DIOCESI – Si è svolto Domenica 20 Ottobre, alle ore 15:30, presso la chiesa Madre Teresa di Calcutta in Castorano, il primo incontro del vescovo Gianpiero Palmieri con le religiose riunite delle due Diocesi del Piceno.
Presenti, tra le altre, anche Suor Maria Alfonsa Fusco e Suor Antonia Casotto, delegate USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) rispettivamente per la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto e per la Diocesi di Ascoli Piceno.
Presente altresì don Mauro Servidei, parroco della comunità di Colli del Tronto, che, in occasione della Giornata Missionaria 2024, è stato chiamato dal vescovo a fare una testimonianza sulla sua esperienza di missione in Mato Grosso.

Proprio questa speciale ricorrenza è stata al centro delle riflessioni del vescovo Palmieri, il quale ha iniziato il suo intervento commentando il messaggio che papa Francesco ha scritto per la 98° Giornata Missionaria dal titolo “Andate e invitate al banchetto tutti (Mt 22, 9)”. Tre gli aspetti sottolineati.

“Andate e invitate!”
«Il primo passaggio riguarda l’azione da compiere che è riassunta in due verbi: “Andate e invitate!”. La missione non è altro che un instancabile movimento. La missione è il cuore della Chiesa, ma noi spesso facciamo fatica a capire questo. La Chiesa – quindi le parrocchie, le diocesi, la varie realtà – non esiste per se stessa, ma per la missione. È un’esistenza funzionale. Noi esistiamo per annunciare il Vangelo e per collaborare alla realizzazione del Regno di Dio con le parole e con le opere. In tal senso tutte le riforme sono funzionali a questo obiettivo e anche il cammino sinodale è pensato per assolvere al meglio alla Chiesa la sua missione. Il compito di ogni cristiano, quindi, è quello di andare ed invitare, sempre ed instancabilmente, sebbene all’inizio si senta un po’ di fatica e sembri difficilissimo».

“Al banchetto!”
«Il secondo punto riguarda l’oggetto della missione, che è quello di invitare al “banchetto” escatologico, cioè al banchetto di Dio a cui un giorno, da risorti, tutti parteciperemo. L’altare di ogni chiesa ce lo ricorda. Esso, infatti, è composto da due parti: da un lato rimanda al sacrificio ed in genere è la parte di pietra, di marmo, che ricorda il sacrificio di Gesù; dall’altro richiama al banchetto del Paradiso, a cui un giorno parteciperanno tutti i popoli, ed in genere è rappresentato con dei fiori. Quando viviamo la missione, dobbiamo allora ricordarci che davanti a noi c’è uno che, come noi, è invitato al banchetto escatoligico e quindi un giorno sarà accanto a noi».

“Tutti!”
«Il terzo aspetto concerne i destinatari della missione: “tutti”. Nel testo evangelico, il versetto 9 esorta ad andare ai crocicchi delle strade e ad invitare alle nozze tutti quelli che capitano. Tutti, nessuno escluso! Questa parte a volte è difficile da mettere in pratica. Capita, infatti, che dividiamo le persone in due gruppi: da una parte quelli che conosciamo meglio, con cui ci troviamo bene ed andiamo d’accordo; dall’altra parte quelli che ci piacciono di meno, che conosciamo poco, con cui magari non siamo così tanto in sintonia. Il papa, nel suo messaggio, invece, ci ricorda che siamo chiamati ad invitare tutti, senza dividere alcuni da altri».

Dopo aver analizzato il messaggio di papa Francesco per la Giornata Missionaria 2024, il vescovo Gianpiero ha fatto una catechesi su un altro brano evangelico, ma questa volta tratto da Luca (Lc 9, 1-17), che racconta come Gesù invia i suoi ad annunciare il Regno di Dio.
Tre gli aspetti evidenziati da mons. Palmieri.

Come andiamo in missione?
Alla missione si va disarmati, poveri e nudi.
Gesù non invia i suoi discepoli con manifestazioni di potenza, ma come poveri, a due a due. C’è un contrasto molto forte tra il messaggio soprannaturale che essi portano ed il look con cui i discepoli si presentano.
Anche noi, allora, siamo chiamati a vivere la missione andando disarmati e nudi, non presentando le nostre capacità, le nostre ricchezze, il nostro potere, magari difendendo “il club dei cristiani” quando ci sentiamo attaccati. Questa nudità radicale è molto bella! Dobbiamo ricordarci sempre che noi andiamo ad evangelizzare, ma anche a farci accogliere.
La domanda che possiamo farci per meditare è: “Sono abbastanza povero?”.

Ci apriranno la porta?
C’è bisogno di un’accoglienza reciproca.
Tra tutti coloro a cui i discepoli bussano, qualcuno apre la porta e qualcuno no. Ma, quando la porta si apre, Gesù invoca la pace e la pace scende su di loro. E poi annuncia il Regno di Dio, che però è già in azione. È infatti in questa umanità che si accoglie reciprocamente, che già il Regno di Dio si realizza.
Anche noi, allora, siamo chiamati a farci vicini ai genitori dei bambini a cui insegniamo, ai poveri che aiutiamo, ai malati che andiamo a visitare negli ospedali, ricordandoci che, quando andiamo in missione, li stiamo facendo accomodare nella casa del Signore.
La domanda che possiamo farci per meditare è: “Sono abbastanza umile da riuscire ad accogliere e a farmi accogliere?”.

A chi dobbiamo rivolgerci?
Siamo chiamati a dare a tutti il buon pane.
Nel Vangelo viene detto che c’erano cinquemila uomini e che li invitarono a sedersi “tutti quanti” e che “tutti” mangiarono e si saziarono. Gesù nutre la folla con il buon cibo: il pane, simbolo della Parola, e i pesci, se stesso. Ne testo originale si precisa che Gesù invita i discepoli a sfamare la folla con loro stessi, ovvero con la loro accoglienza, la loro ospitalità.
Ecco, allora, che anche noi siamo chiamati ad accogliere tutti e a preoccuparci che tutti abbiano il buon pane per mangiare. Anche quando ci sembra che una persona abbia fatto delle scelte, magari definitive, noi dobbiamo pensare che ormai tutto sia compiuto e non ci sia più nulla da fare, bensì dobbiamo annunciare la Parola sempre ed instancabilmente a tutti.
La domanda che possiamo farci per meditare è: “Sono abbastanza umile da rivolgere l’annuncio a tutti?”.

Dopo una mezz’ora di tempo dedicata alla riflessione, durante la quale le religiose si sono divise in piccoli gruppi per conoscersi meglio e meditare, l’incontro è proseguito con la preziosa testimonianza di don Mauro Servidei, che ha raccontato la sua esperienza di missione in Mato Grosso: «Faccio un po’ fatica a spiegare la realtà che ho incontrato, sia perché le vicende si intrecciano con la mia decisione di diventare prete, sia per l’intensità di quello che ho vissuto». Il sacerdote ha quindi raccontato i viaggi fatti da giovane, prima della sua vocazione, e quelli successivi, fatti da prete, tutti accomunati da una sensazione bellissima: «Ero andato lì per dare una mano, per dare qualcosa agli altri. Ed invece tornavo io a casa con un sentimento di pienezza mai sperimentato prima».

Dopo un momento di preghiera comune, l’incontro si è concluso con l’invito del vescovo Gianpiero a conoscersi meglio: a tal proposito ha annunciato che è suo desiderio dare il via ad una serie incontri itineranti e che sarà ben felice di accogliere l’invito di chi vorrà ospitare i prossimi appuntamenti.

 

 

 

 

 

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