Foto di Suor Angela Fusco
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è vissuto Domenica 27 Ottobre 2024, a partire dalle ore 15:30, presso il Centro Biancazzurro in San Benedetto del Tronto, un evento storico che rimarrà negli annali del Centro Famiglia: il primo incontro di tutti i volontari e i professionisti che prestano la loro opera nella ODV diocesana con il nuovo vescovo della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, mons. Giampiero Palmieri.
Presenti, tra gli altri, il presidente del Centro Famiglia ODV, Nicola Farinelli, uno dei suoi fondatori, il dott. Carlo Di Biagio, la segretaria storica del Centro, Nicolina Mascaretti, la presidente regionale dei Consultori di ispirazione cristiana, l’avv. Cristina Parolisi, l’assistente ecclesiastico dell’Ufficio diocesano di Pastorale Familiare, don Alfredo Rosati, la delegata dell’Usmi diocesano non ché consulente del primo ascolto, suor Angela Fusco, oltre ad alcune persone che negli anni si sono rivolte al Centro e che hanno condiviso la loro preziosa testimonianza.
Cinque i momenti vissuti nel ricco ed intenso pomeriggio.
Chiamati a far riscoprire il Signore anche nella sventura
L’incontro è iniziato con un momento di preghiera. Attraverso il Salmo 138 (137), il Centro famiglia ha voluto ringraziare il Signore per la sua continua vicinanza: «Dio è con noi in ogni momento e la Sua presenza ci risana, a patto che noi Gli diamo il via libera». Dopo la preghiera di ringraziamento e l’invocazione dello Spirito Santo, ha preso la parola il presidente Farinelli, il quale ha detto: «Come abbiamo ascoltato nel Salmo, noi siamo chiamati a far riscoprire, a tutte le persone che incontriamo, il Signore. Anche nella sventura, anche nelle difficoltà, anche nella dolore o nella tristezza».
Chiamati ad ascoltare il grido delle persone ferite dalla vita
L’incontro è entrato nel vivo con una illuminante catechesi del vescovo Gianpiero Palmieri sul brano evangelico del giorno, tratto dal Vangelo di Marco e riguardante il cieco di Gerico (Mc 10, 46-52). Attraverso una riflessione approfondita, mons. Palmieri ha sottolineato come quel brano, apparentemente lontano dal concetto di famiglia, sia invece profondamente connesso al servizio che quotidianamente il Centro Famiglia svolge: Bartimèo, infatti, ci ricorda che ognuno ha una storia passata e che quindi, se vogliamo accogliere qualcuno, siamo chiamati ad ascoltare con attenzione il suo vissuto, le sue ferite.
Il vescovo ha sottolineato come il cieco di Gerico non abbia neanche un nome, bensì venga identificato come il figlio di Timèo (Bartimèo, infatti, significa figlio di Timèo), quindi è prigioniero della sua storia passata, la sua vita è ancora dentro un già detto, non esprime ancora una novità.
Analizzando poi lo spazio in cui avviene la vicenda e anche l’atteggiamento del cieco, mons. Palmieri ha evidenziato l’isolamento sociale, a cui Bartimèo è costretto, e la condizione esistenziale in cui si trova, che indica uno stallo: il verbo utilizzato “sedeva“, è all’imperfetto, quindi indica un’azione continuativa, un’azione ripetuta nel tempo, uno stato di vita acquisito. Ecco allora che il cieco di Gerico è prigioniero anche della sua fragilità: la cecità, infatti, è una condizione permanente di tenebre ed è l’espressione dei limiti propri legati alla sua condizione umana.
A questo isolamento sociale si aggiunge anche l’isolamento religioso: nell’antichità, infatti, la cecità – così come altre malattie – veniva vista come una punizione di Dio, pertanto Bartimèo non può trovare consolazione o speranza neanche nella religione. Gesù combatterà fortemente questa visione del tempo, secondo la quale i malati avessero ricevuto una maledizione.
Bartimèo è quindi prigioniero delle sue mancanze, dei suoi limiti, delle sue fragilità, tanto che di professione fa il mendicante. Il vescovo Gianpiero ha spiegato l’etimologia di questo termine: dal latino menda – dicere, ovvero dire le cose che mancano, raccontare il vuoto della propria vita. È importante per chiunque essere riconosciuti, avere una professione, una posizione; invece la condizione di Bartimèo rischia di farlo diventare un mendicante di professione, uno che non fa altro che dire le sue mancanze e, così, di non trovare la stima e l’affetto del mondo.
