X

Utero in affitto, diventare genitori non è un diritto, ma un dono

Giovanni M. Capetta

In questi giorni, con più intensità, siamo stati sollecitati a riflettere sul delicato tema della maternità surrogata, su cui il Senato della Repubblica è stato chiamato ad esprimersi per dichiarare tale pratica un reato universale. Su questioni etiche di tale portata, come spesso capita, lo scontro ideologico rischia che le parti si arrocchino ciascuno sulla sua posizione, senza lasciare spazio ad una riflessione che sia il più possibile pacata. Non è questa la sede per entrare nel dettaglio dell’iter giuridico ancora in corso (anche oltre i confini italiani), possiamo, piuttosto, lasciarci ispirare dalla Parola di Dio che da sempre illumina e guida i credenti, ma sa e può essere strumento di discernimento anche per chi, pur non condividendo la dimensione di fede, interpella con onestà la sua coscienza.

È significativo che la vicenda esistenziale di Abramo, padre delle tre grandi religioni monoteiste, contempli proprio, in un certo senso, un caso di maternità surrogata, narrata a partire dal capitolo 16 del libro della Genesi. Qui, infatti, apprendiamo come Sarài, moglie di Abramo già molto avanti negli anni e convinta di essere ormai sterile, pur di garantire una discendenza al marito, lo induce ad unirsi ad Agar, la schiava egiziana. Da questa nasce il figlio Ismaele, il progenitore della grande famiglia araba. Per quanto sia stata Sarài stessa a proporre questa “scorciatoia” ad Abramo, in lei sorge un irrefrenabile sentimento di gelosia nei confronti della donna che ha procreato al posto suo e ottiene dal marito di poter allontanare lei e suo figlio. Incredibile come con pochi accenni, un testo così antico possa indicare al lettore quali e quante siano le conseguenze psicologiche e poi concrete di un atto che ha evidentemente forzato la natura delle cose. Sola e disperata nel deserto con il piccolo Ismaele, Agar viene soccorsa miracolosamente da Dio che garantisce una grande discendenza anche a questo figlio, a riprova che, in un’ottica creazionista, ogni neonato ha in sé stesso una dignità intangibile, senza che mai alcuna discriminazione possa sussistere. Come sappiamo dal prosieguo del racconto biblico, nonostante gli errori umani, il Signore è ancora fedele e Abramo e Sara (non più Sarài, convertita e con un nome nuovo, dopo la sua incredulità) concepiscono e danno alla luce Isacco, il figlio della promessa, da cui la grande discendenza ebraica.

Se l’attualità ci spinge a ritenere che la maternità surrogata riduce la donna a merce e il bambino a oggetto di compravendita, nella sua millenaria saggezza la stessa storia biblica ci interpella nel profondo perché ci indica un principio fondamentale a cui possiamo ispirarci, ossia che la vita è sempre e comunque un dono e in quanto tale mantiene una irriducibile indisponibilità. Nella concretezza, però, non possiamo nasconderci che quando una coppia scopre di non poter concepire naturalmente un figlio si trova di fronte ad un vero e proprio scandalo, nel senso etimologico, un sasso di inciampo. Anche coppie cristiane sono tentate di ribellarsi a questa croce imprevista e apparentemente contronatura. È come se con loro anche noi ci domandassimo: “come può il Signore della vita, chiederci questa prova?”. Su questo punto il no della dottrina magisteriale può apparire un muro invalicabile che si subisce senza riuscire ad accoglierlo. A chi vive questa prova decisamente ardua viene richiesto un cammino per maturare la consapevolezza che diventare genitori non è un diritto, ma un dono, anzi una Grazia, parola che richiama ancora di più la gratuità immeritata. Questa consapevolezza permette di accogliere anche il limite della sterilità e riconoscere una fecondità diversa che si può esprimere sia attraverso la via dell’adozione e dell’affido, sia attraverso le mille forme di apertura alla vita come servizio. Tantissime sono le testimonianze in tal senso e probabilmente sarebbe bene metterle maggiormente in evidenza raccontando i loro percorsi affinché diano luce e speranza a chi su questo crinale è tentato di non averne. Vi sono molti genitori spirituali che, nella Chiesa e nel mondo, hanno dato vita ad altrettanti figli, dimostrando con le loro stesse esistenze che nessuna offerta d’amore, neanche il più piccolo gesto di generosità va perduto nell’economia di un Dio la cui fantasia fedele non abbandona mai il cammino dell’uomo.

Redazione: