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Assemblea sinodale. Card. Zuppi: “Grazie per questi tre anni di cammino”

(Foto Calvarese/SIR)

M.Michela Nicolais

“Grazie per questi tre anni in cui, sulla spinta di Papa Francesco, si è provato a camminare insieme, a costruire un itinerario”. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha cominciato con un ringraziamento collettivo agli oltre mille partecipanti il suo intervento alla conferenza stampa finale della Prima Assemblea sinodale, svoltasi in questi giorni a Roma nella basilica di San Paolo fuori le mura, durante quale ha letto un messaggio indirizzato dai delegati al Papa in cui si esprime gratitudine per il sostegno e l’incoraggiamento ricevuto tramite il suo messaggio all’apertura dei lavori.

A prendervi parte anche una delegazione delle diocesi del Piceno guidata dal vescovo Gianpiero Palmieri e formata da:

  • Diocesi di Ascoli Piceno: don Armeno Antonini, Barbara De Vecchis, Franco Bruni
  • Diocesi di S. Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto: don Gianni Croci, Mascia Moretti, Roberto Crescenzi

Per il cardinale, l’itinerario percorso in questi tre anni è stato “un camminare con coloro che abbiamo trovato sulla strada”, ma anche “un momento di recupero di consapevolezza, di interiorità, nella necessità di riaccordarci con le domande fondamentali con cui ci confrontiamo quotidianamente”.

“Questa assemblea si è chiusa con la giornata dei poveri ci lancia indicazioni chiarissime su quale deve essere la nostra direzione”,

ha sottolineato Zuppi, indicando come frutto della tappa “profetica” del Cammino sinodale, che vedrà un nuovo appuntamento a marzo, “tanta consapevolezza di essere Chiesa e di essere al fianco di tanta gente”. Il presidente della Cei ha sintetizzato il clima di questi tre giorni, e la direzione marcia verso la seconda Assemblea sinodale di marzo, con queste parole: “sobria ebbrezza”. Sobrietà, ha spiegato, significa “avere tanta consapevolezza della nostra storia e della storia, senza protagonismo; significa sobrietà dall’amarezza che spesso spegne l’entusiasmo”. “Non dobbiamo aver paura di essere contenti, di portare gioia e di rimetterla in circolo: non abbiamo capito tutto, ma non dobbiamo scrivere un’enciclopedia”, la spiegazione del significato di “ebbrezza”.

“La Chiesa italiana, come ci ha chiesto Papa Francesco a Firenze, è chiamata ad essere madre tenera nella nostra attenzione e vicinanza ad un mondo di individualisti, dove conta solo ciò che faccio io e il ‘noi’ è relativo, cangiante, virtuale”. “Dobbiamo avere il culto dell’unità, del ‘noi’, il desiderio di costruire comunità in una società così individualista”, l’appello di Zuppi: “se non siamo famiglia, è difficile che riusciamo ad aiutare le famiglie”.

“Abbiamo sperimentato, sebbene rapidamente, la bellezza di essere popolo profetico”. Lo ha detto mons. Erio Castellucci, vicepresidente della Cei e presidente del Comitato nazionale del Cammino Sinodale, nel suo “rilancio finale” a conclusione dei lavori. “Questo è il Cammino sinodale, prima ancora e forse più ancora che un testo scritto”, ha puntualizzato il vescovo: “Un testo, certo, sarà necessario”: “non potrà essere un corposo manuale di temi pastorali, ma un tentativo di sbloccare alcune pesantezze che ora ci affliggono”.

“Il Cammino di questi tre anni – ha proseguito – ci ha abituato a scrutare le pieghe della nostra storia, cogliendo con umiltà sia le ferite dentro e fuori la Chiesa, sia i raggi di speranza e di vita, che abitano il quotidiano delle case e delle strade e che spesso restano sepolti sotto la coltre delle cattive notizie”.

“Anche in questi giorni, ai nostri tavoli, abbiamo fatto circolare esperienze belle e positive, autentiche spie della crescita del Regno di Dio nel nostro tempo. Sono solo germogli, ma la sfida della ricezione sinodale sarà poi quella di sostenere questi stili perché diventino strutturali nelle nostre Chiese”, ha proseguito soffermandosi sui tre “stili” emersi nel cammino sinodale italiano: “lo stile dell’ascolto”, “dagli organismi di partecipazione alle riunioni degli operatori pastorali”; “lo stile del dialogo”, fatto anche di incontro con mondi non ecclesiali, come “le diverse povertà materiali, relazionali, spirituali; i mondi delle professioni e del lavoro, come artisti, imprenditori, agricoltori, giornalisti, docenti, operai”; “lo stile della partecipazione”, prima di tutto nella riattivazione dei Consigli pastorali, “strumenti importanti” per la Chiesa in missione.

“Ritrovare la passione nel fare la proposta cristiana”.

Per mons. Valentino Bulgarelli, segretario del Comitato nazionale del Cammino sinodale, è questo uno dei versanti di impegno, in particolare nell’ambito della catechesi, su cui “si può agire subito”. Tracciando un bilancio della tre-giorni romana, Bulgarelli ha parlato di “un clima molto bello e suggestivo, sia per essere sulla tomba di Paolo e poi per essere stati nel luogo del Concilio Vaticano II. Oltre che del contributo appassionato dei delegati, tutto ciò è frutto del lavoro avvenuto nei contesti delle Chiese locali, in cui si è sperimentata una pratica di confronto e di dialogo che ha certo bisogno di essere maturata, ma che ormai sta diventando uno stile condiviso”. “Alcune richieste – ha aggiunto – sono state subito colte e probabilmente possono essere immediatamente attuate, altre dovranno essere studiate e altre ancora valutate, ma sono comunque degne di attenzione”.

“Negli interventi liberi è emersa la necessità di snellire molto anche i linguaggi”,

evitando l’”ecclesialese” e andando incontro alle esigenze dei giovani, ha detto mons. Castellucci rispondendo alle domande dei giornalisti. Per spiegare come muoversi nell’orizzonte della missionarietà e della “Chiesa in uscita” auspicata da Papa Francesco, Castellucci ha scelto l’immagine della “dieta”, e cioè della

“necessità che si attui uno snellimento nella vita ecclesiale,

proprio per essere più agili nella missione, questo soprattutto per quanto riguarda la condivisione della vita cristiana”. “Snellimento nelle strutture ecclesiale e poi nei rapporti con la società”, ha puntualizzato il presidente del Comitato, perché “la profezia incide nella società, fa breccia, ci fa essere lievito e generatori di processi buoni nella società”.

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