DIOCESI – «È una gioia grande ritrovarsi insieme! A me scoppia il cuore di gioia! È bello che in una sera molto piovosa, ad Offida, la gente ci guardava e si chiedeva: “Che cosa sta succedendo? Come mai tanti ragazzi si sono riversati qua? E per fare cosa?”. Per pregare, per ritrovarci insieme, per metterci davanti al Signore e poter sperimentare l’amicizia che ci lega gli uni agli altri, per poter portare i pesi gli uni degli altri e per poterci abbracciare. Davvero non siamo soli! Abbiamo il Signore, abbiamo i fratelli e le sorelle, abbiamo persone di diverse età che ci stanno accanto, abbiamo tutta la comunità cristiana che fa il tifo per noi. Possiamo quindi non avere paura!».

È con queste parole che l’arcivescovo Gianpiero Palmieri ha introdotto la sua riflessione durante la Giornata Mondiale della Gioventù Interdiocesana dal tema “Quanti sperano nel Signore … camminano senza stancarsi (Is 40,31)”, che si è tenuta Venerdì, 29 Novembre 2024, dalle ore 19:30 fino alle ore 22:30, nell’incantevole cornice della città di Offida, terra di confine tra le due Diocesi del Piceno, e che ha registrato la partecipazione di oltre quattrocento giovani delle Diocesi di Ascoli Piceno e di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto.

L’appuntamento è stato il primo organizzato congiuntamente dalle Equipes di Pastorale Giovanile delle due Diocesi del Piceno, guidate dal vescovo Gianpiero, e si è sviluppato in tre momenti distinti.

Nulla ti turbi!
Chiamati a camminare con gioia e speranza

Il primo momento significativo è stato vissuto separatamente dai giovani delle due Diocesi del Piceno: i ragazzi della comunità di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, infatti, si sono ritrovati presso la chiesa Santa Maria della Rocca, mentre i ragazzi della comunità di Ascoli Piceno si sono radunati presso la chiesa dei Cappuccini – Santuario del Beato Bernardo. Seppur ciascuno nel proprio punto di ritrovo, i due gruppi di giovani hanno comunque vissuto la stessa esperienza: prima la lettura di uno stralcio del messaggio che papa Francesco ha rivolto ai giovani in occasione della GMG 2024, poi la lettura di un passo di Isaia ed infine un gesto significativo che simbolicamente rappresentasse la liberazione del cuore dai pesi che schiacciano i giovani.

Papa Francesco: camminare con gioia e speranza
Nel primo momento i ragazzi sono stati chiamati a riflettere in particolare su alcune parole del Pontefice, che li invita a non abbattersi e a vincere ogni paura, tenendo viva la speranza:
«Viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del Creato. Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani, che avvertite l’incertezza del futuro e non intravvedete sbocchi certi per i vostri sogni, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive. Per questo, carissimi, vorrei che, come accadde a Israele in Babilonia, anche a voi giungesse l’annuncio di speranza: ancora oggi il Signore apre davanti a voi una strada e vi invita a percorrerla con gioia e speranza!»

Profeta Isaia: mettere le ali della speranza
Dopo aver ascoltato le parole del papa, i giovani presenti hanno ascoltato, in silenzio e con raccoglimento, anche un passo tratto dal profeta Isaia. Ne riportiamo alcuni versi, quelli che invitano ad abbandonarsi al Signore, il quale dona una speranza che mette le ali e fa volare senza affanno:
«Non lo sai forse? Non lo hai udito? Dio eterno è il Signore, creatore di tutta la terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile. Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi (Is 40, 28-31)».

Il gesto: la liberazione dai pesi interiori
Al termine di questo primo momento don Luca Censori e don Matteo Calvaresi, direttori degli Uffici diocesani di Pastorale Giovanile rispettivamente della Diocesi di Ascoli Piceno e della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, hanno invitato i giovani presenti a scaricare simbolicamente il proprio peso dentro un cesto e a lasciarlo lì, prima di rimettersi in cammino, così da poter viaggiare più leggeri e anche più spediti verso la meta.

