DIOCESI – Proseguiamo la serie di interviste ai sacerdoti legati alle Diocesi del Piceno con don Davide Tisato della Diocesi di Roma, che è il nuovo Rettore del Seminario Redemptoris Mater di Macerata ed Ascoli Piceno, dopo essere subentrato il 1° Ottobre 2024 a don Mario Malloni.
Veneto di origini, mentre studia Economia all’Università di Verona, avverte la vocazione al presbiterato. Termina così gli studi e contemporaneamente inizia a frequentare il Seminario Redemptoris Mater di Roma. Ottenuto il baccalaureato in Filosofia e in Teologia presso l’Università Gregoriana, va in missione per due anni in Terra Santa.
Dopo essere stato ordinato presbitero a Roma il 26 Aprile 2015 da papa Francesco, consegue la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico, gestito dai Gesuiti, e il dottorato in Teologia Biblica all’Università Gregoriana.
Per una decade svolge il suo servizio pastorale in tre diverse parrocchie dalla capitale, prima di essere nominato rettore e giungere a Macerata.

Che tipo di seminario è il Redemptoris Mater?
Il nostro è un seminario internazionale e missionario, che si colloca all’interno dei 120 seminari legati al Cammino Neocatecumenale e sparsi in tutto il mondo Due sono le peculiarità rispetto ad altri seminari: prima di tutto da noi parte integrante della formazione dei seminaristi è la prosecuzione dell’esperienza del Cammino Neocatecumenale; in secondo luogo ci caratterizza la missionarietà, in quanto la formazione che riceviamo ha lo scopo di evangelizzare in tutto il mondo. È per questo motivo che fin dall’inizio, anche nella scelta dell’istituto da frequentare, ci viene richiesta la disponibilità a servire la Chiesa ove serve. Io, ad esempio, che sono di Verona, sono stato mandato al Seminario di Roma; un mio amico, che è originario della mia stessa città, invece, è andato a Toronto, in Canada.

Quanti seminaristi ospita il seminario ubicato a Macerata e da dove provengono?
Il nostro seminario è la sede del Seminario di Macerata e di quello più recente di Ascoli Piceno. Insieme, attualmente, i due seminari accolgono trentuno seminaristi: sedici vivono in casa, quattro sono in arrivo dall’estero, undici sono in missione per servire la Chiesa Cattolica nel suo significato profondo di Chiesa Universale, quindi senza confini geografici.
Come accennavo prima, ai giovani che manifestano la volontà di entrare nei nostri seminari, fin dall’inizio viene chiesta la disponibilità ad andare ovunque nel mondo. Ogni anno, a metà Settembre si svolge un incontro con tutti gli aspiranti seminaristi, durante il quale viene effettuato un sorteggio e veniamo inviati dove la Provvidenza di Dio ha pensato per noi. Attualmente a Macerata abbiamo seminaristi che vengono da ogni parte del mondo: Sudan, Cina, Turchia, Argentina, Malta, Costa d’Avorio.

Come si svolge la vita all’interno del seminario?
È davvero un grande arricchimento avere un seminario internazionale, perché si conoscono culture, tradizioni, abitudini culinarie e punti di vista completamente diversi. Si impara a relazionarsi con tutti e a rispettare tutti.
Poi la vita del seminario è fatta anche di preghiera. Il suono della campana, che ci avverte che è tempo di pregare, è fondamentale: ci richiama a cosa è veramente importante per noi e ci aiuta a mettere ordine alla nostra vita. E dove c’è ordine, c’è anche lo Spirito Santo.

Da circa un ventennio si parla di crisi di vocazioni. Qual è la reale situazione e a cosa è dovuta?
La crisi vocazionale è legata alla crisi della famiglia e della natalità. Le vocazioni, infatti, sono una chiamata a donare tutto al Signore e questo lo possiamo imparare solo in famiglia. L’ho vissuto personalmente con i miei genitori, che mi hanno insegnato tutto questo. Se oggi le coppie non si donano, aprendosi alla vita ed avendo nuovi figli, non ci saranno vocazioni. I pochi figli che si fanno, infatti, spesso devono rispondere alle aspettative dei genitori e non c’è spazio per le vocazioni e la società stessa implode. Sembra strano detto da uno che ha scelto il celibato e quindi non avrà figli! Invece no. La vocazione al matrimonio e al presbiterato sono parimenti importanti. Nella società ci deve essere qualcuno che ricordi agli altri che siamo fatti per il cielo: questo è il compito dei presbiteri. Noi presbiteri, allora, aiutiamo le famiglie e le famiglie aiutano i presbiteri. La politica spesso ritiene che la crisi della natalità sia legata alla crisi economica delle famiglie; invece no, è legata alla crisi di fede, come sosteneva anche Paolo VI. In tal senso la Chiesa può dare una grande risposta.

