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Missionari in Perù, tra foreste spettacolari e narcotraffico

Di Ilaria De Bonis

Pucallpa, sulle rive del fiume Ucayali in Perù, “è una città nata dal commercio, qui girano molti soldi dovuti al narcotraffico e a un mondo dell’illecito, compresa la tratta di esseri umani”. Accompagnare questo popolo vuol dire stare “dentro i loro problemi, e noi come fidei donum siamo con gli ultimi della terra e abbiamo la gioia di condividere con loro ogni cosa. Lavoriamo dove ci sono difficoltà e anche bellezza”. A raccontarlo, in uno degli otto video di Luci del Mondo-Missio per l’Ottobre missionario è don Luca Zantafidei donum di Milano, in missione nel Perù immenso e pieno di contraddizioni. Tra foreste di conifere e mangrovie, fiumi spettacolari e città molto povere. “L’Amazzonia, come si dice qui ‘innamora’ – dice don Luca – e non è solo una questione di ecologia: il Papa ci chiede una conversione integrale. Noi cerchiamo di fare rete perché questi temi ci spingono a lavorare insieme”.

La Chiesa “non fa proselitismo ma testimonia il vangelo con la vita”, suggerisce anche padre Massimo Mattarrucchi, di Operazione Mato Grosso, anche lui a Pucallpa, con i salesiani. Nel Paese guidato da Dina Boluarte quasi dieci milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà. “Bisogna rinunciare ad alcuni privilegi e riuscire ad essere giusti per tutti”, dicono i nostri missionari.

La storia ha inizio con don Luigi Bolla, missionario salesiano nel secolo scorso, ribattezzato Yankuam dagli indigeni Achuar, ossia “Stella del crepuscolo”. Luigi nasce a Schio, in provincia di Vicenza nel 1932. A sette anni frequenta l’oratorio salesiano della sua città ed i racconti dei missionari che passano da quelle parti aprono in lui una vocazione. Il sogno è quello di vivere per sempre in qualche remota foresta della terra. E così farà. Nel 1953, come salesiano, parte da Genova destinazione Ecuador: ci rimarrà per 30 anni. Successivamente approderà in Perù dove resterà per altri 30 anni fino alla morte nel 2013. Il suo integrarsi nelle comunità indigene è sempre più totale e senza filtri. Nel 1971 chiede ai superiori il permesso di staccarsi dalla comunità e di vivere secondo la modalità indigena. Così farà, assimilandosi in tutto e per tutto al popolo Achuar che amerà moltissimo. Inizia a vivere nelle loro case, a usare i loro vestiti e ad alimentarsi come loro. “Non ho comprato mai più del cibo, loro mi nutrivano e mi hanno dato il nome di Yánkuam”. Padre Bolla muore a Lima nel 2013 e gli indigeni preleveranno il suo corpo per portarlo nella foresta e seppellirlo secondo le loro usanze.