Intrappolato in questa ragnatela di ferite, il cieco di Gerico, sentendo che c’è Gesù, inizia a gridare e a chiamarlo “Figlio di Davide!“, riconoscendolo come il Re Messia. «Quante persone, ferite dalla vita, che gridano il loro dolore, si incontrano al Centro Famiglia? – ha chiesto mons. Palmieri – Tantissime! Allora, quando entriamo in contatto con le persone ferite, dobbiamo tenere conto di tutto: delle loro ferite fisiche, sociali, religiose e interiori. È bella la domanda che Gesù rivolge a Bartimèo: “Che vuoi che io ti faccia?“. Sembra una domanda quasi banale, perché, essendo cieco, è evidente che voglia la guarigione dalla cecità. Invece è una domanda molto profonda, è come se Gesù gli chiedesse: “Vuoi davvero guarire? Perché, se guarirai, cambieranno tante cose nella tua vita. Sei pronto?” A quel punto Bartimèo balza in piedi. Qualche esegeta dice che il mantello che getta via è quello in cui di solito si tengono le monete raccolte con l’elemosina. Questo gettare via il mantello, vuol dire che ormai nulla è più importante di aver riacquistato la vista, neanche il denaro raccolto con tanta fatica. È veramente bella la reazione del cieco che salta in piedi, che è felice, perché per lui essere guarito dalla cecità significa poter guarire da tutte le altre sbarre che lo imprigionano. Anche noi siamo chiamati a fare questo nella nostra vita e nella vita di chi si avvicina al Centro Famiglia: far guarire le persone dalla tristezza, da quell’infragilimento che caratterizza il mondo adulto, ad esempio da quella fatica a fare i genitori che oggi è molto diffusa, da ogni fragilità che attanaglia il cuore e la vita delle persone, così da farle balzare in piedi e farle rimettere in cammino da ogni punto di vista.
Chiamati a dare testimonianza dell’amore di Dio e dei fratelli
A seguire si è aperta la terza parte dell’incontro, condotta dalla giornalista Carletta Di Blasio, durante la quale il Centro Famiglia ha presentato al vescovo Palmieri il suo cuore pulsante, ovvero le persone, sia quelle che sono venute a contatto con questa realtà presente sul territorio da 46 anni, sia i professionisti e i volontari che offrono gratuitamente la loro consulenza e che cercano di farsi prossimi ad ogni nuovo arrivato.
Numerose le testimonianze: dal racconto del dott. Carlo Di Biagio e della responsabile della segreteria Nicolina Mascaretti, che hanno ricordato le origini e i molteplici servizi offerti dal centro, a quello dei coniugi Paola Postiglione e Davide Pellegrini, che hanno riferito la loro esperienza di affido ed adozione; dal racconto di due coniugi che hanno condiviso la loro esperienza di crisi matrimoniale e anche gli strumenti attraverso i quali sono riusciti a superarla, a quello di due genitori che hanno accompagnato la loro figlia adolescente ed incinta ad una scelta responsabile a favore della vita.
Commoventi anche le testimonianze di una donna madre, che ha avuto il coraggio di accogliere la vita in un momento inaspettato, quando era già avanti con gli anni, e di una giovanissima famiglia di origine nigeriana che è stata aiutata a risolvere una situazione economica e familiare difficile.
Durante l’incontro sono state presentate anche le numerose figure professionali che agiscono all’interno del Centro Famiglia, molte delle quali erano presenti ed hanno portato il loro saluto al vescovo, raccontando brevemente anche la loro esperienza ed il loro servizio: il dott. Raimondo Belleggia, psicologo e psicoterapeuta; l’avv. Simona Lacolla, matrimonialista; il dott. Francesco Liberati, psicologo e psicoterapeuta; la dott.ssa Mariella Marchegiani, sociologa; l’avv. Alessandra Mecozzi, consulente legale; la dott.ssa Gabriela Osorio, psicologa; la dott.ssa Stefania Ricci, sociologa e consulente familiare; la counselor Antonella Valentini; la dott.ssa Anna Maria Vezzoni, nutrizionista. Presentati anche i professionisti che purtroppo non hanno potuto partecipare all’incontro, ma che contribuiscono a rendere completi i servizi del Centro famiglia: la dott.ssa Simona Ambrosi, mediatrice familiare; la mediatrice culturale Sonia Bali; la counselor Gabriella Viviano.
Presentati infine anche i professionisti che si dedicano soprattutto allo sportello di ascolto di Comunanza rivolto all’intera comunità e agli sportelli presenti nelle scuole di Force, Comunanza e Montefalcone Appennino: il dott. Amedeo Angelozzi, pedagogista, il dott. Lorenzo Lanciotti, psicologo, la counselor Gabriella Viviano, e il dott. Matteo Schiazza, psicologo, che tra le varie attività formative e – in certi casi – terapeutiche, si occupa anche di quella teatrale. Durante l’incontro è intervenuto anche Domenico Annibali, già sindaco di Comunanza, che ha sottolineato l’importanza di fare rete tra le istituzioni e ha lanciato un appello a non lasciare sole le comunità montane. Intervenuta, attraverso un video messaggio, anche la preside della Scuola Secondaria di Primo Grado di Comunanza, la prof.ssa Alessia Cicconi.
