SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Siamo chiamati a costruire la Chiesa di Dio. Insieme. E non la Chiesa a modo mio!».
Si è aperta con queste parole di Lorenzo Zardi, vicepresidente nazionale del Settore Giovani dell’AC, l’assemblea annuale dei soci dell’Azione Cattolica Italiana della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto.
L’appuntamento, dal titolo “Prendiamo in largo – Nuove rotte per l’AC“, si è svolto Domenica 27 Ottobre dalle ore 8:45 alle ore 12:45, presso il Centro Biancazzurro, in San Benedetto del Tronto, e ha registrato la presenza, oltre che dell’illustre ospite, anche di mons. Gianpiero Palmieri, vescovo della Diocesi Truentina e amico dell’AC che si è affacciato per un saluto, e di Lorenzo Felici e don Lanfranco Iachetti, rispettivamente presidente ed assistente spirituale dell’Azione Cattolica Diocesana.
Essere “reti di complici”
La mattinata si è aperta con la Messa presieduta da don Lanfranco Iachetti, il quale, durante l’omelia, ha invitato ad essere “reti di complici” di una pesca buona, ad andare in profondità come i sommozzatori, ad avere costanza, vastità e audacia nella navigazione, senza aspettare sempre le condizioni ideali per farlo.
Far spuntare l’erba verde nel deserto
I lavori assembleari sono entrati nel vivo con l’intervento del vicepresidente Lorenzo Zardi, il quale, intervistato da Lucia Pelliccioni, ha iniziato la sua riflessione parlando della sfida che attende l’Azione Cattolica nel prossimo triennio:
«Quando abbiamo scelto l’icona biblica (Mt 14,13-21) per gli orientamenti triennali, il presidente nazionale ci ha aiutato a trovare la chiave di lettura giusta per comprendere il versetto usato come slogan: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mt 14,16). Questa frase non significa che nel nostro servizio siamo chiamati a fare i camerieri o a fare dei miracoli, bensì indica che siamo sollecitati a riconoscere che abbiamo fame e sete. In questo triennio, quindi, non siamo chiamati ad interrogarci su cosa fare o su quali adulti, giovani e ragazzi servire, bensì siamo provocati a riconoscere e condividere la nostra fame e la nostra sete di incontrare il Signore nella nostra vita.
Certamente è vero che la nostra associazione, nonostante le forze ridotte, è ancora chiamata a dare da mangiare e da bere a tanti, tuttavia non dobbiamo avere timore di dover sfamare così tante persone, perché ai discepoli basta condividere la fame, per far spuntare l’erba verde nel deserto (Mt 14,20). Così sarà anche per noi».
Gli orientamenti per il triennio 2024/2027
Zardi ha poi illustrato il documento contenente gli orientamenti per il triennio 2024/2027, approfondendo i quattro ambiti proposti al suo interno: “Persone e comunità”, “Comunione e responsabilità”, “Formazione e cultura”, “Spiritualità e sinodalità”.
Persone e comunità
In questo ambito si è ricordato che la ricchezza più grande dell’Azione Cattolica sono le persone e, sollecitato su quali proposte concrete possano condurre l’associazione ad essere davvero per “todos, todos, todos” (n.d.r. “tutti, tutti, tutti”), come ribadito da papa Francesco, il vicepresidente Zardi ha affermato: «Quella del papa è davvero una provocazione. Credo che per essere un’AC che pensa a ciascuno e a ciascuna e, così facendo, si prende cura di una comunità, noi siamo chiamati come Chiesa a proporre sempre di più dei cammini personali. Non individuali. C’è molta differenza tra persona ed individuo. Cammini personali, allora, significa che siamo chiamati a fare uno forzo di creatività per prenderci cura della vocazione di ciascuno, uscendo dalla logica del cammino standard e dicendoci con sincerità che non c’è un solo modo giusto per incontrare il Signore, per vivere la fede.
Cosa significa prenderci cura della vocazione di qualcuno? La cura ha a che fare con la curiosità: i due termini hanno, infatti, hanno la stessa origine etimologica. Non a caso l’incurioso, cioè colui che non è curioso, è anche colui che non si prende cura. Noi, allora, come associazione, per prenderci cura delle comunità, abbiamo bisogno di essere un po’ più curiosi della vita delle persone, di quelle che incontriamo in associazione e di quelle che passano nelle nostre realtà parrocchiali. Curiosi di una curiosità vera e non funzionalistica, che invece allontana le persone. Curiosi della loro vita, di quello che stanno provando, di quello che sperano, di quello che amano. In questo modo ci prendiamo cura e costruiamo un’AC che si prende cura delle persone e delle comunità».
Comunione e responsabilità
Zardi ha poi proseguito il suo intervento indicando in che modo l’associazione possa contribuire a far crescere nelle comunità ecclesiali il senso di partecipazione e corresponsabilità: «Solo l’Azione Cattolica ha questa esperienza straordinaria in cui giovani e adulti sono corresponsabili. Vivere bene l’unitarietà e la corresponsabilità nella diversità di prospettiva e di profondità, ci permette di avere uno sguardo prospettico, poliedrico, ed è già un modo per allargare la partecipazione, perché non fa sentire escluso nessuno, non fa sentire fuori posto nessuno. Del resto abbiamo scelto come santo protettore del triennio Piergiorgio Frassati, che ci ricorda la nostra capacità di saper abilitare tutti a partecipare.