La sua vocazione quando è avvenuta e come è nata?
Sono il quarto di sei figli. Sono cresciuto all’interno della parrocchia e del Cammino Neocatecumenale a cui i miei genitori avevano aderito già da tempo. Al Cammino devo non solo la vocazione, ma anche la vita. I miei, infatti, avevano deciso di fermarsi al secondo figlio; poi, una volta intrapreso il Cammino, si sono riaperti di nuovo alla vita e siamo nati io e altri tre figli. Durante la mia infanzia ed adolescenza ho vissuto molto bene. Avevo tante cose: una bella famiglia, dei buoni amici, giocavo a calcio a livello agonistico e mi retribuivano pure. Per un anno e mezzo poi sono anche stato insieme ad una ragazza. Insomma, avevo tutto. Davvero non mi mancava nulla! Eppure non mi sentivo pienamente felice. Nel frattempo avevo raggiunto i 21 anni e studiavo Economia Aziendale all’Università degli Studi di Verona. Sentendo una certa inquietudine nel mio cuore, ho iniziato a pensare a come spendere la mia vita. Ho cominciato a fare un po’ di volontariato, servendo ad una mensa dei poveri con i padri francescani. Mi sono trovato benissimo: sentivo che, donandomi, mi arricchivo. Ad un certo punto ho iniziato a pormi molte domande: “Perché sono così felice mentre faccio quest’attività? E se donassi più tempo a questo servizio? E se lo facessi per l’intera giornata anziché per poche ore? Sarei più felice?“. In estate, durante un pellegrinaggio alla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, in Germania, ho trovato risposta a queste domande profonde che mi stavo ponendo ormai da mesi. Durante un incontro vocazionale, dopo l’annuncio del Vangelo e una predicazione, Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale assieme alla serva di Dio Carmen Hernandez, ha chiesto, a chi sentiva una chiamata particolare, di andare sul palco, ricevere una benedizione ed iniziare un cammino di discernimento vocazionale. Io l’ho fatto! Appena rientrato in Italia, ho proseguito al Centro Vocazionale di Verona e sono stato invitato a Porto San Giorgio all’incontro annuale con tutti i nuovi seminaristi, durante il quale sono stato assegnato a Roma.

A Roma ha avuto la grazia di essere ordinato presbitero da papa Francesco. Cosa le ha detto in quell’occasione?
L’esperienza di Roma è stata bellissima da molteplici punti di vista: per le meraviglie della città, per la bellezza degli studi, per la ricchezza degli incontri vissuti. Tra questi, l’incontro con papa Francesco occupa un posto speciale. Già prima dell’ordinazione, ho avuto modo di incontrarlo insieme ad altri colleghi seminaristi e, in quell’occasione, ci ha dato qualche indicazione su come vivere il nostro ministero sacerdotale. In particolare ricordo che ci ha detto di essere sempre vicini alla gente. Poi di essere poveri, ma non miseri, perché il Signore ama la povertà, ma non la miseria. E infine di non fare come i pavoni che si mettono in mostra. Parole preziose che custodisco gelosamente nel mio cuore e a cui ripenso spesso.

Dopo l’ordinazione presbiterale in quali parrocchie ha svolto il suo servizio pastorale?
La prima parrocchia, nella quale sono rimasto per tre anni, è quella di San Vigilio a Roma, in cui sono stato prima come diacono e poi come vicario parrocchiale. Poi, per altri tre anni, sono stato vicario parrocchiale della comunità di Santa Maria delle Grazie a Casal Boccone, nella parte nord della città. Infine ho trascorso quattro anni presso la parrocchia di Sant’Ippolito, sempre a Roma.

È felice?
In tutte le parrocchie in cui sono stato e anche ora in seminario, sono sempre stato contento di fare la volontà di Dio, contento di aver ricevuto tanto di più che di quello che ho lasciato. Fidandomi del Signore, infatti, mi sono sempre sentito accompagnato. In Lui ho trovato quella pienezza di vita che ho sempre cercato, quella pienezza che né il denaro, né il successo, né qualsiasi altra cosa del mondo potevano darmi. Sì, sono felice di fare il presbitero e di accompagnare i seminaristi a fidarsi completamente del Signore, come ho fatto anch’io.

 

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