SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Poveri siamo tutti. E se qualcuno pensa di essere ricco, ricco di talenti o di possibilità, può essere utile al Regno di Dio, quindi può essere discepolo del Signore, solo se si fa piccolo e povero. Pertanto gli uomini si dividono in due: quelli che sanno di essere poveri e che quelli che pretendono di non esserlo. Allora noi siamo qui a vivere una celebrazione di persone che si accolgono le une le altre, consepevoli che Dio ci ha dato una grande ricchezza: la vita, la fraternità. Ed è quello che vogliamo vivere con questa celebrazione. Ringrazio in modo particolare i fratelli e le sorelle che sono di altre religioni: musulmani, induisti o altre. È molto bello che voi siate qui, in questo momento di preghiera. È un momento in cui da tutti noi sale a Dio una preghiera gli uni per gli altri. Ci mettiamo davanti al Signore, riconoscendo che talvolta la durezza del nostro cuore ci rende impossibile vivere da fratelli e da sorelle. E con questo cuore, triste e indurito, ognuno di noi chiede perdono».

È con queste parole che mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle due Diocesi del Piceno, ha salutato tutte le persone giunte presso la chiesa della Santissima Annunziata in Porto d’Ascoli di San Benedetto del Tronto ieri, 18 Novembre 2024, per celebrare insieme l’ottava Giornata Mondiale dei Poveri. Per l’occasione, l’edificio sacro non è stato solo luogo di ascolto della Parola e di incontro con Dio attraverso l’Eucaristia, come avviene di solito, ma anche luogo di convivialità e di condivisione con persone bisognose, sole, sia italiane che provenienti da paesi esteri, sia cristiane sia credenti di religioni diverse, tutte unite nella preghiera e nella gioia di stare insieme.

La coralità del momento si è esplicata durante la serata in vari modi. La Santa Messa, ad esempio, presieduta dal vescovo Gianpiero, è stata concelebrata da don Alfredo Rosati, parroco della comunità della Santissima Annunziata in Porto d’Ascoli e assistente diocesano per la Pastorale Familiare della Diocesi Truentina, da don Gianni Croci, delegato diocesano per la Pastorale della Chiesa di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, direttore della Caritas diocesana e parroco della comunità di San Filippo Neri, da don Lorenzo Bruni, parroco delle comunità di Montalto delle Marche e direttore della Scuola di Formazione Teologica, dai diaconi Alberto Fossati, Davide Galasso, Natalino Marinozzi, Giuseppe Puglia, Giovanni Rossi, dai ministri straordinari della Comunione Rita Capecci, Vincenzo D’Angelo e Maurizio Portelli, dai giovani ministranti Gianmarco Curzi e Matteo Rosati e da tutto il numeroso popolo di Dio riunito. La celebrazione è stata impreziosita dal canto del coro parrocchiale, diretto per l’occasione da Tiziana Di Francesco e accompagnato all’organo da Enrica Assenti e alla chitarra da Domenico Di Quirico. L’animazione liturgica è stata affidata ai fedeli della parrocchia per quanto concerne le letture, mentre per quanto riguarda l’offertorio e le preghiere dei fedeli è stata compiuta dai rappresentanti delle varie Caritas di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto, accompagnati rispettivamente dal direttore Giorgio Rocchi e dal vicedirettore Fernando Palestini. Anche la cena è stata un’esplosione di collaborazione e cooperazione tra giovani e meno giovani, tra parrocchiani e non parrocchiani: è stata infatti preparata dai volontari della Croce Verde di Villa Rosa, servita dai giovani animatori della parrocchia dell’Annunziata ed animata da canti di musica pop, a cui hanno dato il la il direttore e uno dei cantori del coro parrocchiale, Marco Laudi e Riccardo Coccia, ai quali hanno fatto seguito molti dei numerosi presenti.

Una serata di preghiera e comunione, dunque, vissuta nella fraternità e nella gioia. Tre i momenti in cui si è stato diviso l’incontro, ciascuno caratterizzata da un pane diverso dall’altro, ma che, nell’insieme, costituiscono tre tipi di pane profondamente legati tra loro.