Al termine della presentazione, sono state salutate e ringraziate tutte le associazioni che collaborano in sinergia con il Centro Famiglia: la fondazione “Caritas“, con cui il Centro è in strettissima collaborazione per ogni problema o necessità; l’associazione “Kairos“, che aiuta a risolvere situazioni di povertà e di disagio, rappresentata dalla sua presidente Simonetta Sgariglia; l’associazione “Coccinella“, che si occupa soprattutto di povertà riguardante i minori; l’associazione “Il Germoglio“, con la quale il Centro si occupiamo di solidarietà sociale, delle nuove povertà e del reinserimento dei detenuti; l’associazione “Ora et labora“, rappresentata da Ilenia illuminati, che si occupa del recupero di persone senza fissa dimora e sostiene anche le famiglie con difficoltà abitative; la fondazione antiusura “Mons. Traini”, che sostiene le persone colpite da usura o da situazioni di sovraindebitamento, rappresentata dal suo presidente, dott. Edio Costantini; il CSV (Centro Servizi Volontariato), rappresentato dalla dott.ssa Emanuela Acquaviva, che promuove, valorizza e dà sostegno concreto alle organizzazioni di volontariato; l’UMEE dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto, ovvero l’Unità Multidisciplinare dell’Età Evolutiva, rappresentata dalla sua responsabile, la dott.ssa Tiziana Capriotti, che è anche neuropsichiatra infantile; il Consultorio Diocesano di Ascoli Piceno, vicino di casa del Centro Famiglia sambenedettese; i coniugi Patrizia e Piero Censori, responsabili dell’Ufficio di Pastorale Familiare.
Le conclusioni sono state affidate al vescovo Gianpiero Palmieri, il quale ha ringraziato per la bella presentazione e ha sottolineato l’importanza della collaborazione con l’Ufficio di Pastorale Familiare.
Chiamati a collaborare con Dio nella sua opera di guarire le ferite del mondo
L’inteso pomeriggio è proseguito con la Messa presieduta dal vescovo Gianpiero Palmieri nella cappella del Biancazzurro, animata liturgicamente dal coro parrocchiale di Sant’Antonio di Padova e concelebrata dal diacono Luciano Caporossi, oltre che da tutto il popolo di Dio riunito.
Queste le parole del vescovo, che hanno infiammato i cuori dei presenti, dando loro coraggio e spronandoli a proseguire il loro servizio: «Il Signore è all’opera nel mondo per guarire. Lo vuole fare per mezzo nostro. E lo fa in una maniera reale. Ad esempio con questo nostro incontrarci, con questo nostro accompagnarci, con questo nostro raccontarci, che ha un grande valore terapeutico. Ecco allora che la persona viene guarita, guarita nella profondità, guarita nella realtà della propria dignità umana. È impagabile stare al servizio di questo progetto, vi siete accorti? Facendo volontariato, vi siete accorti che è impagabile lavorare per l’opera di Dio nell’umanità? Ogni tanto ci affatichiamo, ci lamentiamo: tutte reazioni molto umane. Poi, ad un certo punto, ci fermiamo e ci diciamo: “Ma è un onore impagabile essere qui a collaborare con Dio per la sua opera, aiutarlo a renderla manifesta!” Continuiamo, allora, a fare! Non i miracoli: quelli li fa il Signore! Noi continuiamo ad aiutare il cuore umano a riscoprire la sua dignità di figlio di Dio».
Al termine della Celebrazione, dopo il ricordo di tutti i defunti che sono stati volontari del Centro Famiglia, il presidente Farinelli ha consegnato al vescovo Palmieri un piccolo dono da parte di tutti i collaboratori del Centro Famiglia.
Chiamati a riscoprirsi fratelli e a condividere la vita
La serata si è conclusa con un momento di convivialità, al quale ha partecipato anche il vescovo Palmieri. Tutti insieme: professionisti, volontari, sacerdoti, persone che si sono rivolte al Centro ed hanno usufruito dei suoi servizi. Come ha ricordato il presidente Farinelli, infatti, la qualità del servizio non può mai prescindere dall’umanità delle persone, che sono chiamate a riscoprire la loro dimensione di figli di Dio e, quindi, di fratelli dell’altro: «Come intonato nel canto “Vivere la vita“, siamo tutti chiamati a “vivere la vita, perché ritorni al mondo l’unità, perché Dio sta nei fratelli tuoi; scoprirai allora il cielo dentro di te, una scia di luce lascerai “».