DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
La prima lettura che la liturgia, oggi, ci propone è tratta dal libro del profeta Isaia, precisamente dal quarto Canto del Servo, testo che, per intero, leggiamo durante l’azione liturgica del Venerdì Santo.
Si parla di un servo, di un giusto che «offrirà se stesso in sacrificio di riparazione» e, per questo, «vedrà una discendenza, vivrà a lungo».
Che cosa questo servo deve riparare con il suo sacrificio, con la sua morte? Facilmente questi versetti potrebbero essere interpretati così: il servo offre la sua vita, si sacrifica a Dio per placare l’ira di Dio o per soddisfare le sue esigenze di giustizia nei confronti degli uomini peccatori.
Ma ciò che, in realtà, sta avvenendo è che il servo sta assumendo su di sé la conseguenza del male per liberare gli uomini da quel male. Non c’è male dentro il servo, lui è innocente. Il male commesso dagli uomini gli si rovescia addosso, lo distrugge, lo sfigura ma non gli entra dentro, non trova nulla in lui su cui impiantarsi per poter crescere e riprodursi; nel servo si trova solo bene, ed è allora che il male si scarica, perde il suo veleno, si trova annientato: perché il servo non risponde con il male.
L’accostamento, nella liturgia di oggi, di questo testo di Isaia a quello del brano evangelico di Marco, ci dice che Gesù è il Servo del Signore, l’obbediente alla volontà del Signore, colui che ha donato se stesso agli uomini vivendo la sua esistenza facendosi loro servo.
Ed è qui, che i discepoli di Gesù dimostrano ancora di non comprendere.
Gesù, per la terza volta preannuncia la sua passione. Che strana cosa! Al primo annuncio Pietro si ribella all’idea e rimprovera Gesù; al secondo annuncio i discepoli si mettono a discorrere lungo la strada su chi sia il più grande fra loro; al terzo annuncio, come risposta, i due fratelli Giacomo e Giovanni fanno una questione di posti: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». È questo che chiedono. E gli altri dieci compagni immediatamente si ribellano, unanimi nella gelosia, probabilmente perché avrebbero voluto chiederlo loro.
Ed ecco che Gesù spalanca l’alternativa cristiana, la differenza cristiana. «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Gesù sposta l’orizzonte della domanda, quasi a dire: non è questa la strada, questa è una strada chiusa. Qualcuno, nell’ambito della vita sociale, dovrà pur ricoprire delle cariche, ma se lo spirito che muove è quello dell’io arrogante, dell’interesse personale, del dominio, si alzano i muri, non si genera il bene comune, si genera il bene di pochi.
La conclusione sta nelle parole di Gesù: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati», dove il calice equivale a bere sofferenza e battesimo a esserne immersi fino al martirio. Se non passate, dice Gesù, dentro i drammi della gente, se non condividete dal di dentro e non dall’alto, la sofferenza, se non siete coinvolti nel calice amaro, la vostra esistenza, la vostra parola non sono risposta né ai problemi, né alla vita, né alla morte.
La vita è stata data non per dominare sugli altri ma per essere donata; e donata non solo a chi è caro ma anche a coloro che la tolgono, nutrendo nei loro confronti un amore fino all’ultimo respiro, fino all’ultima parola.
Nel dono di sé fino alla croce, sta la realizzazione di sé, e Giacomo e Giovanni, come del resto tutti gli altri discepoli, dovranno ancora apprendere che cosa significhi stare alla destra e alla sinistra di Gesù.
«Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra». Significa leggere nel Crocifisso, l’amore del Padre che si è fatto malfattore con i malfattori per riscattarli attraverso il dono della sua stessa vita.