SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Parlare di se stessi e del proprio lavoro non è mai semplice”. Con queste parole, Paolo Annibali ha aperto la sua lectio magistralis “La sofferta bellezza” davanti a un pubblico attento e coinvolto, riunito presso l’Auditorium Tebaldini. L’evento, organizzato dal Circolo dei sambenedettesi, ha attratto una vasta platea, composta da cittadini, personalità politiche e religiose, oltre a colleghi e studenti del noto professore, che ha dedicato quarant’anni all’insegnamento della Storia dell’arte.

Annibali, scultore sambenedettese, ha condiviso il percorso che lo ha portato a diventare un artista riconosciuto, sottolineando il suo doppio ruolo di docente e creatore: “Oltre che scultore, sono stato anche un insegnante perché come mestiere dava qualche garanzia economica in più, soprattutto all’inizio della mia carriera”. Ha raccontato come la sua passione per l’arte sia nata da giovanissimo, incoraggiato da una madre che gli comprava album da disegno. “Trascorrevo ore a disegnare su quei fogli”. Un amore per il disegno che, all’epoca, non trovava la giusta considerazione nel sistema scolastico, spingendolo a cercare la propria strada attraverso studi più formali al Liceo artistico di Porto San Giorgio e all’Università di Belle Arti di Macerata.

L’artista ha parlato della sua visione dell’arte, descrivendo il lavoro dello scultore come un processo che inizia con il disegno. “Quando rappresento un volto, mi concentro molto sul disegno degli occhi”, ha affermato, evidenziando come ogni opera sia una riflessione intima di sé stesso. Annibali ha dedicato gran parte della sua carriera alla realizzazione di opere monumentali, come la Porta della Misericordia per la chiesa di San Filippo Neri e la Porta Santa per la Cattedrale di Santa Maria della Marina.

Un momento particolarmente toccante della sua lectio è stato quando ha condiviso l’esperienza di creare la Porta bronzea del santuario di San Gabriele, raccontando l’importanza di trovare una libertà emotiva, anche in un contesto di rigore e aspettative. “Devi rispettare l’ambientazione”, ha detto, richiamando l’attenzione sull’interazione tra l’opera e il suo spazio.

Tra le sue opere laiche, Annibali ha illustrato quella  installata sulla banchina portuale ‘Malfizia’, dinanzi al mercato ittico “Il mare, il ritorno” che ha realizzato dopo aver vinto il concorso bandito dal Circolo dei Sambenedettesi con il sostegno del Comune per creare un luogo di raccoglimento e di ricordo in onore di tutti coloro che hanno perso la vita in mare. L’artista ha concepito l’opera come simbolo del desiderio di ritorno intenso anche come ritorno all’ordinario, un tema che permea anche “I sognatori”, l’opera costituita oltre che da un grande albero, da circa 30 figure, installata in piazza Matteotti, dove affronta la ciclicità della vita. Annibali ha anche rivelato il profondo impatto che una malattia, che lo ha colpito a 23 anni, ha avuto sulla sua arte e sulla sua esistenza: “In qualche modo ti senti perso. Ma la malattia ti permette anche di conoscere nel profondo chi sei e questo è di grande aiuto, soprattutto nell’arte”.

Il pubblico ha ascoltato con commozione mentre l’artista parlava del suo lavoro “Nonostante le mie mani”, un riflesso della sua lotta e della sua resilienza. Annibali ha concluso la sua lezione con un profondo ringraziamento alla sua famiglia, esprimendo l’importanza del loro sostegno in ogni fase della sua carriera. Con oltre cento mostre alle spalle, tra personali e collettive, Paolo Annibali ha dimostrato che l’arte è un linguaggio universale, capace di esprimere emozioni profonde e storie personali.

La sua lectio ha lasciato un segno indelebile nel cuore dei presenti, richiamando l’attenzione non solo sulle sue opere, ma anche sull’uomo che si cela dietro di esse.

 

 

 

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