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La storia migratoria di La Marca Maria Catena (Tina) e della sua famiglia Da Grottammare al Belgio, andata e ritorno

GROTTAMMARE – La storia migratoria di Tina è il risultato di una scelta d’amore consapevole per la città di Grottammare, un luogo che per lei rappresenta un universo di tranquillità, splendore naturalistico e amicizie. Da 17 anni, con piena consapevolezza, Tina ha deciso di fare di Grottammare la sua casa.

L’arrivo di Tina a Grottammare, tuttavia, non è casuale. Si tratta infatti di un ciclo migratorio “di ritorno”, iniziato dal nonno materno grottammarese agli inizi degli anni ’50. Il giovane Angelo Prete, spinto dalla necessità di lavoro, emigra in Belgio, dove trova impiego nelle miniere di Fontaine L’Eveque.

In Belgio, oltre al lavoro nelle miniere, Angelo trova una vasta comunità di italiani giunti per le stesse motivazioni. Affitta una camera in una locanda-cantina destinata ai migranti italiani. È proprio lì che incontra una giovane donna originaria delle vicinanze di Verona, con la quale si sposa e costruisce una famiglia.

La vita in quel Paese è dura. Lavorare nelle profondità della terra è un’attività pesante e pericolosa, dove le condizioni precarie e il rischio per la vita sono una costante. C’è sempre il timore di incidenti, anche perché Fontaine L’Eveque si trova a soli venti chilometri da Marcinelle, dove nella miniera di carbone Bois Du Cazier, l’8 agosto del 1956, una fuga di gas tossici provoca la morte di 262 persone, tra cui 136 italiani (http://www.assemblea.emr.it/emilianoromagnolinelmondo).

Angelo e sua moglie si impegnano molto, ma per una famiglia di cinque figli la vita da immigrati è ardua. Il salario scompare tra affitto e necessità quotidiane, lasciando poco o nulla per il tempo libero. L’unica nota positiva è la vicinanza della comunità italiana. Tra connazionali ci si aiuta, ci si comprende, ci si consiglia, e con il tempo si riesce a migliorare. I figli crescono, la famiglia si ambienta, e la seconda generazione di immigrati italiani si stabilisce in Belgio con maggiore sicurezza e migliori strumenti. Anche i figli di Angelo si sposano, formando nuove famiglie. Tra loro, Graziella, madre di Tina, trova marito: Rosario, un siciliano di Caltanissetta giunto giovanissimo in Belgio per lavorare. Graziella e Rosario hanno a loro volta tre figli, tra cui Tina, terza generazione di italiani in Belgio.

Tina nasce nel 1976, frequenta le scuole belghe e si inserisce pienamente nel tessuto socio-culturale del Paese, pur crescendo con un forte senso di appartenenza all’Italia. Visita il Paese d’origine durante le vacanze estive e in occasione di festività religiose, ma si limita alla Sicilia. Angelo, forse segnato dall’esperienza di migrante, non ha mai parlato di Grottammare in modo entusiasta, descrivendola come una località rurale senza grandi opportunità: “Sì, c’è il mare, ma non ti dà da mangiare,” diceva.

La svolta arriva nel 1997, quando Tina si sposa con un giovane belga di origine italiana. Al matrimonio invita zii e zie di Grottammare, e con questa occasione inizia a conoscere il ramo materno della famiglia, visitando Grottammare per la prima volta. Con il marito, Tina arriva a Grottammare e si sente progressivamente attratta dalla possibilità di restare. Dopo un periodo di prova, nel 2007 decide di stabilirsi definitivamente. All’arrivo, la coppia ha un bambino di cinque anni, Marco, che inizia subito a frequentare la scuola materna e si adatta rapidamente. Tina ricorda con affetto il supporto e l’accoglienza ricevuti, tanto necessari poiché il bambino soffriva la distanza da nonni e zii rimasti in Belgio.

Oggi, Tina parla di Grottammare con affetto, definendola “la mia Grottammare.” Si sente completamente integrata e lavora come dama di compagnia, appagata dalla sua scelta di vita. Suo figlio, ormai ventiduenne, potrebbe trasferirsi all’estero ma ha scelto di restare a Grottammare, dove ha trovato un buon impiego nelle vicinanze.

La storia di Tina offre molti spunti di riflessione sul fenomeno migratorio italiano, con una duplice visione di Grottammare: la visione negativa del nonno, costretto a partire, e quella profondamente positiva della nipote, che vi ritorna per scelta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, molti italiani, privi di una qualifica professionale, accettavano qualsiasi lavoro pur di migliorare la propria condizione economica.

Ma il vero dramma migratorio si avverte nel vissuto di Angelo, che lascia Grottammare con dolore. Quanto deve aver sofferto quel giovane, costretto a lasciare un paese di mare, caldo e luminoso, per trasferirsi nelle miniere buie del Belgio!

Eppure, si potrebbe dire che la vita abbia ripagato Angelo, seppur indirettamente, attraverso Tina, che ha trovato a Grottammare opportunità che a lui erano precluse e che ha concluso un percorso migratorio durato tre generazioni.

Ana Fron: