ASCOLI PICENO – Si terrà Sabato 23 Novembre, dalle ore 14:30 alle ore 19:30, presso Palazzo dei Capitani in Ascoli Piceno, il convegno dal titolo “Sisma: rinascita del territorio e ricostruzione sociale”, organizzato da Sipem SoS (Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza – Supporto Psicosociale) Marche.
Per l’occasione abbiamo incontrato la dott.ssa Sonia Arina, vicepresidente della Sipem SoS Marche, che ha curato la direzione scientifica dell’evento, sia per saperne di più su questa associazione di volontariato sia per fare il punto della situazione sulla ricostruzione sociale post-sisma nell’Ascolano.
Cos’è la Sipem Sos Federazione e di cosa si occupa?
La Sipem è un’organizzazione di volontariato composta da psicologi, medici, assistenti sociali e altre figure professionali, specializzata nell’intervento psicologico in situazioni di emergenza e crisi, aiutando le persone a recuperare il benessere e il senso di normalità.
Si occupa pertanto di donare gratuitamente supporto psicologico e sociale a persone e comunità colpite da eventi traumatici (come terremoti e alluvioni), ma anche di organizzare attività di formazione e prevenzione, per poter affrontare al meglio potenziali emergenze future.
La Sipem SoS collabora con enti e istituzioni (come Protezione Civile, ASL, ecc.) ed è iscritta al registro nazionale delle associazioni di Protezione Civile, consolidando il suo ruolo all’interno delle reti di intervento in emergenza.
La provincia di Ascoli Piceno ospita il presidente nazionale della Sipem Sos, il dott. Roberto Ferri, oltre che la sede regionale della Sipem Sos Marche, nella città di Monsampolo del Tronto. In che modo è presente ed operativa Sipem nel nostro territorio?
In molteplici modi. Intanto dobbiamo distinguere tra operatività in situazioni di emergenza e attività in tempo ordinario, che noi definiamo tempo di pace,
In contesti di crisi o calamità (ad esempio terremoti, alluvioni, incidenti di massa), offriamo supporto psicologico diretto, fornendo assistenza immediata a vittime, sopravvissuti, soccorritori e comunità per affrontare traumi psicologici. Ci occupiamo di gestire lo stress acuto, aiutando le persone a mitigare l’impatto emotivo degli eventi traumatici e a prevenire disturbi psicologici a lungo termine. Tutti gli interventi ovviamente sono effettuati in coordinamento con le istituzioni: collaboriamo infatti con il sistema della Protezione Civile, gli enti sanitari e le Forze dell’Ordine per garantire una risposta integrata.
In tempo di pace, quindi in assenza di emergenze, la nostra associazione si concentra su attività di formazione e prevenzione. Ci occupiamo, ad esempio, di formazione, organizzando corsi per psicologi, volontari e altre figure professionali sulle tecniche di gestione del trauma e interventi psicosociali in emergenza. Per quanto concerne invece la prevenzione e la sensibilizzazione, promuoviamo campagne per aumentare la consapevolezza sui rischi psicologici legati alle emergenze e la resilienza nelle comunità. Diamo inoltre supporto alle istituzioni, partecipando alla pianificazione e simulazione di emergenze, sviluppando protocolli per interventi futuri. Siamo attivi anche nella ricerca, conducendo studi per migliorare le pratiche di supporto psicologico in situazioni di crisi.
Questo approccio duplice garantisce preparazione e reattività durante le emergenze, oltre a creare una cultura di prevenzione e benessere psicologico durante i periodi ordinari.
Nello specifico, siamo intervenuti in diverse emergenze nazionali. Ricordo in particolare il sisma del 2012 in Emilia Romagna, le alluvioni del 2014 e del 2022 a Senigallia, l’alluvione del 2023 in Emilia Romagna, l’incidente della Lanterna Azzurra del 2018 a Corinaldo. Non posso infine non ricordare i sismi del Centro Italia nel 2016 e nel 2017: abbiamo prestato assistenza immediata alle popolazioni colpite nelle Marche e nelle regioni limitrofe e abbiamo effettuato interventi immediati nelle scuole per supportare bambini, ragazzi e insegnanti, aiutandoli a elaborare i traumi e a riprendere un senso di normalità nella routine scolastica.
A che punto è la ricostruzione sociale nei territori del Piceno colpiti dal sisma?
Un terremoto come quello che ha colpito il Piceno nel 2016 non causa solo danni visibili agli edifici, ma lascia segni profondi sulle persone e sulla vita delle comunità. Oltre alle perdite materiali, il sisma frammenta i legami sociali, mette a rischio l’identità collettiva e causa un senso diffuso di insicurezza. La ricostruzione sociale, dunque, non riguarda solo il rifacimento delle strutture, ma richiede un lavoro complesso per ripristinare la fiducia, il senso di appartenenza e la capacità della comunità di affrontare le sfide future.
Dopo il sisma, molte famiglie sono state costrette ad abbandonare le proprie case, spesso trasferendosi in altre aree, il che ha interrotto relazioni e routine consolidate. Il trauma psicologico, combinato con la perdita dei mezzi di sostentamento, ha amplificato il senso di precarietà. La ricostruzione, perciò, deve affrontare sia i bisogni materiali sia quelli emotivi e sociali.
