ASCOLI PICENO – “Vogliamo raccontare un pezzo d’Italia che nessuno vede, far emergere e rendere visibili quei milioni di lavoratori giovani che oggi, a causa del loro lavoro precario, sono socialmente dei fantasmi”. È quanto ha dichiarato il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri, dando il via alla carovana “No ai lavoratori fantasma”, che parte oggi da Ascoli, prima tappa di un percorso che darà vita, nei prossimi mesi, in molte piazze italiane, all’agorà della Uil su giovani e precari. “I dati dell’Inps – ha precisato Bombardieri – ci dimostrano che la maggior parte degli avviamenti al lavoro sono a tempo determinato e, poi, c’è tanto lavoro nero e situazioni di disagio. Tutte situazioni che riguardano ragazze e ragazzi a cui non si dà spazio né luce, che non possono accendere un mutuo per acquistare una casa né comprare una macchina e, talvolta, neanche un cellulare, perché sono sottopagati, spesso sfruttati e non hanno una busta paga a tempo indeterminato necessaria a ottenere credito.
A tal proposito, peraltro – ha sottolineato il leader della Uil – non si può pensare che i contratti di somministrazione siano una risposta alla richiesta di lavoro dei nostri giovani. Ecco perché – ha concluso Bombardieri – con questa nostra iniziativa, vogliamo ascoltarli e dare loro voce per poter rappresentare le loro istanze, chiedendo poi alla politica di fare scelte che tengano conto delle loro esigenze”. Bombardieri si è confrontato con la influcencer Flavia Carlini con la quale è nato un confronto generazionale sul fare sindacato e sulla partecipazione.
Nel corso della giornata i vari panel si sono occupati di edilizia, agricoltura alla presenza, tra gli altri di Stefano Costa, segretario nazionale Feneal, Enrica Mammucari, segretaria generale della Uila, il sindaco Marco Fioravanti e il commissario straordinario per la Ricostruzione, Guido Castelli. “Partiamo da un territorio importante che ha subito molto nel corso delle crisi che si sono succedute negli anni. Nel corso di questo evento ci siamo focalizzati sui lavoratori ‘fantasma’, sugli invisibili dei vari settori. Se vogliamo che un territorio risorga da un punto di vista economico e sociale occorre avere punti cardinali possibili. Ci proviamo da una piazza che è un modo per parlare insieme, per ragionare e per fare proposte” ha detto Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche.
Hanno preso parte ai lavori anche Don Giuseppe Capecci, direttore della Pastorale del lavoro e Giorgio Rocchi, direttore della Caritas diocesana di Ascoli Piceno.
Don Giuseppe Capecci dichiara: “Personalmente provengo dal mondo del lavoro. Mi sono diplomato come geometra nel 1974 e per 12 anni ho lavorato come tecnico, ricoprendo il ruolo di direttore di cantiere, disegnatore e tecnico. Successivamente ho svolto il ruolo di consigliere comunale a Offida. Dal 13 marzo 1989 fino al 2004, dopo aver vinto un concorso al Ministero, ho lavorato come custode, svolgendo diverse mansioni. In pratica, svolgevamo compiti simili a quelli di impiegati, occupandoci della logistica: dal posizionamento di campi di emergenza all’installazione di generatori per garantire l’energia elettrica, oltre all’organizzazione di prove per possibili emergenze, il tutto sotto la guida dei dirigenti ministeriali. Ho poi intrapreso il percorso vocazionale che mi ha condotto al seminario e infine sono stato ordinato sacerdote nel dicembre 2008.
