COMUNANZA – La recente comunicazione da parte di Beko Europe di chiudere il suo stabilimento di Comunanza, che opera nel territorio marchigiano da decenni, rappresenta un colpo durissimo non solo per i circa 320 dipendenti diretti, ma anche per l’indotto e le aziende locali che da anni collaborano con la multinazionale. Tra queste, l’azienda Chiaramarini Amleto & C. S.n.c., una delle prime fornitori di componentistica per lavatrici e lavasciuga sin dall’inizio degli anni ’70, quando lo stabilimento di Comunanza è stato aperto.

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Pietro Chiaramarini, titolare dell’azienda, ha raccontato come, fino a dieci anni fa, l’attività con Beko fosse in continuo sviluppo, con una produzione che cresceva esponenzialmente. “Abbiamo sempre collaborato non solo con lo stabilimento di Comunanza, ma anche con quelli di Bergamo e Torino, e con impianti fuori dall’Italia”, ha spiegato Chiaramarini. Tuttavia, negli ultimi anni la situazione è cambiata drasticamente. «A Comunanza la produzione è diminuita progressivamente: da 6.500 pezzi al giorno siamo scesi a 3.000. Questo per noi è un volume irrisorio, soprattutto considerando i costi fissi che non vengono più ammortizzati». La mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo ha ulteriormente aggravato la situazione, con macchine in produzione ormai obsolete, vecchie di 20, 25 anni, incapaci di competere con la concorrenza.

Chiaramarini ha anche raccontato delle difficoltà affrontate dalla sua azienda, che ha dovuto diversificare l’attività per sopravvivere, entrando in settori come il calzaturiero e le verniciature industriali. Nonostante questi tentativi di adattamento, la chiusura di Beko comporterà inevitabilmente una significativa riduzione del fatturato e della forza lavoro. “Cercheremo di compensare con i settori alternativi avviati dopo la pandemia, ma la situazione è critica”, ha aggiunto.

A livello politico, Chiaramarini ha lanciato un appello affinché si chieda a Beko almeno un altro anno per dare il tempo alle aziende di adattarsi e riconvertire la produzione. Inoltre, ha suggerito che gli stabilimenti di 40.000 metri quadrati possano essere destinati a nuovi settori produttivi, salvaguardando in parte l’occupazione locale.

Il sindaco di Comunanza, Domenico Sacconi, ha convocato ieri un consiglio comunale straordinario per discutere della situazione e cercare soluzioni. “La chiusura di Beko rappresenta una grave perdita per il nostro territorio. La situazione è delicata e per questo stiamo lavorando congiuntamente con sindacati, regione, provincia e parlamentari per trovare una soluzione”, ha dichiarato il sindaco, che ha ribadito la sua intenzione di interloquire direttamente con il presidente del consiglio. “Siamo tutti uniti nel cercare di preservare un’azienda che ha oltre cinquant’anni di storia”.

Anche i dipendenti storici dello stabilimento, come Franco Piermarini, sono preoccupati per il futuro. Piermarini, che lavora in Beko dal 1986, ha vissuto in prima persona l’evoluzione dell’azienda, partendo da un periodo in cui i dipendenti a tempo indeterminato erano quasi 700, per arrivare agli attuali 320. “Se questa chiusura andrà a buon fine, sarà una catastrofe non solo per noi dipendenti, ma per l’intero territorio. Lo spopolamento della zona aumenterà ulteriormente”, ha detto Piermarini. Per lui, che ha 61 anni, la possibilità di trovare un’altra occupazione appare ormai remota. “Mi rimangono pochi anni per la pensione, ma la situazione è davvero difficile”, ha concluso con preoccupazione.

Il futuro di Comunanza e dei suoi lavoratori rimane incerto. Se da un lato le istituzioni e le aziende locali stanno cercando di adottare misure per evitare il tracollo, dall’altro lato c’è il timore che il territorio perda un altro pezzo della sua identità industriale. Ora, più che mai, è essenziale che tutti i soggetti coinvolti collaborino per trovare soluzioni concrete e dare una prospettiva di crescita alle persone e alle imprese che dipendono da questa realtà.

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