sia alla Messa sia alla processione che l’ha preceduta: il primo cittadino Antonio Spazzafumo, il vicesindaco della città rivierasca, Tonino Capriotti, il sindaco di Cupra Marittima, Alessio Piersimoni, il neoeletto consigliere provinciale Gino Micozzi, l’onorevole Lucia Albano, la Comandante della Capitaneria di Porto di San Benedetto, Alessandra Di Maglio, il comandante della Compagnia dei Carabinieri di San Benedetto del Tronto, Francesco Tessitore, e molti altri.
Nell’omelia il vescovo Gianpiero ha ripercorso la vita di Benedetto, che da soldato romano dislocato nel presidio militare alla difesa della città di Cupra Marittima, si rifiutò di abiurare la fede cristiana e di riconoscere gli dei pagani, pagando con il martirio e la morte la sua fede forte e salda nel Vangelo. Martirizzato sul ponte del torrente Menocchia, il suo corpo fu gettato in mare dopo essere stato decapitato. Dopo aver percorso appena quattro miglia, finì su una spiaggia, dove venne raccolto da un uomo che volle dargli degna sepoltura sul primo promontorio antistante. La tomba del martire divenne presto un luogo di culto e, attorno ad essa, nel tempo, si formò il nucleo originario dell’attuale San Benedetto del Tronto. Queste le parole di mons. Palmieri: «Quando un ambiente è diventato troppo chiuso ed asfittico, quando non è un luogo generativo di vita bensì di morte, Dio, per trasformare la realtà nel Regno di Dio, interviene mandando qualcosa di nuovo, di strano, che ha il potere di cambiare le carte in tavola e rimettere in discussione la realtà. Questo è avvenuto con Benedetto. Quando ha raggiunto questo territorio, le mani pietose dei poveri lo hanno portato qui. Nel tempo hanno scoperto che si tratta di un martire, di uno che ha preferito morire piuttosto che rinnegare la sua fede. Non c’è da temere molto da un cadavere, vero?! E invece no! Tutto viene sovvertito. Tutto viene ribaltato. In quel periodo, per vie delle credenze pagane, le persone credono che il mondo sia governato da poteri occulti e misteriosi, da dei capricciosi, i quali condizionano e decidono della vita degli uomini. Invece il Vangelo di Gesù, il Vangelo portato da Benedetto, dice che la realtà degli uomini e delle donne – la realtà creata – è uscita dalle mani di Dio; che nel mondo è presente lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio; che gli dei sono niente e che gli uomini non devono averne paura, perché esiste un unico Dio, che è amico degli uomini. Le autorità di quel tempo si fanno scudo delle credenze popolari e non possono sopportare che la realtà sia nelle mani di Dio. Benedetto dunque viene ucciso e giunge qui cadavere, senza testa e senza voce, ma ha un sangue dalla voce più potente di quello di Abele: è il sangue del giusto, che dice la Verità».
Mons. Palmieri ha proseguito la sua omelia, sottolineando tre letture proclamate durante la processione e la Messa.
La prima è la lettera di Giacomo, letta durante la processione, nella quale egli esorta la comunità cristiana a chiedere la sapienza che viene dall’alto come un dono preziosissimo che viene da Dio e che permette di vedere la realtà come è davvero. Ha detto il vescovo: «Giacomo esorta allora i cristiani a specchiarsi in questa sapienza, che è il Vangelo, così da vedere il loro vero volto di figli liberi di Dio e da non avere più paura. San Benedetto ha fatto così: davanti alla Parola di Dio si è specchiato ed ha scoperto la propria dignità di figlio libero di Dio. Nel Battesimo viene detto a ciascuno di essere figlio di Dio, quindi re, sacerdote e profeta. Benedetto si è comportato da re, libero di dire ciò in cui crede, senza avere paura di nulla».
Il secondo brano è la lettera di Pietro, la cui lettura lungo la processione è stata definita suggestiva dal vescovo Gianpiero: «L’apostolo invita a mettere i piedi dove Gesù ha lasciato le orme, proprio mentre noi mettevamo i nostri piedi sulle orme di Gesù, dietro la croce che ci guidava, seguendo il suo esempio e quello di San Benedetto, che sono stati capaci di dare la vita senza avere paura».
Il terzo brano è quello del Vangelo letto durante la Messa, nel quale Gesù, dopo aver avuto uno scontro forte con i Farisei, che agiscono nell’ombra per farlo morire, dice ai suoi discepoli di non avere paura. Queste le parole di mons. Palmieri: «Il Padre vi conosce ad uno ad uno – dice Gesù ai suoi -. Il Padre sa tutto. Non abbiate timore di questo. Abbiate timore piuttosto di chi ha il potere di ridurvi a niente. Cosa significano queste parole di Gesù? Quando viviamo la nostra vita, avendo la libertà di dire e fare quello che è secondo il Vangelo, allora siamo davvero vivi. Benedetto ha vissuto così: forte della sapienza che viene dall’Alto, ha messo i suoi piedi dietro a quelli di Gesù, è andato incontro alla morte e non ha avuto paura, perché sapeva che tutta la sua vita era totalmente affidata a Dio. Quando muori così, muori pieno di tristezza, ma con la totale fiducia nella promessa di Gesù che dal sangue dei martiri nascono nuovi cristiani. Ed eccoci qui! La fede di Benedetto è arrivata fino a noi!».
