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Libano: nel buio della notte

(Foto ANSA/SIR)

Di Ferruccio Ferrante

La guerra a Gaza e l’escalation del conflitto con Israele con incursioni anche via terra continuano a ferire il Libano, un Paese già provato da cinque anni di crisi economico-finanziaria e da una paralisi istituzionale e a preoccupare fortemente la comunità internazionale, coinvolgendo tutto il Medio Oriente e la Penisola Araba, con il rischio di un ampliamento del conflitto. La recrudescenza degli scontri ha già causato altre centinaia di morti e centinaia di migliaia di persone continuano a fuggire dal Paese o a spostarsi al suo interno.
Occorre attraversare la notte per giungere all’alba. In questo momento il Libano – come ha sottolineato Papa Francesco all’Angelus di domenica 29 settembre 2024 – “è un messaggio martoriato, e questa guerra ha effetti devastanti sulla popolazione: tante, troppe persone continuano a morire giorno dopo giorno”.
In un Medio Oriente sempre più in fiamme, c’è bisogno dell’impegno deciso della diplomazia e della comunità internazionale, ma anche di un impegno educativo e solidale nella quotidianità con iniziative concrete nel segno del dialogo, per aiutare la popolazione libanese a rialzarsi e mantenere sempre accesa la speranza di tornare ad essere un progetto di pace.
Proprio questo è l’obiettivo del dossier “Libano: nel buio della notte” che dopo una panoramica sulla situazione del Paese cerca di mettere a fuoco la missione e l’impegno della Chiesa locale e la vicinanza della Chiesa italiana.

Molte le voci e le testimonianze che aiutano a delineare un quadro del Paese, tra cui Camille Eid, giornalista libanese collaboratore di Avvenire, mons. Cesar Essayan, vicario latino di Beirut, padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano.
La Conferenza episcopale italiana dal 1991 ha finanziato 143 progetti in Libano. Con quasi 34 milioni di euro provenienti dai fondi 8×1000 sono stati sostenuti interventi in diversi settori, inclusi aiuti d’urgenza. Per quest’ultima emergenza ha messo a disposizione un ulteriore milione di euro.Fondamentale l’apporto dei volontari, tra cui i tanti giovani dell’Emergency Response Unit di Caritas Libano, intervenuti sia in seguito alla terribile esplosione nel porto di Beirut dell’agosto del 2020, sia dopo il terremoto del 6 febbraio del 2023.
Sono riportati a titolo di esempio alcuni progetti realizzati grazie al sostegno Cei a Caritas, altre realtà ecclesiali e organismi impegnati quotidianamente accanto alla popolazione.
Come le Figlie di Maria Ausiliatrice e il Vides che portano avanti progetti di educazione alla pace e per la riaffermazione dei diritti e grazie a questi fondi hanno potuto promuovere dialogo e formazione per circa 100 giovani dai 14 ai 25 anni di cui il 60% donne e 75 professionisti, tra educatori e animatori e hanno realizzato laboratori socio-culturali e di socializzazione e cittadinanza attiva per 60 giovani.
O come la cooperativa sociale Armadilla che è riuscita ad avviare un laboratorio per la produzione di pane e pasta, ha distribuito pasti a 3.448 persone, ha fornito formazione e assistenza tecnica a 2.800 persone, ha consegnato sementi e utensili agricoli in 10 aree rurali e garantito supporto psicologico a 375 famiglie.

Anche l’Avsi (Associazione volontari per il servizio internazionale), grazie ai fondi messi a disposizione dalla Cei, sta portando avanti un progetto per rafforzare l’istruzione primaria per i bambini libanesi vulnerabili e rifugiati siriani. Sono stati formati 10 insegnanti e sei coordinatori in 4 scuole, attivando così una formazione a cascata per 90 insegnanti. Più di 1.200 bambini ne beneficeranno.
Nel dossier si parla anche del gemellaggio solidale con il Libano avviato nel 2022 dalla Comunità del diaconato in Italia e dell’impegno dei Salesiani accanto ai giovani e alle loro famiglie.
Certo, i progetti e le iniziative presentati nelle pagine del dossier sono solo delle piccole gocce, segni di attenzione verso chi più soffre, testimonianze silenziose che si oppongono a un sistema di scontro e di morte.L’auspicio è che possano essere anche lievito, fermento, seme che anima e aiuta a costruire, ricostruire, reimpostare le relazioni, promuovendo una cultura dell’incontro e della carità, dando vita a processi e percorsi di promozione della pace.Nello stesso tempo la speranza è che il coro di chi grida “Fermate la guerra! Fermate le guerre!” sia sempre più ampio e riesca a scuotere le coscienze e indirizzare le scelte.
“Le Chiese in Italia – afferma il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei – si uniscono al grido del Santo Padre per esprimere ai fratelli e alle sorelle del Libano e di tutto il Medio Oriente vicinanza e solidarietà: siamo con voi! Mentre continuiamo a invocare il dono della pace, ci rivolgiamo a quanti hanno responsabilità politiche affinché tacciano le armi e si imbocchi la via del dialogo e della diplomazia. Al contempo, ci facciamo prossimi concretamente a quanti vivono sulla propria pelle il dramma della guerra e della violenza”.