(Foto Ansa/Sir)

Il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge con l’intento di risolvere la disputa intorno ai centri per migranti in Albania.

Disputa sorta in seguito a un provvedimento dei giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento di profughi egiziani e bengalesi, in quanto provenienti da Paesi considerati non sicuri. Il nodo è la compatibilità delle norme italiane con il diritto europeo che in caso di contrasto è sovraordinato alle prime. Il termine di riferimento, in questa specifica situazione, è una sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso 4 ottobre. Il testo ufficiale del decreto al momento non è noto. Prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che segnerà l’immediata entrata in vigore delle nuove norme, il decreto dovrà essere firmato dal Presidente della Repubblica il cui vaglio preliminare ovviamente non si sostituisce al più penetrante giudizio che spetterà alla Corte costituzionale, qualora venga chiamata in causa secondo le procedure previste.
Oltre alle dichiarazioni rese in conferenza stampa dai ministri dopo la riunione del Consiglio, di scritto c’è il comunicato diffuso da Palazzo Chigi che riferisce dei contenuti del decreto-legge con cui si introducono “disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale”. “Il testo – si legge nel comunicato – analogamente a quanto previsto da altri Paesi europei, aggiorna con atto avente forza di legge l’elenco dei Paesi di origine sicuri. Tenuto conto dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti, sono considerati come Paesi di origine sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia”. Il Governo ha fatto sapere di aver espunto dalla lista Camerun, Colomba e Nigeria in quanto non considerati sicuri per il loro intero territorio.
Dunque la lista dei Paesi presso cui possono essere rimpatriati i profughi (nel caso in cui non avessero titolo per la protezione internazionale), ora è definita con legge e non soltanto con un decreto interministeriale come avveniva in precedenza. Questo costituisce indubbiamente un rafforzamento della norma, ma a quanto pare di capire non risolve il problema giuridico di fondo. Anche una legge, infatti, può essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo. Peraltro, la provenienza da Paesi considerati sicuri consente una procedura accelerata ma non sostituisce l’esame della singola posizione. La verifica dei requisiti per la protezione internazionale dev’essere comunque effettuata caso per caso.

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