“Noi usciamo la mattina non sapendo se torneremo la sera. E la nostra realtà di tutti i giorni”.
Suor Hanane Youssef racconta così la sua vita quotidiana oggi a Beirut. Lei e le sue consorelle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore continuano a far funzionare il Centro di assistenza medica “Saint Antoine”, nel cuore di Rouaysset, quartiere popolare nel Metn, a circa 7 km dal centro della capitale. Qui le Suore gestiscono il Centro dedicato a Sant’Antonio dal 2005. Ma l’opera di assistenza sanitaria funziona dal 1985, quando il Libano era ancora martoriato dalla Guerra civile. “Veniamo da anni di tormento economico – dice a Fides la religiosa -. Siamo passati dalle urgenze come la carenza dei farmaci e di soldi alla carenza di personale medico, essenziale per garantire i nostri servizi. I centri di assistenza primaria come il nostro svolgono un ruolo vitale nella risposta sanitaria, rilasciano prescrizioni ed effettuano i test necessari per alleviare il sovraccarico degli ospedali, che adesso con gli attacchi militari devono far fronte con affanno a chi arriva con lesioni gravi e invalidanti, arti da amputare e facce e occhi sfigurati.
Il personale sanitario manca non solo per i tanti medici e infermieri che sono emigrati, ma anche perché le persone hanno paura di venire sul posto di lavoro, essendo collocato in questo quartiere e quindi esposto maggiormente nello scenario di guerra attuale. Per questo non possiamo garantire i nostri servizi e la nostra opera sociale”. Secondo il Ministero della Sanità libanese, gli attacchi israeliani in Libano dal 7 ottobre 2023 hanno causato quasi 3500 morti e quasi 15mila feriti. Gli sfollati sono arrivati a più di un milione e 200mila secondo l’Unhcr. “Nella guerra del 2006 ci siamo mobilitati per vaccinare i neonati delle comunità sfollate. Oggi, di nuovo, siamo diventati il rifugio non solo di chi vive qui intorno ma anche di tutte le famiglie sfollate che sono state accolte dai loro parenti nel quartiere”. Nella guerra di oggi in Libano, sottolinea la suora “gli attacchi sono mirati principalmente verso una comunità specifica, quella degli sciiti. Proprio la comunità maggiormente assistita dal Centro Saint Antoine. Questo aumenta la tensione, e punta a aprire divisioni, rinfacci, risentimenti. “Continuare nella coesistenza pacifica non è facile. Ma noi proviamo a andare avanti su questa strada. Ci teniamo tanto”.
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