Il pane della Parola – comunione esistenziale
Chiamati a riconoscerci tutti poveri
Il primo momento significativo è stato la liturgia della Parola. Dopo aver letto le tre letture del giorno, il vescovo Palmieri ha iniziato la sua omelia con queste parole: «Carissimi, cosa c’è di più importante del pane? Il pane è fondamentale per la nostra vita, è il simbolo di tutto il cibo di cui abbiamo bisogno. Il pane fa parte della tradizione delle nostre famiglie e penso che la tradizione delle famiglie di tutti i nostri popoli. Ricordo con gioia il pane condiviso a casa di una famiglia tunisina! Il pane è proprio il simbolo del nostro stare insieme che diventa occasione in cui condividiamo non solo il cibo, ma anche la gioia di stare insieme, il nostro sentirci fratelli intorno ad un tavolo. Quando Gesù, parla del Paradiso, ne parla in termini di un banchetto. Un banchetto aperto a tutti i popoli, a cui tutti gli uomini sono chiamati a partecipare. Un banchetto dove si mangerà insieme il pane del regno di Dio e si vivrà insieme la Pasqua nel regno di Dio.
Quello che noi facciamo stasera, allora, è una sorta di liturgia strana, certamente una liturgia cristiana, ma una liturgia in cui il segno del pane verrà particolarmente sottolineato in tre occasioni.
Il primo pane è il pane della Parola. Noi ci nutriamo certamente di cibo, che ci riempie il ventre, ma dopo un po’ abbiamo bisogno anche di un cibo che ci possa scaldare il cuore: sono le parole. Noi esseri umani abbiamo bisogno di parole. Fin dall’inizio, fin da quando siamo piccolissimi, tra le braccia dei nostri genitori, abbiamo bisogno di parole per sapere che esistiamo. Qualche educatore oggi inizia già a lanciare l’allarme: quando cresceranno gli attuali bambini che, tenuti in braccio, non hanno sentito loro rivolgere le parole, perché si era troppo impegnati a guardare il cellulare, inizieranno i guai! Perché noi abbiamo bisogno di parole fin da quando siamo al mondo! Abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi e ci parli. Allora noi celebriamo prima di tutto questo fatto, ovvero che nella nostra famiglia – e noi stasera ci sentiamo famiglia, una famiglia in cui siamo tutti fratelli e siamo veramente tutti poveri, chi in un modo chi in un altro – abbiamo bisogno prima di tutto di parole. Non abbiamo bisogno di companatico come prima cosa, bensì di pane di parole! Perché, se stiamo insieme e ci trattiamo male, se le parole che ci diciamo sono pesanti, ognuno di noi non è contento, è insoddisfatto. E oltre al pane delle nostre parole, abbiamo bisogno anche del nuovo pane della Parola di Dio: abbiamo bisogno di sentire che anche il Signore ci parla, perché per lui siamo importanti, siamo suoi figli e fratelli, fratelli tutti».

Il pane dell’Eucaristia – comunione eucaristica
Chiamati a farci dono per gli altri
Il secondo momento significativo è stato la Liturgia Eucaristica. Nella presentazione dei doni, infatti, sono stati portati all’altare pane e vino.
«Sono gli elementi che Gesù prese durante la sua ultima cena – ha spiegato il vescovo Gianpiero –. Gesù prese il pane, prese il vino, spezzò il pane, condivise la coppa di vino e disse: “Questo è il mio corpo. E questo è il mio sangue”. Queste espressioni forse lasciano gli amici di altre religioni stupiti, anche un po’ sconvolti, ma noi sappiamo bene cosa Gesù volesse dire. Gesù voleva dire che Lui ci dà da mangiare la sua stessa vita. Ed è così! Quando la nostra vita non è solo per noi, ma anche per gli altri, noi diamo da mangiare agli altri un po’ di noi stessi: il nostro tempo, ad esempio, la nostra disponibilità, il nostro ascolto, la nostra attenzione, la nostra capacità di fare dialogo con empatia. Noi diamo da mangiare noi stessi e gli altri hanno fame del nostro esserci. Quando due persone si vogliono bene, si donano l’uno all’altro. È così in ogni angolo del mondo. In un certo senso, potremmo dire che ognuno dà da mangiare se stesso all’altro. Allora noi portiamo all’altare il pane e il vino, che sono il simbolo di Gesù che ci ama, di Dio che ci ama, che ci dà da mangiare se stesso. Nel Vangelo di questa Domenica (Mc 13,24-32), Gesù dice che, ad un certo punto, il mondo finirà. Per ciascuno di noi il momento in cui il mondo finisce è il momento della propria morte, ma ci sarà un momento in cui tutto il mondo finirà. Per sapere questo, non ci vogliono grandi scienziati: è così e lo sappiamo bene. Preoccupiamoci di non accelerare la venuta di quel giorno con i nostri comportamenti scellerati, poco attenti al Creato, così pericolosamente coinvolti nella guerra! Ma quel giorno ci sarà. “In quel giorno – ci dice Gesù – alzate il capo, perché, se il cielo e la terra svaniranno, io invece ci sarò“. C’è il Signore Gesù, c’è Dio. Alzate il capo! “Io non vengo meno. La mia Parola non viene meno. Il mio Amore non viene meno. Quando tutto crolla, ci sono Io!” – dice Gesù. C’è Dio. “E Io darò via ai cieli e alla terra nuova!“. È una parola bellissima che ci aiuta a vivere questo mondo, avendo tanta cura del mondo, tanta cura degli altri e sapendo anche che in Dio ritroveremo tutto. Anche questo nostro stare insieme quaggiù, un giorno lo vivremo sempre in Dio! E noi sappiamo che questa Parola di Gesù ci dà molta gioia! E riabbracceremo anche le persone che sono morte! Nel pacchetto del Paradiso sperimenteremo che l’amicizia e l’amore, che sono le cose a cui teniamo di più, non hanno fine! Questo nostro stare insieme, il pane della Parola e il pane dell’Eucaristia, sono solo un pegno di quel pane che Dio ci darà per sempre. Un giorno una persona che capì questo discorso, in mezzo alla folla, gridò a Gesù: “Beato chi mangerà il pane del regno di Dio!” (Lc 14,15), cioè beato chi vivrà per l’eternità la gioia di stare insieme a Lui, di stare insieme agli altri!».