Una volta diventato sacerdote, sono stato nominato direttore dell’ufficio pastorale del lavoro, in parte grazie alla mia esperienza e passione per il lavoro. Oggi assistiamo al drammatico fenomeno della spersonalizzazione del lavoro, dove le persone sono spesso trattate come strumenti piuttosto che come esseri umani. Si percepisce il lavoro solo come una necessità economica, ma manca quella dimensione di realizzazione personale e di costruzione del bene comune. Il lavoro deve tornare a essere una vocazione, un mezzo che consenta non solo la realizzazione personale ma anche la creazione del bene comune all’interno della comunità. È fondamentale parlare di principi etici e del rispetto della dignità umana. L’uomo, in quanto figlio di Dio, deve essere messo in una condizione di rispetto totale della vita, lontano da ogni forma di sfruttamento.”
Giorgio Rocchi ha presentato alcuni dati della Caritas diocesana, del Rapporto Immigrazione e dell’Osservatorio delle Povertà e Risorse di Caritas Italiana, utilizzandoli per parafrasare il titolo del panel da “Il caporalato c’è ma non si vede” in “Gli effetti del caporalato ci sono, ma non si vedono“.
Ha evidenziato, ad esempio, le condizioni di vita spesso degradanti e insalubri in cui vivono molti lavoratori, ambienti fatiscenti in cui dignità e umanità sono praticamente inesistenti, lontani da ciò che può essere considerato una vita dignitosa. In questo contesto, Rocchi ha ricordato l’assassinio di Hyso Telharaj, avvenuto 25 anni fa, a settembre, dopo che aveva denunciato i suoi caporali sfruttatori. Telharaj è stato raggiunto e massacrato in un casolare abbandonato e malsano, che, purtroppo, era la sua dimora. È stato colpito in quel luogo e le ferite riportate gli sono state fatali dopo qualche giorno.
Tra le conseguenze invisibili del caporalato vi è la povertà, che si autoalimenta: la povertà genera altra povertà, trascinando con sé povertà educativa, culturale, alimentare, energetica e intergenerazionale. Sono necessarie 4 o 5 generazioni per riscattarsi da queste condizioni: chi nasce in povertà rischia di restare intrappolato in un ciclo di povertà, fragilità e bisogno. Questo fenomeno è stato definito da uno studio della Caritas come il fenomeno dei “pavimenti appiccicosi”, per descrivere gli effetti della povertà ereditaria. In Italia, ci sono 5,7 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta.
Particolarmente impressionante per la platea è stato il dato citato da Rocchi, tratto dall’ISTAT: 1,3 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà assoluta.
Rocchi ha anche sottolineato il crescente numero di “working poor”, lavoratori poveri, indipendentemente dalla nazionalità. È stato evidenziato che oltre 1 immigrato su 4 (il 28%) è un lavoratore povero. Ha inoltre ricordato come la recente riforma del reddito di cittadinanza, che ha introdotto l’assegno di inclusione, abbia dimezzato la platea dei beneficiari, secondo i dati dell’Osservatorio INPS. Questo fenomeno si riflette anche a livello locale, dove i dati delle Caritas di Ascoli, San Benedetto, Ripatransone e Montalto evidenziano un aumento della marginalizzazione di molte persone.
Infine, Rocchi ha concluso sottolineando che la dignità non può essere imposta: serve una comunità civile capace di inclusione sociale, per restituire dignità e consentire a tutti di vivere in maniera dignitosa.
Oggi, martedì 22 ottobre, la seconda giornata dell’evento con Daniela Piras, segretaria generale della Uiltec (Unione Italiana Lavoratori del Tessile, Energia e Chimica), Mauro Sasso, responsabile nazionale della Uil Artigianato, mentre il mondo del pubblico, sicuramente non immune dal precariato si pensi ad esempio a scuola e sanità, terrà l’assemblea congiunta di delegati e RSU alla presenza di Rita Longobardi, Giuseppe D’Aprile, Sandro Colombi e Attilio Bombardieri, rispettivamente segretari generali nazionali di Uil Fpl, Uil Scuola, Uilpa e Uil Rua. A Emanuele Ronzoni, segretario organizzativo nazionale Uil le conclusioni della due giorni.