“E’ difficile commentare e dire qualcosa anche perché non sappiamo niente. Certamente, questi fatti dimostrano che ci sono forze che credono che con la violenza si possono risolvere i problemi della coesistenza e della vita sociale, quotidiana e politica”.

Raggiunto al telefono ieri mattina dal Sir, così mons. Martin Kmetec, arcivescovo di Smirne e presidente della Conferenza episcopale turca, commenta l’attacco terroristico nella sede della Tai ad Ankara. “La violenza invece – aggiunge il vescovo – genera solo una valanga che comincia da una parte, provoca effetti e agisce su tante altre situazioni. Noi come Chiesa indichiamo che l’unica via da intraprendere è essere prudenti, rimanere in preghiera per la pace e desiderare la pace per tutti. Questo è l’unico messaggio che oggi abbiamo da dire. E’ il messaggio “pace e bene” di San Francesco di Assisi. Certamente la preoccupazione esiste anche per la situazione attuale in Turchia di grande difficoltà e crisi economica. Sono situazioni che possono suscitare reazioni e degenerare in violenza organizzata. Ma la violenza non porta mai soluzioni. Per questo ci vogliono tutti gli sforzi, a tutti i livelli, per fermare la violenza. Non si può costruire il mondo sulla base della violenza. Viviamo in un mondo che è interconnesso, interdipendente. Un mondo che ha bisogno di sforzi comuni per salvarsi. Pensiamo a livello ecologico. La terra è stanca. Pensiamo al Mediterraneo e ai problemi che chiedono una riflessione e un’azione comune. Le sfide sono tante e chiedono di lavorare fin da adesso sull’educazione dei piccoli, perché a partire dalla scuola si educhino le generazioni future alla convivenza, alla solidarietà, alla pace”. Sono cinque i morti e 22 i feriti nell’attacco terroristico di mercoledì nella sede delle Industrie aerospaziali turche (Tai) della compagnia statale Tusas, nel distretto di Kahramankazan, a 50 chilometri dalla capitale Ankara. Al momento l’azione non è stata rivendicata da alcun gruppo, ma il governo turco ha accusato il Pkk e ha sferrato diversi colpi contro obiettivi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan in Siria e Iraq.

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