Mons. Palmieri ha infine concluso la sua omelia con un appello alla fratellanza universale, ricordando l’esempio virtuoso dell’Albania: «Quando sono stato sull’altra sponda dell’Adriatico per un incontro con i giovani del Mediterraneo, sono andati a venerare martiri che purtroppo non sono così lontani nel tempo, ma risalgono a venticinque/trenta anni fa: vescovi, preti, laici, ammazzati in maniera crudele. A distanza di un trentennio, convivono musulmani, ebrei, cristiani, che, avendo vissuto la comune esperienza delle persecuzioni, oggi si vogliono un gran bene. Ecco perché papa Francesco ha scelto l’Albania per presentare l’enciclica “Fratelli tutti”! Quando sono andato alla consacrazione del vescovo di Tirana, che è un mio amico, in prima fila c’erano tutti imam. Viviamo oggi un tempo molto strano, in cui sparano pure sulle Nazioni Unite, in cui si ha paura di chi cerca la pace, in cui si porta avanti la logica del più forte, in cui si è capaci di distruggere e perseguitare, in cui non si cerca la fratellanza universale, bensì si irride chi cerca la pace. Noi non dobbiamo aver paura. Andiamo avanti! Coraggio! È il tempo della testimonianza semplice e chiara al Vangelo di Gesù, vissuta qui, dall’altra parte del mare e in ogni luogo. Siamo tanto grati a Benedetto, che è arrivato cadavere, ma ha cambiato tutto!».
Al termine dei riti di Comunione, come da tradizione, il vescovo Palmieri ha consegnato le chiavi della città al sindaco Spazzafumo il quale, a sua volta, le ha affidate idealmente al santo patrono. Mons. Gianpiero ha spiegato così il significato del gesto: «Dobbiamo liberarci dall’individualismo e dall’egoismo che abbiamo nel cuore e che ci impediscono di vivere con passione. Allora oggi è contro questi nemici che dobbiamo vivere la nostra testimonianza, costruendo la solidarietà, puntando al bene comune, aiutandoci gli uni gli altri, mantenendo ferme le cose belle della vita, senza lasciarci inaridire il cuore. Il gesto che faremo tra poco ha un significato importante. Nella Bibbia, quando uno viene nominato cameriere o servo di tutti, gli si dà la chiave. è per questo che Gesù dà la chiave a Pietro, perché lo fa servo di tutti, come diceva San Gregorio Magno, servo dei servi di Dio. Il sindaco ed io, in modo diverso, serviamo la comunità, siamo servi di tutti. San Benedetto ci ha servito tutti, dandoci il Vangelo. Questo gesto, quindi, è carico non di potere, ma di servizio».
Prima della benedizione finale, il parroco don Guido Coccia ha effettuato alcuni ringraziamenti, in particolare alla comunità di San Filippo Neri che ha partecipato in maniera attiva alla realizzazione dei vari momenti di festa, coinvolgendo alcuni ragazzi nel servizio durante la serata di Sabato, facendo unire alcuni cantori al coro parrocchiale durante la messa pomeridiana di Domenica e preparando alcuni piatti nelle cucine degli stand enogastronomici allestiti per la serata. Si tratta di una novità dell’edizione 2024 che – ha specificato il parroco – «si rinnoverà ogni anno, cambiando di volta in volta parrocchia, per coinvolgere tutta la comunità sambenedettese. Spero che il nostro piccolo progetto di condivisione, collaborazione e corresponsabilità con tutte le parrocchie cittadine cresca sempre di più. Vorremmo far sentire la festa di San Benedetto come la festa di tutta la città. A volte viviamo individualismi, quindi siamo chiamati a condividere la fede e a darne testimonianza». I ringraziamenti si sono poi estesi anche alla parrocchia di San Basso, per la collaborazione ai fine della processione.
A seguire ha preso la parola il sindaco Antonio Spazzafumo, il quale, prima di donare al vescovo Gianpiero un gentile omaggio, ha detto: «Questa è la prima festa del nostro Santo patrono che il vescovo vive insieme alla nostra comunità. Quindi proprio in questa occasione, durante questa festa che parla di noi, che ci rappresenta, vogliamo darti un piccolo pensiero per dirti che siamo contenti di averti fra noi». Infine il sindaco ha abbracciato il vescovo, con un’esortazione, che è anche un desiderio: «Insieme dobbiamo lavorare tantissimo per la nostra città!».
Terminata la celebrazione, come da tradizione, tutte le autorità ed i fedeli si sono recati in processione verso piazza Sacconi, dove il vescovo Gianpiero Palmieri, con la reliquia della mano del Santo patrono, ha fatto la benedizione della città.