Nel Piceno, iniziative come la riapertura di scuole, chiese e spazi di aggregazione, sono stati passi fondamentali per ridare centralità alla vita comunitaria. Questi luoghi non sono solo fisici: rappresentano simboli di un’identità condivisa e punti di riferimento per il ritorno alla normalità. Al tempo stesso, sono stati avviati progetti per valorizzare le risorse locali, come i boschi e il patrimonio culturale, che mirano non solo ad incentivare lo sviluppo economico, ma anche a rafforzare il senso di appartenenza.
Un ruolo importante è stato svolto dal supporto psicologico, che ha aiutato molti residenti a elaborare il trauma. Tuttavia, il percorso di ripresa è ancora incompleto: circa 2.000 famiglie non sono ancora rientrate nelle proprie case e il rischio di spopolamento rimane concreto. La ricostruzione sociale, quindi, non è solo un progetto urbanistico o economico, ma un processo umano che richiede tempo, ascolto e una visione integrata. È necessario lavorare affinché le persone non si limitino a tornare a vivere nei luoghi colpiti, ma ritrovino anche un futuro condiviso e sostenibile, fondato su legami rinnovati e nuove opportunità. Ma aspettiamo le ultime novità dal Commissario alla Riparazione e Ricostruzione Sisma 2016, Guido Castelli, che domani, Sabato 23 Novembre, relazionerà al nostro convegno.
A proposito del convegno, di cosa si parlerà nello specifico e quali professionalità verranno messe in campo?
Nel convegno di domani in Ascoli, si parlerà principalmente di ricostruzione partecipata, un concetto che implica l’integrazione della comunità locale nella pianificazione e nella realizzazione delle azioni di recupero, sia sul piano architettonico che sociale.
Dal punto di vista dell’architettura, la ricostruzione partecipata, come proposta da Ruggiero e Hanus, si concentra sulla necessità di coinvolgere le comunità locali nel processo progettuale, per garantire che gli spazi ricostruiti rispondano alle vere necessità dei residenti. Questo approccio promuove un’architettura che non si limita a rispondere a esigenze pratiche, ma che diventa anche un mezzo per rafforzare i legami sociali e ridare identità culturale ai luoghi colpiti dal sisma. La partecipazione attiva delle persone nella progettazione e nella gestione della ricostruzione permette di costruire ambienti che sono emotivamente significativi e che favoriscono una rinascita collettiva.
Sul fronte della psicologia dell’emergenza, si metterà in evidenza l’importanza di un approccio psicologico che accompagni la ricostruzione fisica del territorio. La psicologia partecipativa gioca un ruolo cruciale nel sostenere le persone nel superamento del trauma e nella costruzione di una comunità resiliente. La ricostruzione sociale non riguarda solo il recupero delle case, ma anche il sostegno emotivo delle persone, che devono essere parte attiva nel processo di recupero, rafforzando la loro identità collettiva e la loro capacità di resilienza.
La ricostruzione partecipata implica non solo una collaborazione tra professionisti e istituzioni, ma anche un coinvolgimento diretto delle persone colpite dal sisma. In questo modo, sia l’architettura che la psicologia dell’emergenza diventano strumenti di una rinascita integrata, che unisce la dimensione fisica e psicologica del recupero.
Da quanto tempo è volontaria della Sipem? Quale evento ricorda con particolare trasporto?
Sono entrata nella Sipem nel 2016 durante il sisma del Centro Italia. In quel momento così drammatico, in cui ci siamo trovati a essere sia soccorritori che vittime, è stato inevitabile per molti di noi rispondere al bisogno di mettere le proprie competenze a disposizione di chi ne aveva bisogno, per stare accanto a chi aveva subito i danni più devastanti.
Tuttavia, l’emergenza più dolorosa in cui siamo intervenuti è stata l’incidente alla Lanterna Azzurra di Corinaldo. Questo sia per la giovanissima età dei ragazzi coinvolti sia per la dinamica tragica del disastro, che ha lasciato un segno profondo nelle comunità colpite.
Quali progetti avete in serbo per il futuro?
Numerosi progetti orientati sia alla formazione che all’intervento in situazioni di emergenza. Tra i principali obiettivi, c’è quello di potenziare la propria rete di volontariato, includendo nuove figure professionali, e di sviluppare iniziative di sensibilizzazione sul tema della protezione civile e della gestione delle emergenze, espandendo i programmi educativi nelle scuole, per sensibilizzare i giovani sui temi della protezione civile e della gestione del rischio.
Un altro progetto in cantiere riguarda la collaborazione con altre associazioni e istituzioni locali, con l’intento di creare sinergie operative per rispondere più efficacemente alle emergenze.
Si può dire, in breve, che i progetti futuri di Sipem Sos Marche sono centrati su una crescente partecipazione sociale, sul rafforzamento della formazione e sulla creazione di alleanze strategiche per migliorare l’efficienza dell’intervento in emergenza.