Di Roberta Pumpo
Riflettere sul ruolo dell’educatore che per il Centro oratori romani (Cor) significa abbracciare una vocazione profonda. È un cammino di crescita personale ma soprattutto un impegno ad accompagnare le comunità parrocchiali e i ragazzi a loro affidati, aiutandoli a scoprire i propri talenti e a coltivare semi di fede e di speranza. È lo spirito che ha animato l’edizione 2024 del seminario di pastorale oratoriana promosso dal Cor e svoltosi questa mattina, sabato 12 ottobre, nella sala Tiberiade del Seminario romano maggiore. “Vino nuovo in otri nuovi. Educatori per l’oratorio che verrà” il tema dell’incontro di approfondimento organizzato come da tradizione all’inizio dell’anno pastorale e tornato in presenza dopo uno stop di qualche anno. Del “vino nuovo” ha parlato don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria di Roma, che ha approfondito il carisma educativo del catechista di oratorio.“Il vino nuovo – ha affermato il sacerdote – è una opera di Dio, bisogna presentare ai ragazzi la vita vera, bella, facendo capire loro che il Signore agisce, opera passando attraverso le loro mani. Oggi, invece, il concetto che abbiamo di formazione presuppone l’annullamento della personalità di ognuno imponendo un atteggiamento di rimprovero. Ma stiamo fallendo. Non dobbiamo cambiare le persone ma valorizzarle”.Don Fabio, che da anni porta avanti un percorso spirituale incentrato su “I Dieci Comandamenti” coinvolgendo migliaia di giovani, ha ricordato che San Basilio il Grande sosteneva che il bene è intrinseco nell’uomo, il quale è fatto per essere evangelizzato. A tal proposito, “compito dell’educatore è quello di dare fiducia ai ragazzi, tirare fuori il bene che hanno dentro.
I giovani di oggi sono bellissimi – ha detto Rosini -, è nostro dovere coltivate la fede che è nel loro cuore. Le forzature sono inutili.
I divieti e le regole possono andare bene se finalizzati a una crescita. Ma i giovani devono sbagliare e noi dobbiamo aiutarli a rialzarsi, a tirare fuori le loro potenzialità e a credere nella bellezza che hanno dentro”.
Gli “otri nuovi” hanno invece fatto da sfondo all’intervento di Roberto Mauri, autore del libro “Campo Base. L’oratorio che verrà?”. Psicologo, psicoterapeuta, formatore e co-fondatore del Centro Studi Missione Emmaus, ritiene che oggi l’oratorio deve passare da una visione centripeta a quella missionaria.“Non dobbiamo attrarre gli adolescenti in oratorio ma andare a cercarli fuori”,ha dichiarato dialogando con Massimiliano Nico, segretario generale del Cor. L’oratorio nasce nella prima metà dell’Ottocento dal sogno di San Giovanni Bosco e “il problema è che oggi abbiamo smesso di sognare”, ha sottolineato Mauri soffermandosi sulle quattro dimensioni dell’oratorio valide fino a qualche anno fa ossia la figura carismatica del sacerdote, la centralità dei giovani, il radicamento territoriale e l’identità cristiana. Parafrasando la fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Christian Andersen, lo psicologo ha affermato che “oggi ‘l’oratorio è nudo’, i pilastri su cui reggeva non ci sono più”. Viviamo un cambiamento d’epoca ed è tempo di pensare a un modello di oratorio attuale. Il suggerimento di Mauri è il “campo base” cioè “qualcosa di flessibile, adattabile, aperto”.
Fondato nel 1945 dal venerabile Arnaldo Canepa, catechista romano per il quale Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione dei decreti riguardanti le virtù eroiche il 20 maggio 2023, il Centro oratori romani, attualmente presieduto da Stefano Pichierri, è un’associazione di laici che da quasi 80 anni promuove la pastorale giovanile nella diocesi di Roma. Nei decenni ha affrontato cambiamenti adattivi e anche creativi se si pensa, per esempio, al periodo della pandemia quando, con lo stop imposto alle attività, ha dovuto reinventare e riorganizzare la propria attività per garantire il supporto alle comunità. “Durante la pandemia, con tutte le attività ferme, abbiamo fatto un percorso di rilettura della pastorale oratoria – ha affermato Fabrizio Lo Bascio, coordinatore del Centro Studi pastorali del Cor -. Abbiamo fatto la sintesi del cammino percorso e avviato una fase di rilancio”. La sfida lanciata nell’immediato dopoguerra da Canepa, del quale in mattinata è stata distribuita la biografia pubblicata dall’editrice Velar, era quella di raggiungere i ragazzi delle periferie romane più svantaggiate. Oggi il Cor proietta nel presente questa eredità, annunciando Cristo non solo nelle periferie geografiche, ma anche in quelle esistenziali, come invita a fare Papa Francesco.“Per noi il tema centrale è la formazione degli animatori per questo abbiamo ripensato il Cor come attivatore di processi sul territorio”, le parole di Lo Bascio.L’obiettivo è anche quello di favorire la crescita e la rete degli oratori parrocchiali, specialmente nelle periferie. Il Centro con i suoi 70 operatori collabora già con una quarantina di oratori romani, molti dei quali concentrati nel settore Est della Capitale, e coinvolge centinaia di animatori e catechisti, collaborando attivamente con l’Ufficio di pastorale giovanile diocesano. Questi sono coinvolti in 7 progetti territoriali in rete tra loro. “Gli operatori sono quindi decentralizzati nelle varie comunità promuovendo una corresponsabilità diffusa – ha proseguito Lo Bascio -. L’obiettivo è lavorare insieme seguendo il principio di sussidiarietà. In tal senso stiamo affiancando le parrocchie per vivere al meglio il Giubileo e partecipiamo attivamente alla commissione dedicata al Giubileo degli adolescenti che si svolgerà dal 25 al 27 aprile”.