DIOCESI – «Quando c’è un cambiamento d’epoca come quello che stiamo vivendo oppure quando c’è una questione importante che interroga la comunità ecclesiale o anche quando c’è una difficoltà, un problema, la Chiesa prende sempre le decisioni secondo un metodo sinodale. Questo orientamento non ce lo siamo inventati noi negli ultimi tempi, bensì ci viene raccontato negli Atti degli Apostoli in più di un’occasione».
È con queste parole che il vescovo Gianpiero Palmieri ha introdotto le sue riflessioni sulla sfida che ci attende per il futuro, che possiamo definire un ritorno al passato, alla Chiesa delle origini, a quella raccontata negli Atti degli Apostoli. Almeno per quanto concerne il metodo decisionale delle scelte da intraprendere, che è quello sinodale, del discernimento comunitario.
È questo quanto emerso dagli incontri vicariali che si sono svolti nelle nove Vicarie delle due Diocesi del Piceno e che si sono tenuti dal 14 al 30 Ottobre 2024.
Gli appuntamenti, destinati principalmente ai presbiteri, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi e ai componenti dei Consigli Pastorali Parrocchiali, si sono rivelati un’importante occasione di riflessione e condivisione sulla vita pastorale delle due Diocesi.
Al centro degli incontri, oltre alle iniziative per il Giubileo del 2025, soprattutto le due assemblee parrocchiali che si terranno in ogni comunità, una in Avvento e una in Quaresima, secondo il metodo della conversazione nello Spirito.
Nella sua riflessione mons. Palmieri ha accennato ai vari momenti in cui a Chiesa delle origini ha risolto questioni cruciali seguendo il metodo sinodale: dalla prima assemblea sinodale della Chiesa, che non sa come adempiere alla missione affidatagli da Gesù di portare il Vangelo dappertutto (Atti 2), al momento in cui, nonostante la minaccia delle persecuzioni da parte del sinedrio, la Chiesa si riunisce e manifesta la sua volontà di non tacere, di continuare ad annunciare il Vangelo, anche a costo della vita (Atti 4); dal problema delle vedove ebree di lingua greca che si sentono trascurate (Atti 6) all’annosa questione di come i pagani possano diventare cristiani, se prima o dopo essere divenuti membri del popolo ebraico (Atti 10).
«Tutti questi episodi ci fanno comprendere come fare discernimento comunitario sia un’arte antica – ha detto il vescovo Gianpiero – e consiste nel cercare di intuire quello che il Signore vuole da noi, attraverso un metodo che viene più volte raccontato negli Atti e che ha dei passaggi ben precisi».
Mons. Palmieri ha allora ricordato le caratteristiche principali del discernimento comunitario.
Nessuno escluso!
Tutti insieme per attivare il sensus fidei
Il presupposto di ogni assemblea sinodale è quello di riunirsi tutti insieme. «Nella decisione sinodale non si prendono gli esperti, affidando loro la risoluzione del problema – ha precisato il vescovo Gianpiero –; al contrario, il metodo sinodale è consapevole che il Signore possa far sentire la sua volontà anche attraverso quelle persone che non hanno competenze teologiche particolari o che non hanno una intensa esperienza di vita parrocchiale. Noi non sappiamo attraverso chi il Signore ci parlerà, quindi anche chi apparentemente è ai margini della Chiesa, può essere il tramite di cui il Signore si serve per parlarci e farci comprendere la sua volontà. Nelle nostre parrocchie, invece, questo purtroppo non sempre avviene. Anzi, a volte accade che, quando arriva un neofita e si permette di dare un buon consiglio, noi gli diciamo: “Ma tu che vuoi? Sei appena arrivato!”. Invece il Signore ci chiama ad un metodo sinodale in cui tutti possono dire la loro riflessione, quello che pensano sia la risposta giusta, tenendo conto che agisce in noi e in tutte le persone il senso della fede, cioè una sorta di percezione che papa Francesco chiama “un gusto delle cose di Dio“.