Il pane dell’amicizia – comunione fraterna
Chiamati a condividere nella fraternità
Il terzo ed ultimo momento significativo è stata la cena vissuta dopo la Celebrazione Eucaristica. È stato lo stesso mons. Palmieri, durante la sua omelia, a spiegare la ragione per cui il banchetto è stato allestito in chiesa.
«Subito dopo la Messa – ha affermato il vescovo Gianpiero –, questo pane verrà condiviso nella cena che faremo in questo luogo. Per sottolineare infatti la continuità tra i tre pani, faremo cena in chiesa. È il pane della fraternità, è il pane dell’amicizia, è il pane dello stare insieme, è il pane che condividiamo nelle nostre mense, nei nostri incontri. È il pane di cui abbiamo tanto bisogno. Abbiamo bisogno delle parole di Dio, della vita degli altri e di condividere il pane. Quando Gesù sottolinea questo segno – vi ricordate il brano che racconta la moltiplicazione dei pani e dei pesci? (Mc 6,30-44) – dice che, quando il pane viene condiviso nella fraternità, non si estingue, non termina, ce n’è sempre, anche per me, anche per te, anche per tutti. Il miracolo che noi siamo chiamati a ripetere insieme continuamente è fare in modo che il buon pane della fraternità, dell’amicizia, dello stare insieme, del cibo, non manchi a nessuno. Domani, in un incontro che faremo insieme ai sindaci e ad altri personaggi importanti del nostro territorio, racconteremo quello che le Caritas italiane hanno sempre capito, cioè che ci sono in Italia tante famiglie, italiane e non italiane, che non sanno come arrivare alla fine del mese. È importante che questo si dica. Ed è importante sollecitare chi ha ruoli di responsabilità civili, perché si preoccupi di questo prima di tutto. Prima di tutto. A nome di tutta la Chiesa, domani faremo questo incontro, per la Chiesa di Ascoli e di San Benedetto. Allora domani parlerò anche di questa nostra cena, in cui, dopo aver condiviso il pane della Parola e il pane dell’Eucaristia, avremo condiviso anche il pane della fraternità, il cibo di quaggiù, sperimentando che ce n’è per tutti. Il parroco don Alfredo era un po’ preoccupato. Mi chiedeva: “Ma ce la faremo?” La domanda era legittima. Scommettete che ce la facciamo? Sono proprio convinto di sì! Perché non è tanto importante quanto mangeremo stasera, bensì il fatto che nessuno di noi andrà a casa dicendo: “Io non ho avuto niente“. Questo è il miracolo che vogliamo vivere stasera e che vogliamo vivere sempre!».

Presentazione del libro “ANAWÎM – La preghiera del povero sale fino a Dio”
Tra la Messa e la cena, nel salone parrocchiale, è stato presentato a tutte le persone intervenute il libro “ANAWÎM – La preghiera del povero sale fino a Dio”, curato dal prof. Saverio Ciarrocchi, già docente di Lingua e Letteratura Italiana e oggi volontario presso la Caritas diocesana di San Benedetto del Tronto. Il prof. Ciarrocchi ha raccontato in particolare come la vicinanza ad alcuni ospiti della Caritas gli abbia fatto completamento ripensare il significato della parola “accogliere“, un termine che non significa solo mettersi in ascolto delle persone, ma anche accompagnarle. «Da loro – ha detto Ciarrocchi – sono stato evangelizzato. Loro mi hanno dato una buona notizia, mi hanno dato una speranza, ovvero che con ogni persona che incontro posso stabilire una relazione nuova, come ho fatto con loro con cui ho costruito una comunità nuova. Questo libro, allora, per me, che sono praticante ma non credente, è molto importante perché mi dà uno strumento che può dare senso alla mia vita».

Il libro verrà presentato al grande pubblico oggi, Lunedì 18 Novembre 2024, all’interno del Convegno sulla Povertà e sulle Risorse nel Territorio, che si terrà alle ore 17:30 presso la Sala Consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto e che registrerà i seguenti interventi:
– Saluti e breve prolusione dell’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicepresidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana);
“Risorse e povertà nel nostro Paese”, a cura del dott. Walter Nanni, responsabile del Servizio Studi Caritas Italiana, per una panoramica sulla povertà a livello nazionale;
“Risorse e povertà nel Piceno”, presentato da Giorgio Rocchi, direttore della Caritas di Ascoli Piceno e focalizzato sulle sfide e le risposte del territorio;
– Presentazione del libro “ANAWÎM – La preghiera del povero sale fino a Dio”, moderata da Fernando Palestini, vicedirettore della Caritas di San Benedetto del Tronto.

 

 

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