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Diocesi Ascoli Piceno, Giorgio Rocchi: “Le Caritas parrocchiali rappresentano un “cuore che vede” all’interno delle comunità”

DIOCESI – L’incontro organizzato dalla Caritas diocesana con le Caritas Parrocchiali, mercoledì 6 novembre, si è rivelato un’importante occasione di confronto e di conoscenza tra i nuovi volontari e coloro che già prestano servizio nelle varie realtà parrocchiali. Un momento di formazione che ha puntato a mettere a punto le dinamiche necessarie per un servizio della carità sempre più efficace e coinvolgente all’interno delle comunità. Il fine è quello di rafforzare la rete che unisce le diverse realtà parrocchiali, affinché la carità possa rispondere con maggiore efficacia ai bisogni reali delle persone e alla loro dignità.

La Caritas diocesana, infatti, opera direttamente nelle parrocchie e nel centro diocesano, servendo le singole realtà locali e attivando opere segno in grado di rispondere alle emergenze sociali, ma anche di incarnare concretamente il messaggio evangelico. È un impegno che la Chiesa ha affidato a questo organismo pastorale con un mandato specifico: agire non solo per alleviare le sofferenze, ma anche per testimoniare il valore della solidarietà e della prossimità, promuovendo una pedagogia dei fatti che parla attraverso l’azione concreta.

In questo contesto, si inserisce l’obiettivo di “capillarità” della Caritas, che si propone di aiutare l’intera comunità diocesana a farsi prossima a chi vive in povertà e solitudine, affrontando le diverse forme di marginalità presenti sul territorio.

Il Messaggio del Vescovo Gianpiero Palmieri

Durante l’incontro, il Vescovo Gianpiero Palmieri ha offerto una riflessione profonda sul senso del servizio in Caritas, partendo da un brano del Vangelo secondo Marco, che narra il miracolo della guarigione di Bartimeo, il cieco nato di Gerico.

“Immaginiamo di essere in un centro di ascolto Caritas”, ha detto il Vescovo, invitando i presenti a mettersi nei panni di chi accoglie le persone bisognose. “Non si tratta semplicemente di ascoltare i bisogni, ma di ascoltare la persona, di entrare nella sua vita, nelle sue difficoltà e speranze. Come Gesù ha fatto con Bartimeo, noi dobbiamo cercare di capire il grido che sale da chi ci sta di fronte. A volte quel grido è la rabbia, altre volte è la disperazione, ma è sempre il segno di un desiderio di cambiare, di uscire da una condizione di solitudine e prigionia esistenziale.”

Il Vescovo ha sottolineato come la condizione di Bartimeo sia quella di una solitudine profonda, che si rompe nel momento in cui il cieco, sentendo che Gesù passava, comincia a gridare. Un gesto che, per quanto inopportuno, è il segno di un desiderio di cambiamento, di una volontà di agire. “Nel nostro servizio, dobbiamo essere pronti ad ascoltare questo grido, a riconoscere la speranza che si nasconde anche in chi sembra rassegnato o indifferente alla sua condizione.”

Gesù, invece di ignorare il grido, si ferma e chiama Bartimeo a venire verso di lui. “Questa chiamata”, ha proseguito il Vescovo, “è una provocazione, una sfida. Gesù costringe il cieco ad alzarsi, a fare il primo passo verso la guarigione, a prendere la responsabilità della propria vita. Così anche noi, nei centri di ascolto, non dobbiamo limitarci a un intervento assistenziale, ma dobbiamo stimolare le persone ad alzarsi, a rialzarsi, a prendere in mano il proprio futuro.”

La domanda che Gesù rivolge a Bartimeo, “Che cosa vuoi che io faccia per te?”, è stata interpretata dal Vescovo come un invito a riflettere sul cambiamento che ogni persona può desiderare e sperare. “Questa domanda non è solo un interrogativo, ma una sfida. La nostra missione in Caritas non è solo quella di aiutare le persone a soddisfare i bisogni immediati, ma di stimolare in loro un desiderio di cambiamento, di trasformazione della propria vita.”

Il Ruolo della Caritas Parrocchiale

A seguire, Giorgio ha sottolineato l’importanza della Caritas nelle parrocchie, che rappresentano un “cuore che vede” all’interno delle comunità. “Essere prossimi, come ci sollecita Papa Francesco, significa andare verso le periferie, verso le persone che vivono nell’isolamento e nella difficoltà. È un invito a scoprire le risorse che ogni persona ha dentro di sé e valorizzarle per costruire insieme una comunità più accogliente e solidale.”

La Caritas parrocchiale, ha spiegato Giorgio, non è solo un organismo pastorale che distribuisce aiuti, ma è anche un motore di cambiamento e di testimonianza della carità. “La Caritas è chiamata a animare la comunità, a coordinarne le iniziative di solidarietà e a promuovere una pedagogia dei fatti, che parli alla gente in modo concreto e efficace.”

Il centro di ascolto, in particolare, è stato descritto come un luogo fondamentale non solo per ascoltare i bisogni delle persone, ma per essere al fianco di ciascuna, per camminare insieme nel difficile processo di cambiamento. “Fare rete è importante perché, come diceva Einstein, ‘il tutto è più della somma delle sue parti’. La rete non è solo una questione di efficienza, ma di capacità di innescare processi di cambiamento duraturi.”

Riflessioni Conclusive

“Nel nostro lavoro quotidiano”, ha concluso Giorgio, “dobbiamo ricordare che la Caritas non è un’attività assistenziale, ma un intervento che punta alla dignità della persona. Noi siamo chiamati a stimolare il desiderio di cambiamento, a incoraggiare chi è in difficoltà a rialzarsi e a mettere in campo tutte le proprie risorse. Anche i piccoli tentativi di riscatto delle persone che incontriamo sono importanti, perché, anche se non sempre riusciranno, il loro impegno a fare quel poco che possono è già un segno di speranza.”