(Foto Calvarese/SIR)

M.Michela Nicolais

“Una Chiesa sinodale è una Chiesa permeabile alle voci della realtà”, che sa parlare ancora di Dio in un tempo di “vuoto” e di “desertificazione spirituale”. E’ il volto di Chiesa designato dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione alla prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, in corso a Roma fino al 17 novembre nella basilica di San Paolo fuori le mura alla presenza di oltre mille delegati, tra vescovi, sacerdoti, laici e laici.

A prendervi parte anche una delegazione delle diocesi del Piceno guidata dal vescovo Gianpiero Palmieri e formata da:

  • Diocesi di Ascoli Piceno: don Armeno Antonini, Barbara De Vecchis, Franco Bruni
  • Diocesi di S. Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto: don Gianni Croci, Mascia Moretti, Roberto Crescenzi

“Siamo chiamati a guardare alla società in cui viviamo con uno sguardo di compassione per preparare il futuro, superando atteggiamenti non evangelici, quali la mancanza di speranza, il vittimismo, la paura, le chiusure”, l’invito di Papa Francesco nel messaggio ai partecipanti, chiamati a sviluppare le energie “affinché la Chiesa possa compiere al meglio il suo impegno per il Paese”. Tre le consegne affidate alla Chiesa italiana sulla scorta dell’incontro del maggio scorso: “continuare a camminare, fare Chiesa insieme ed essere una Chiesa aperta”.

“Il Signore ci chiama e ci manda, oggi, in questo mondo difficile e terribilmente sofferente, che impaurisce e sembra cancellare il futuro”,

ha detto Zuppi: “Siamo confrontati con ingiustizie insopportabili, ad iniziare dalla guerra, alle quali non vogliamo abituarci. Non possiamo accettare che sia la logica del più forte o del più furbo a prevalere. E verrebbe da domandarci se non preghiamo troppo poco per la pace in un mondo così sconvolto dalla guerra”. “La guerra, i cambiamenti degli scenari politici, le forze occulte e i poteri di interessi economici stanno rimescolando, in maniera non facilmente prevedibile, gli assetti del mondo, tanto che si ha la sensazione di essere una barca sbattuta dai venti in un mare in tempesta”, l’analisi del cardinale:

“I combattimenti appaiono lontani dai nostri Paesi ma il clima conflittuale non è lontano.

Questo clima si riflette sulla società italiana: la spietata avanzata del numero dei femminicidi, la crescita della violenza tra i giovani, l’inasprirsi del linguaggio sempre più segnato dall’odio, i casi di antisemitismo, che non possiamo tollerare, sono come semi che da sempre il male getta nei cuori e nelle relazioni delle persone e contaminano i cuori e i linguaggi”.

“Chi ha incarichi pubblici – il monito ai politici – porta una responsabilità ancora maggiore perché non deve avere modalità e parole violente e pericolose, dentro una logica di polarizzazione,

finendo per cercare solo ciò che divide, pensando così di difendere le proprie convinzioni e considerando addirittura pericoloso amare e difendere ciò che unisce, ovvero la collaborazione indispensabile per affrontare problemi”.

“Non dobbiamo mai smettere di lavorare con pazienza e intelligenza per l’unità del nostro Paese,

certo, nella laicità e nel pluralismo delle politiche e delle opinioni, ma sfuggendo alla banalizzazione della vita, al nichilismo, all’aggressione e alla contrapposizione come modalità del parlare e del decidere”, l’appello del cardinale, che ha spiegato come le “preoccupazioni” che esprime la Chiesa italiana “non sono mai per dividere o alimentare contrapposizioni, ma per fortificare quel bene comune che esiste e che va perseguito e difeso. Tanto più in un tempo di cambiamento, perché vinciamo la paura della vita che paralizza e annebbia il cuore di tanti, per dare la vera sicurezza che è la comunità e l’appartenenza a questa, la voglia di aiutare e amare”.

Tra le sfide più preoccupanti che l’Italia deve raccogliere, la denatalità, “che ha raggiunto livelli preoccupanti”, ma anche “l’emorragia di giovani dal nostro Paese e dalle aree interne”:

il futuro, allora, “dipende dalle politiche in favore della natalità, ma anche da politiche della casa, da politiche attive del lavoro e da autentiche politiche di integrazione dei migranti”.

“Dare carne alla profezia di una Chiesa desiderosa di avanzare nella storia con la forza umile del Vangelo e col fermo proposito di non abbandonare mai la compagnia degli uomini per rinchiudersi in un groviglio di ossessioni e procedimenti”.

E’ questo, per Zuppi, il senso della prima Assemblea sinodale delle Chiesa in Italia, in vista di “una Chiesa più partecipativa e missionaria, libera da autoreferenzialità come pure dalla paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli”. “Conversione comunitaria, conversione personale, conversione strutturale”: sono queste le tre direttive emerse nel percorso del Cammino sinodale, le “condizioni di possibilità per comunità più evangeliche e missionarie”. Lo ha detto mons. Erio Castellucci, vicepresidente della Cei e presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, nella sua relazione di apertura. “La missione diventa cultura quando un’esperienza si presenta ragionevole e praticabile anche per gli altri”, la tesi di Castellucci, che si è soffermato sulla necessità di “lasciare sempre aperta a tutto il popolo di Dio“.

“Questa nostra Assemblea è già una prima esperienza di ricezione del Sinodo universale”,

ha concluso il vicepresidente della Cei: “Ora tocca a noi, nei prossimi mesi, adattare e tradurre gli orientamenti sinodali nella nostra situazione, nelle Chiese locali e in alcune scelte della Chiesa italiana”.

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