Mons. Palmieri ha poi sottolineato come lo stile sinodale della Chiesa sia anche il frutto più maturo del cammino del Concilio Vaticano II: «Nel documento “Lumen Gentium” (n.d.r. la seconda delle quattro costituzioni conciliari) viene scritto che tutti i battezzati hanno il senso della fede, per cui il popolo di Dio, messo insieme, non si sbaglia nel credere. Il popolo di Dio, al cui servizio stanno tutti i ministeri, anche quello del papa. Dopo il Concilio è dunque chiara la collegialità episcopale, cioè è chiaro che non sia solo il papa a decidere, bensì i vescovi si riuniscono con il papa ed insieme prendono le decisioni. Ma c’è anche tutto il resto del popolo di Dio che deve esprimere con convinzione quello che pensa delle convinzioni spirituali. Tutti abbiamo il senso delle fede. Nell’insieme, non ci sbagliamo nella fede. Questa parte del Concilio non aveva trovato alcuna applicazione finora. Certamente abbiamo i Consigli Pastorali nelle Parrocchie, ma, prima del cammino sinodale, spesso capitava di trovare parrocchie appesantite, perché non si faceva più il discernimento spirituale. Non ci riunivamo per pregare, bensì partecipavamo all’arrembaggio, partendo dalle nostre idee ed imponendole agli altri. Questa non è la Chiesa degli Atti. Ecco perché papa Francesco ha voluto diffondere questa forma della Chiesa, che purtroppo ancora non aveva trovato spazio nel dopo Concilio.
Ecco allora che il presupposto fondamentale per vivere un momento sinodale è che tutti si riuniscano per attivare il senso della fede».
Le tre fasi del metodo sinodale
Una volta riunita tutta l’assemblea, tre sono i passaggi da vivere per un discernimento comunitario buono e fruttuoso.
L’ascolto della Parola
«Il primo passaggio – ha affermato il vescovo Gianpiero – è l’ascolto della Parola, perché essa ci ripropone nuovamente la volontà di Dio, la logica di Gesù, la sua mentalità , il modello della Chiesa degli Atti. In tutte le situazioni complesse o in cui è chiamata a prendere una decisione importante, la Chiesa fa sempre così: si riunisce tutta, fa memoria del Signore e invoca lo Spirito Santo».
L’ascolto reciproco
Il secondo passaggio è l’ascolto reciproco. «Un ascolto vero – ha detto mons. Palmieri –: un ascolto prima di tutto tra di noi, tutti noi, adulti, anziani, giovani. Personalmente ritengo che soprattutto i ragazzi si facciano portavoce dei cambiamenti che il Signore vuole da noi. Ma non solo. Questa fase prevede inoltre anche un ascolto delle persone lontane dalla Chiesa, perché anche attraverso di loro il Signore potrebbe farci arrivare la sua volontà».
Il rischio della fede
Il terzo ed ultimo passaggio consiste nel fare nostro il rischio della fede. Ha spiegato il vescovo Gianpiero: «Dopo aver ascoltato la Parola ed esserci ascoltati tutti reciprocamente, è necessario cercare un consenso tra di noi su quello che il Signore suggerisce. Attenzione, però! Non è un consenso tra idee diverse. È il consenso che una certa idea venga dal Signore. È in questo modo che possiamo passare dal sensus fidei al consensus fedelium, cioè ad avere un consenso tra di noi su quello che il Signore ci ispira».
Un cuore convertito!
Il segreto per giungere al consensus fidelium
Affinché il metodo funzioni, è necessario avvicinarsi al cammino sinodale con una certa disposizione del cuore. Ha affermato mons. Palmieri: «Affinché si realizzi tutto ciò, dobbiamo vivere tutti i passaggi con un cuore convertito, ovvero con la profonda convinzione che nessuno abbia la soluzione in tasca: per quanto la mia idea sia buona ed io sia convinto che sia quella giusta, mi avvicino all’assemblea con l’atteggiamento di chi dice: “Io non so se quello che io penso sia quello che vuole il Signore“. È questo il segreto per un discernimento comunitario efficace.
Sotto questo aspetto lo strumento della conversazione nello Spirito ci aiuta tantissimo. Dopo aver fatto memoria delle parole di Gesù, aver invocato lo Spirito Santo ed aver capito bene il problema su cui si sta discutendo, l’assemblea può iniziare i tre giri di ascolto che ci vengono suggeriti dal capitolo 15 degli Atti degli Apostoli. Nel primo giro tutti dicono la propria idea, quindi anche io dico quello che penso. Nel secondo giro dico quello che mi ha colpito del discorso degli altri, quindi questo giro serve per capire come quello detto dagli altri mi faccia riflettere, per capire come cambi la mia idea rispetto a quella iniziale di quando sono venuto all’assemblea sinodale. Nel terzo giro cerchiamo insieme il consenso: è questo il momento del rischio della fede, il momento in cui ci chiediamo cosa vuole Dio da noi, è il momento del discernimento. La conversazione nello Spirito, quindi, saggiamente, ci costringe a conversioni, ci chiama ad evidenziare ciò che ci piace degli interventi altrui e non a ribadire il nostro pensiero. Devo partire dall’idea che forse io non sono depositario dalla volontà di Dio, ma che ci arriviamo insieme a scoprirla.
