SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nei giorni scorsi, n cui la Chiesa ci ha invitato a onorare i Santi e a commemorare i defunti, i ricordi riaffiorano, riportando a galla le parole non dette e i gesti mai compiuti con chi ci ha lasciato. E inevitabilmente, sorgono le domande sul mistero della morte. La morte, con la sua presenza silenziosa, ci spinge a riflettere sulla vita e sul significato che diamo alle nostre giornate.
Lo psicologo Sigmund Freud proponeva di modificare un vecchio detto latino in “Si vis vitam, para mortem,” ossia “Se vuoi sopportare la vita, preparati ad accettare la morte.” È un invito a riconoscere la morte come parte del nostro percorso, un aspetto inevitabile della nostra esistenza.
Per chi non è più con noi, lo scrittore Michele Prisco scriveva: “I morti cari sono chiusi nelle mura trasparenti della nostra immaginazione e dei nostri sentimenti. Tra noi e loro esistono invisibili intese, e su queste si posano i sogni e i ricordi che accompagnano le nostre giornate.” Così, anche nel distacco, conserviamo una vicinanza emotiva con chi non c’è più, un legame che vive nella nostra memoria e nei sogni.
Ma come trovare risposte al mistero della morte? Kahlil Gibran, nel suo celebre libro Il Profeta, ci invita a esplorare questo segreto nel cuore della vita stessa. La scienza e la filosofia sono davvero sufficienti a placare l’ansia esistenziale? William Blake risponde affermando che “nessun uccello vola troppo in alto se si alza sulle proprie ali.” È la fede che ci offre una risposta più profonda, come esprime Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Giovanni 14, 1).
San Paolo, nella sua lettera ai Corinzi, parla di una trasformazione: “Non tutti moriremo, ma tutti saremo trasformati” (Corinzi 15, 51-52). Questo passaggio ci dona speranza, una speranza che dovrebbe guidarci a riscoprire l’importanza dell’altro, non solo nel momento del distacco, ma anche lungo il cammino che ancora ci rimane insieme. La morte ci riporta alla carità, come espresso nelle parole di Gesù: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi” (Giovanni 17, 11).
La vita, alimentata dall’amore, continua a interrogarci anche di fronte alla separazione, come riflette padre David Maria Turoldo nei suoi versi:
“Ma quando da morte passerò a vita,
sento già che dovrò darti ragione, Signore…
Ogni voce d’amore era singulto.
Eri Tu, celato in ogni desiderio,
o Infinito, che pesavi sugli abbracci…”.
Il Significato dei Cimiteri Cristiani
Per i cristiani, il cimitero è un luogo di riposo e di attesa, sacro e vicino al cuore della comunità. Nei primi 1800 anni della storia cristiana, i cimiteri si trovavano vicino alle chiese, creando un legame simbolico e fisico tra i vivi e i defunti. La Chiesa benedice questi luoghi, riconoscendoli come sacri, luoghi in cui i fedeli defunti trovano una “benedetta dimora.”
Nella nostra comunità, anche la chiesa di San Benedetto Martire aveva il suo cimitero fino al 1813, quando il Comune acquistò un terreno in Contrada della Pittura, ancora sede dell’attuale cimitero. All’epoca, lo spazio di 2200 metri quadrati sembrava sufficiente per un paese di circa 4000 abitanti. Tuttavia, le epidemie del XIX secolo portarono le autorità a cercare soluzioni più adeguate, e fu costruito un nuovo cimitero su progetto dell’architetto Gualtiero Piacentini Rinaldi.
La crescita della popolazione dopo la Seconda Guerra Mondiale ha richiesto successivi ampliamenti e rifacimenti del cimitero, che oggi continua a servire la comunità, ricordandoci del legame profondo che unisce i vivi ai defunti.
Conclusione
La morte è una presenza che, inevitabilmente, ci porta a confrontarci con noi stessi e con il significato della nostra vita. Attraverso la memoria e la fede, i cimiteri cristiani ci invitano a riflettere sull’amore, sull’unità, e sulla speranza di un’eterna comunione con coloro che amiamo. Come conclude il poeta Rainer Maria Rilke: “Grande è la morte; noi siamo suoi, suo è il nostro sorriso.” È un invito a riconoscere che la vita e la morte sono parte di un unico mistero, e che, accettando la morte, impariamo a vivere più intensamente.