È questa la nostra sfida aperta: invitare tutti a partecipare. E questo è il criterio per capire se il nostro servizio sarà stato veramente fecondo: saremo stati bravi se, oltre ad essere generosi, saremo stati generativi. Nel servizio, infatti, non basta essere generosi, perché in un attimo la generosità rischia di diventare protagonismo personale. Il passo è breve. Siamo chiamati invece ad essere generativi, che significa che dobbiamo essere capaci di far dare il massimo a ciascuno di quelli con cui dividiamo il servizio, chiamati a trovare un modo, affinché ciascuno si senta abilitato a partecipare al massimo, quindi a parlare, ad intervenire, a pensare, perché cercato, custodito, perché quello che ha da dire è importante, per come lo dice e per quello che può dare».
Formazione e cultura
Nel terzo ambito Zardi è stato invitato a parlare della responsabilità sociale di ciascuno e di come stimolare un esercizio partecipativo, superando i limiti del disinteresse e della sfiducia. Queste le sue parole: «Formarsi, studiare è un atto di responsabilità sociale che ci assumiamo come associazione: non è per noi stessi, ma per essere preparati, per stare nelle cose del mondo. Per questo abbiamo legato formazione e cultura: per ribadire che nei nostri cammini associativi non basterà soltanto riunirci intorno ad un tavolo, bensì dovremo dedicarci a momenti di studio.
Abbiamo bisogno di imparare a fare una comunicazione non al ribasso, rivolgendoci a tutti, non pensando solo a chi c’è già, ma anche a chi potrebbe esserci ed è un peccato che non ci sia ancora. Il gruppo associativo non può mai essere sinonimo di chiusura. Nell’associazione non ci possono essere barriere di accesso.
Abbiamo inoltre bisogno di imparare a comunicare attraverso un linguaggio che non sia comprensibile solo a noi, ma che sia interessante ed accattivante».
Spiritualità e sinodalità
La dimensione spirituale è e rimane il cuore pulsante della proposta formativa dell’Azione Cattolica. Ha detto Zardi: «Noi non siamo un gruppo di animazione sociale, bensì un gruppo che si incontra per percorrere insieme un cammino di fede. Siamo chiamati quindi ad indicare vie nuove in cui ci troviamo insieme a pregare.
Abbiamo già detto che le forme con cui ci accostiamo oggi al Signore sono differenti e vanno conosciute, contemplate e tenute in conto tutte e che siamo chiamati a lavorare molto sui linguaggi della fede. Aggiungiamo ora che, nella nostra esperienza di servizio in parrocchia, siamo chiamati a passare dalla logica dei servizi – che a volte sono a buon mercato – alla palestra del servizio. Deve essere chiaro che la nostra é una proposta di fede, una proposta in cui laici e preti provano insieme a fare un cammino. Ecco dunque che spiritualità e sinodalità vanno insieme, perché tutti ci riuniamo insieme per trovare un cammino di fede a partire dalla nostra ricerca comune di Dio».
Alcune questioni emergenti
Al termine della relazione del vicepresidente Zardi, c’è stato spazio anche per un momento di dibattito con i soci presenti, i quali in particolar modo hanno affrontato alcuni argomenti presenti all’interno del documento assembleare, nella sezione “Alcune questioni emergenti“. Tra tutte largo spazio ha occupato il tema della pace che – si è detto – «dovrebbe essere un tema centrale ed abitare il dibattito senza avere paura di essere strumentalizzati». A tale sollecitazione Zardi ha risposto, confermando il fatto che a volte abbiamo paura di dire le cose che dividono, invece dovremmo fare uno sforzo per contribuire a dipanare le questioni urgenti che spesso infiammano il dibattito pubblico, favorendo l’ascolto, il confronto e il discernimento. Ricordando le parole di Matteo Truffelli, già presidente nazionale di AC, ha detto che la prospettiva con cui guardare lo scenario sociale e civile è quello di chi si colloca “sotto le parti”. Non “al di sopra”, come chi giudica la realtà senza immischiarsi. Ma “sotto”, adottando come criterio regolatore del nostro impegno dentro la società quello della difesa e della promozione dei più fragili e degli ultimi. «Fare politica “sotto le parti” – ha concluso – è una caratteristica che ci rende profetici».
Essere “noi” nel cammino cristiano che ci attende
Terminata la relazione del vicepresidente nazionale del Settore Giovani dell’AC, tutti i presenti si sono divisi in quattro gruppi per riflettere su quanto relazionato da Zardi e prospettare nuove rotte concrete che possano mettere in pratica gli orientamenti per il prossimo triennio.
Queste le parole riportate sui canali ufficiali dell’Azione Cattolica diocesana: «Grazie AC, perché ci fai sentire l’importanza di essere “noi” nel cammino cristiano, ognuno prezioso nella sua unicità e corresponsabile con i fratelli nelle nuove rotte da tracciare e nelle sfide da accettare».
Foto a cura dell’Azione Cattolica Diocesana
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