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Randi (meteo professionisti): “Non si riesce a prevedere dove si formeranno i temporali più intensi”

Foto Arpae

Centosessanta millimetri di pioggia caduti in circa 12 ore e con un buon 70% in 6 ore: sono 160 litri di acqua per ogni metro quadrato di superficie. Numeri che aiutano a quantificare quella “slavina d’acqua”, così l’ha definita domenica Irene Priolo, presidente facente funzione della Regione Emilia Romagna, che ha colpito il 19 ottobre l’Emilia Romagna, causando i danni maggiori in Emilia, in particolare nella zona metropolitana di Bologna, con migliaia di evacuati e territori sommersi dall’acqua.

Benché l’Emilia Romagna fosse in allerta meteo rossa e arancione, nessuno aveva previsto la portata dell’evento meteorologico. Perché i modelli non hanno interpretato correttamente i dati? Siamo di fronte a eventi imprevedibili?

A rispondere alla nostra domanda è Pierluigi Randi, presidente di Ampro, associazione meteo professionisti: “La perturbazione del 19 ottobre ha la stessa dinamica delle perturbazioni che, ad esempio 20 anni fa, colpivano il nostro territorio, ma oggi, quella perturbazione fa piovere molto di più, diventando un evento di pioggia estrema”.
Randi spiega il perché. “Partiamo dalle condizioni di contorno: abbiamo un’atmosfera sempre più calda e umida, a causa dell’enorme quantità di calore immagazzinata durante l’estate, calore che il mare dissipa molto lentamente. Quando arrivano correnti da est o nord est, la situazione si complica perché il flusso d’aria impatta con la catena appenninica, che crea uno sbarramento, intrappolando l’aria che è costretta a salire molto rapidamente andando a sviluppare sistemi nuvolosi temporaleschi, semistazionari, che rilasciano una gran quantità di pioggia”.
Veniamo ora ai modelli. “Oggi abbiamo una modellistica numerica molto raffinata tanto da avere una risoluzione fino ad un chilometro e mezzo, inimmaginabile fino a qualche decennio fa – prosegue l’esperto -. Inoltre i modelli di oggi rappresentano molto bene l’orografia, il tipo di suolo, i profili costieri. Attraverso un’analisi variazionale assimilano tutti i dati disponibili e con complesse equazioni simulano il comportamento dell’atmosfera ed emettono una previsione con scadenza di due o tre giorni”.
Ma… “il problema qual è? Il modello simula la formazione dei temporali, che sono fenomeni violenti ma piccoli. Ed è qui che emerge il tallone d’Achille: il modello non riesce a prevedere l’esatta collocazione, cioè a capire con esattezza dove si formeranno i temporali più intensi. Quindi è in grado di prevedere un temporale ma ha un’incertezza su timing e esatta collocazione, perché il temporale è un fenomeno piccolo e il modello è miope. È come cercare di vedere un batterio a occhio nudo” sottolinea, spiegando che è a questo punto che deve subentrare l’esperienza del meteorologo, che deve interpretare i dati numerici che il modello elabora.
“I nostri modelli hanno compiuto enormi passi avanti – aggiunge il presidente di Ampro -. Trent’anni fa, un evento come quello di sabato, sarebbe stato interpretato con ‘piogge localmente intense in Emilia Romagna’. Oggi invece la domanda è cambiata e vengono fornite molte più informazioni: quanto, dove e quando. Quindi il margine d’errore è più ampio”.
L’esperto prende ad esempio l’evento del maggio 2023: “In quella occasione le previsioni furono davvero molto precise, ma non eravamo di fronte ad un temporale bensì a piogge battenti e persistenti. Quando le previsioni sono temporalesche, ad esempio nel caso di settembre 2024, i modelli sono meno precisi, perché la quantità di pioggia che cade a Ravenna può essere di 10 millimetri ma a poca distanza di 140 millimetri”.
In futuro sarà necessario fare degli ulteriori progressi, ragiona il metereologo, tenendo sempre presente che parliamo di previsioni del tempo e non di “certezze del tempo”: “La previsione super precisa non ci sarà mai. Oggi la ricerca si sta indirizzando proprio su questi aspetti: non si cercherà una previsione perfetta a 10 giorni di distanza, ma si punterà ad affinare sempre di più la precisione su scala locale e per le successive 48 ore”. Di qui la conclusione: “Di fronte a fenomeni di piogge estreme, sarà necessario migliorare la previsione sul medio e breve termine e sulla localizzazione dei fenomeni più intensi, così da poter fornire informazioni sempre più fondamentali”.