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Halloween, insegniamo ai nostri bambini a sognare il Paradiso!

DIOCESI – Già a settembre, tra le offerte di fine estate nei supermercati, compaiono decorazioni come zucche arancioni, piccoli scheletri e dolci a forma di ragnatele e ragni. Si tratta di Halloween, una festa che ha preso piede anche in Europa e che, specialmente per i più giovani, sembra una scusa per esorcizzare la paura della morte attraverso il gioco e la risata. Per chi non ha fede, la morte appare spesso come un enigma senza risposta. In questo contesto, la comicità diventa un modo per affrontare quella che sembra l’ultima tappa della vita.

L’influenza del consumismo, in particolare quella proveniente dagli Stati Uniti, ha reso Halloween una festa commerciale anche da noi, spingendo alla vendita di costumi, dolciumi e all’organizzazione di feste a tema. E, come spesso accade, i più vulnerabili sono i bambini e gli adolescenti, che vengono attratti in questo vortice di business, senza comprenderne fino in fondo le radici culturali o le implicazioni spirituali.

Ma in tutto questo, che cosa ha a che fare Halloween con la nostra cultura cristiana? Niente. Si tratta di una tradizione celtica, legata alla festa di Samhain, in cui si celebrava la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno, simbolo della morte. Ma noi cristiani abbiamo una visione completamente diversa della morte. Per noi, non è la fine, bensì un passaggio verso la vita eterna. Gesù Cristo, con la sua morte e risurrezione, ci ha indicato la Via, la Verità e la Vita. La morte non è da celebrare come un evento macabro, ma da vivere con speranza e fiducia, sapendo che la nostra anima è destinata a vivere per sempre con Dio.

Piuttosto che far passare Halloween come una semplice “carnevalata”, dovremmo chiederci quale messaggio stiamo trasmettendo ai nostri figli. Esistono già feste molto più ricche di significato nel calendario cristiano: Ognissanti, il 1° novembre, celebra la vita e la testimonianza dei santi, uomini e donne che hanno seguito Cristo fino alla fine e ora vivono in eterno con Lui. La festa dei Defunti, il 2 novembre, è un momento di preghiera e di ricordo per coloro che sono morti, nella speranza che un giorno anche loro entreranno nella luce eterna della risurrezione.

Invece di alimentare pratiche che esaltano la paura e la morte, dovremmo insegnare ai nostri figli a guardare oltre: non alla tomba, ma al Paradiso. Parliamo loro della speranza cristiana, del destino eterno dell’anima e del fatto che la morte, sebbene dolorosa, non ha l’ultima parola. Nel Vangelo, Gesù ci ha promesso che chi crede in Lui, anche se muore, vivrà. È su questa certezza che dobbiamo fondare la nostra visione della vita e della morte.

Dobbiamo smettere di considerare ogni cosa “innocua” solo perché è popolare o commerciale. Anche dietro una festa come Halloween, ci sono significati più profondi e non tutti sono compatibili con la nostra fede. Non è questione di essere “bacchettoni”, ma di essere genitori responsabili, che educano i propri figli a scegliere il bene e a vivere con consapevolezza. Come ci ricorda il Vangelo, «non potete servire Dio e il denaro» (Matteo 6,24): non possiamo permettere che il consumismo e la superficialità ci allontanino dai valori veri.

Le nostre famiglie devono tornare a dialogare, a parlare di ciò che conta davvero. È troppo facile dire sempre “sì” a tutto: a volte è necessario dire “no” per proteggere ciò che è più sacro. Celebriamo quindi la festa di Ognissanti, un’occasione per ricordare che siamo chiamati alla santità, e quella dei Defunti, pregando per i nostri cari che attendono la risurrezione.

Così facendo, insegniamo ai nostri bambini a sognare il Paradiso, non la tomba.

Susanna Faviani: Giornalista pubblicista dal '98 , ha scritto sul Corriere Adriatico per 10 anni, su l'Osservatore Romano , organo di stampa della Santa Sede per 5 anni e dal 2008 ad oggi scrive su L'Avvenire, quotidiano della CEI. E' Docente di Arte nella scuola secondaria di primo grado di Grottammare.