Paolo Zucca
Le Borse hanno bisogno di volatilità, cioè di variazioni sensibili di prezzo nei due sensi (anche in calo c’è chi guadagna), perché nella discontinuità si creano margini aggiuntivi ai dividendi periodici distribuiti sulla base dell’utile. Quando si avvicinano grandi eventi, come sono state le elezioni negli Stati Uniti, è tutto un posizionamento sulla base di scenari di probabilità. Non stupisce la corsa al rialzo dopo la vittoria del candidato repubblicano ma non sorprende anche il ridimensionamento dei guadagni in alcune sedute successive. Perché? Perché chi ha acquistato in maniera speculativa – cioè sulla notizia – ha venduto preferendo incassare guadagni certi. Lo ha fatto anche un grande investitore come Warren Buffet.
Le Borse non sono lo specchio dell’economia reale che è fatta anche di aziende non quotate ( in Italia Armani e Ferrero per fare due esempi tra i tanti possibili); mercati azionari e occupazione si scontrano ( tipico l’esempio di un gruppo che annuncia riduzione del personale e il titolo sale) e i fattori che possono incidere sul valore di un’azione possono essere diversi delle bontà delle prospettive. Se ci sono poche azioni in circolazione o se c’è una battaglia tra soci il valore tenderà a salire. Le azioni (più rischiose) tendono a rafforzarsi quando i tassi di interesse scendono e i rendimenti delle obbligazioni (meno rischiose) calano. Quando, nella cinica e buffa espressione degli analisti finanziari, “aumenta l’appetito per il rischio”.
A Wall Street un indice significativo come S&P 500 ha superato in alcune fasi i 6000 punti (a ottobre prima del voto era a 4.100 punti). In un anno ha guadagnato il 40 per cento. Il Vecchio Continente – che teme di essere colpita da dazi all’export – subisce in Borsa il “vendi Europa e compra Usa” ma non crolla.
Vince in questi giorni l’investimento in bitcoin e altre criptovalute perché spinte dall’altro grande vincitore Usa, l’imprenditore Elon Musk. Il bitcoin è in circolazione centellinata da 15 anni sulla base di un progetto di un misterioso Satoshi Nakamoto che creò un sistema di pagamento con una pseudovaluta che viene validata da un sistema condiviso di utilizzatori/produttori. Diventa credibile se nel commercio vengono accettati bitcoin come pagamento di merci. E’ un mondo non regolato dalle banche centrali che sono pubbliche. La presidente della Bce, Christine Lagarde, è nettamente contraria ma suo figlio vi ha investito perdendoci. Piace ai nativi digitali, in questo momento oltre un milione di italiani (dati Oam) detengono somme frutto della compravendita di bitcoin e simili.
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