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Centri per migranti in Albania. Trucco (Asgi): “Le norme europee prevalgono su tutto”

(Foto ANSA/SIR)

Patrizia Caiffa

“La primazia del diritto dell’Unione europea rispetto al rispetto al diritto interno è l’asse portante di tutto l’ordinamento giuridico. Per cui se c’è un contrasto tra una norma di diritto europeo chiara, precisa e incondizionata e una norma di diritto interno, il giudice non può che applicare la norma Ue”. Lo ribadisce Lorenzo Trucco, avvocato e presidente dell’Associazione giuridica studi immigrazione (Asgi), a proposito dello scontro tra governo e magistratura sui migranti trattenuti nei centri in Albania e il monito della Corte di giustizia europea che ricorda: “Le nostre decisioni sono vincolanti per gli Stati membri”. Il 4 ottobre scorso la Corte Ue ha infatti emesso una sentenza che stabilisce che i cosiddetti “Paesi sicuri” di origine dei migranti non possono esserlo in maniera parziale, ossia se ci sono persecuzioni, trattamenti umani degradanti, violazioni dei diritti umani nei confronti di dissidenti politici, attivisti e altre categorie di persone. Il Tribunale di Roma aveva infatti vietato il trattenimento di 12 migranti in uno dei due centri in Albania destinati ai rimpatri. In risposta alle decisioni dei giudici il Viminale ha fatto ricorso in Cassazione e il governo italiano ha preparato un decreto legge sui Paesi sicuri (una lista di 19, escludendo Nigeria, Colombia e Camerun), all’esame del Quirinale. La bozza si compone di tre articoli: nel secondo si prevede la possibilità per il ministero dell’Interno di presentare entro 5 giorni reclamo alla Corte d’Appello. “La proposizione del reclamo non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento reclamato. La Corte d’appello, sentite le parti, decide con decreto immediatamente esecutivo, entro dieci giorni dalla presentazione del reclamo”.

La costruzione dei centri in Albania ha provocato gravi scontri istituzionali a livello nazionale ed europeo. Come valutate quello che sta accadendo?

La costruzione dei centri in Albania l’abbiamo sempre valutata in maniera molto, molto grave perché riteniamo siano una violazione dei diritti fondamentali.

Pensare ad una detenzione amministrativa esternalizzata in un Paese addirittura fuori dall’Unione europea è un approccio che appare sostanzialmente coloniale, con una serie di violazioni evidenti nella tutela delle persone. Come si fa a valutare all’arrivo se una persona è vulnerabile oppure no? A quel punto non sarebbe sottoposta alla procedura in Albania? E come? Difatti è quello che poi è successo nella pratica. Quello che si è verificato a seguito delle decisioni dei tribunali di Roma è da un lato sicuramente grave e dall’altro assurdo da un punto di vista giuridico.

Assurdo perché la primazia del diritto dell’Unione europea rispetto al rispetto al diritto interno è l’asse portante di tutto l’ordinamento giuridico.

Per cui se c’è un contrasto tra una norma di diritto europeo chiara, precisa e incondizionata e una norma di diritto interno, il giudice deve applicare la norma dell’Unione. In questo caso si trattava di stabilire che tipo di procedura fosse, se di frontiera oppure un tipo di procedura diversa. La procedura di frontiera è legata al Paese d’origine sicuro. La sentenza della Corte di giustizia è stata estremamente chiara: ha parlato del fatto che per essere un Paese d’origine sicuro la sicurezza è data dal fatto che in tutto il Paese non si ricorre mai a persecuzioni, trattamenti umani degradanti in maniera generale e uniforme, quindi anche rispetto alle categorie di persone.

Spieghiamo meglio la decisione del Tribunale di Roma di impedire il trattenimento dei 12 migranti bangladesi ed egiziani in Albania.

I tribunali hanno esaminato i Paesi di origine, in questo caso l’Egitto e il Bangladesh, e hanno valutato sulla base delle stesse schede del Ministero. Vengono definiti sicuri ma con eccezioni: per l’Egitto ad esempio le eccezioni riguardano categorie di persone come oppositori politici, dissidenti, eccetera; nel Bangladesh riguardano tutta la comunità LGBTQ, oppure le vittime di violenza di genere, di mutilazioni genitali femminili, le minoranze etniche, sfollati climatici, eccetera. A questo punto hanno preso l’unica decisione possibile e doverosa, agendo in maniera estremamente corretta.

Quali possono essere gli effetti del decreto legge?

Il decreto legge è un tentativo di sigillare l’elenco dei Paesi considerati sicuri, quindi non è più un decreto ministeriale ma un atto che ha forza di legge. Ma questo non sposta i termini del problema proprio per quel principio di supremazia del diritto dell’Unione europea sul diritto nazionale e si riferisce al diritto italiano nel suo complesso, che sia una legge ordinaria o un regolamento governativo. Quindi da questo punto di vista non cambia nulla. Questi sono i principi basilari dell’applicazione del diritto europeo e del rapporto tra le legislazioni interne degli Stati membri e l’ordinamento europeo.

I giudici hanno agito in maniera corretta e nell’unico modo possibile. A mio avviso l’attacco nei loro confronti è ingiustificato e pesante.

Norberto Bobbio, il più grande filosofo del diritto, diceva che la vera invenzione del ‘900 è l’aver elaborato il sistema dei diritti umani, cioè le varie Convenzioni, anche la nostra Costituzione. Ma ora questo sistema sta subendo un attacco molto forte.

C’è quell’immagine dell’orologio dei diritti umani con le lancette che vanno avanti o indietro: in questo caso mi sembra che ci sia il rischio di fracassarlo.

L’Europa può fare qualcosa per impedire l’applicazione del decreto legge?

La Corte di giustizia europea ha già emesso una sentenza, che non nasce improvvisamente, perché si basa sui principi stabiliti per affermare che un Paese d’origine sia sicuro oppure no. Perché come si fa a dire che un Paese è sicuro se nei confronti di grosse categorie di persone non avviene la tutela dei diritti fondamentali? Cosa succederà da un punto di vista pratico non so, certo che

se si persegue questa linea di accanimento securitario nei confronti delle persone è grave.

Perché non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di persone che fuggono da situazioni tremende, da guerre, fame, devastazioni ambientali. I diritti esistono proprio per la tutela dei soggetti deboli e vulnerabili. L’asse portante è dato dalla nostra Costituzione, dalle Convenzioni, dalla Convenzione dei diritti dell’uomo e dalle altre Convenzioni europee che sono un punto di orgoglio.

Di fatto uno Stato può andare avanti senza rispettare le decisioni della Corte di giustizia europea?

No. Tutto avviene tramite un meccanismo di una procedura, c’è il vaglio per vedere se questa viene ritenuta errata. In questo caso le persone hanno già avuto una decisione negativa per cui ci saranno i ricorsi e si vedrà, perché poi alla fine si arriva all’esame caso per caso. Questo fa parte della dinamica democratica di uno Stato.

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