Nella Chiesa, dunque, le decisioni si prendono quando, nella fede e facendo discernimento, arriviamo insieme all’intima convinzione che il Signore voglia da noi proprio quello. In questo modo di procedere anche i vescovi e i presbiteri giocano come uno tra i pari e, solo in un secondo momento, su quello su cui si è esercitato un certo consenso di fede, mettono la loro ratifica».
I lavori nei singoli incontri vicariali
A seconda delle esigenze di ogni specifica Diocesi, gli incontri hanno registrato sfumature diverse.
Nelle Vicarie della Diocesi di Ascoli Piceno, ad esempio, si è parlato in particolare di come organizzare alcuni gruppi di ascolto del Vangelo. Durante l’assemblea diocesana che si è tenuta lo scorso 28 Settembre 2024, è stato infatti proposto di incentivare la familiarità dei fedeli con la Scrittura, favorendo la nascita di gruppi spontanei in parrocchia, in casa o nei luoghi di lavoro, con lo scopo della condivisione della Parola. Gli incontri vicariali sono stati allora l’occasione per divulgare questa proposta ed invitare a lanciarla nelle singole parrocchie.
Nelle Vicarie della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, invece, i partecipanti agli incontri vicariali hanno sperimentato già durante la serata il metodo della conversazione nello Spirito, dividendosi in tavoli sinodali di dieci/dodici persone e facendo esperienza di quello che poi verrà riproposto nelle singole assemblee parrocchiali.
Le iniziative del Giubileo 2025
In tutte le nove Vicarie sono state proposte le due iniziative pensate per vivere al meglio il Giubileo 2025.
I luoghi del Perdono
Il vescovo Gianpiero ha ricordato che la bolla di induzione del Giubileo “Spes non confundit” di Papa Francesco fissa le concrete modalità per vivere il perdono giubilare, non solo attraverso il pellegrinaggio a Roma, che per le due Diocesi del Piceno avverrà il 6 Settembre 2025 in modo comunitario, ma anche nei luoghi fissati dalla Chiesa locale.
Per questo motivo ogni Vicaria individuerà un luogo del perdono in cui ogni fedele è chiamato a vivere tre momenti:
– l’abbraccio di Dio (quindi una liturgia penitenziale comunitaria e il Sacramento della Riconciliazione);
– la memoria del proprio Battesimo (al fonte battesimale) e la professione di fede davanti a Dio (accendendo la candela al cero pasquale);
– l’apertura alla carità di Dio (attraverso un gesto concreto di carità).
Le porte della Speranza
Mons. Palmieri ha spiegato che dal Vangelo scaturisce un annuncio di speranza che è bello condividere con gli uomini che abitano nel nostro territorio. «La nostra missione, infatti – ha detto il prelato –, è fatta di parole ed opere».
Per tale ragione le comunità parrocchiali – singolarmente o insieme ad altre parrocchie – potranno decidere di aprire una porta di speranza nel proprio territorio, attraverso un’iniziativa di un giorno o più. Sarà bello individuare una particolare esigenza che nel territorio viene sentita come prioritaria, pensare ad un’attività che possa rispondere a quel problema, a quel desiderio, a quella mancanza e coinvolgere tutta la comunità nel realizzarla, anche chi di solito non partecipa. Il vescovo ha precisato che le iniziative potranno essere realizzate sia a livello diocesano che interdiocesano.
L’invito al discernimento
Il vescovo Gianpiero ha concluso la serata con un caldo invito a vivere con profondità le assemblee parrocchiali: «Riportiamo nelle nostre parrocchie quello che stasera ci siamo detti e soprattutto viviamolo! Vi raccomando: invitiamo tutti! Poi non importa chi verrà e chi no, non importa quanti saremo. La cosa importante è che le assemblee parrocchiali siano autentici momenti di discernimento comunitario. Su cosa? Su quelle che possono essere le priorità della vita pastorale delle nostre parrocchie nei prossimi tre/cinque anni e sulle proposte concrete che possano realizzare le priorità individuate. In particolare auspico che le assemblee parrocchiali siano un’occasione per rilanciare la vita della parrocchia rispetto all’ascolto della Parola e alla missione nel territorio, quindi per ripensare anche le iniziative di primo annuncio ai giovani e agli adulti».
Quanto emerso dal discernimento comunitario sarà consegnato al Consiglio Pastorale e all’Equipe Sinodale delle Diocesi, in vista dell’assemblea diocesana che si terrà nell’Aprile del 2025.
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