La testimonianza dei giovani Giuseppe Lazzari e Diego Paoletti
Diego Paoletti, 20 anni, della parrocchia San Luca Evangelista di Villa Pigna a Folignano, afferma: «Sono rimasto particolarmente colpito dalla presenza massiva di giovani fin dal primo momento, quando siamo arrivati. Io appartengo al gruppo Scout e, quando ci riuniamo, spesso pensiamo di essere una realtà molto piccola: solo una ventina di persone, rispetto al centinaio di coetanei della parrocchia. Alla GMG, invece, siamo stati oltre quattrocento giovani a partecipare! Di solito in chiesa, a Messa, siamo abituati a vedere persone di un’età media un po’ avanzata; alla GMG, invece, ho visto, con molto piacere, che tanti ragazzi hanno partecipato e si sono divertiti: sia chi nella quotidianità è già molto attivo nella Chiesa sia chi invece è vicino al Signore, ma magari rimane ai margini della vita ecclesiale».
Giuseppe Lazzari, 19 anni, della parrocchia Cristo Re di Porto d’Ascoli a San Benedetto del Tronto, dichiara: «È stata una GMG molto particolare e bella. Innanzitutto perché è stata la prima vissuta con i nostri coetanei di Ascoli. Poi perché sono rimasto stupito dalla bellezza dei luoghi. Il primo momento, in particolare, mi è piaciuto moltissimo: quando siamo arrivati alla rocca, non mi aspettavo assolutamente di trovarmi in un posto così suggestivo, dove la gioia dello stare insieme si è mescolata alla possibilità di vivere attimi intensi di raccoglimento e spiritualità. Ci siamo rivestiti di bellezza, dentro e fuori di noi».

L’abbraccio di Dio e della Chiesa
Chiamati ad essere missionari della gioia

Dopo aver camminato separatamente per una quindicina di minuti, i due gruppi di giovani si sono poi incrociati al piazzale delle Merlettaie, davanti al monumento dei caduti. Lì, ad attenderli, c’era il vescovo Gianpiero Palmieri, il quale, con orgoglio ed emozione, ha detto ai presenti: «Ragazzi, qui si fa la storia! Questo è il primo incontro della Chiesa di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto e Ascoli Piceno. Non c’è niente da fare! Quando una comunità cristiana si raddoppia, è veramente un’occasione di grande felicità per tutti! Nella prima parte di questa serata, avete lasciato i pesi che schiacciano il vostro cuore, per poter mettere le ali. Questo ci ha reso più leggeri e abbiamo potuto continuare il nostro cammino e sperimentare la gioia di camminare come volando, insieme al Signore!».

Papa Francesco: sperimentare l’abbraccio di Dio
In questo secondo momento i ragazzi sono stati chiamati a riflettere in particolare su queste parole del Pontefice che li invita a sperimentare l’abbraccio misericordioso di Dio e ad essere, a loro volta, braccia aperte per i loro coetanei:
«Arrivando alla Basilica di San Pietro a Roma, si attraversa la piazza che è circondata dal colonnato realizzato dal grande architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini. Il colonnato, nel suo insieme, appare come un grande abbraccio: sono le due braccia aperte della Chiesa, nostra madre, che accoglie tutti i suoi figli! In questo prossimo Anno Santo della Speranza, invito tutti voi a sperimentare l’abbraccio di Dio misericordioso, a sperimentare il suo perdono, la remissione di tutti i nostri “debiti interiori”, come era tradizione nei giubilei biblici. E così, accolti da Dio e rinati in Lui, diventate anche voi braccia aperte per tanti vostri amici e coetanei che hanno bisogno di sentire, attraverso la vostra accoglienza, l’amore di Dio Padre. Ognuno di voi doni anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza e così diventiate instancabili missionari della gioia».

Vescovo Gianpiero: accogliere l’altro
Questa la riflessione del vescovo Gianpiero, dopo le parole del Pontefice: «Noi sappiamo che l’abbraccio, simboleggiato dal colonnato, è qualcosa che fa parte della nostra vita. Quando sentiamo il grande desiderio di dire a qualcuno che gli vogliamo bene, noi allarghiamo le braccia e lo accogliamo. Se voi ci pensate, l’abbraccio non è una cosa scontata. L’abbraccio significa che io non chiudo le braccia per difendermi, non sto in un atteggiamento di difesa, bensì allargo le braccia, ti accolgo. I nostri corpi sono a contatto in una parte vulnerabile. Allora l’abbraccio significa accogliere per quello che sei, accogliere con tutta la ricchezza dei tuoi talenti, ma anche delle tue debolezze».

Il gesto: l’abbraccio dell’altro
Al termine di questo secondo momento, il vescovo Gianpiero ha invitato i giovani presenti a abbracciarsi, precisando di aprire le braccia non verso un amico o un conoscente, bensì possibilmente verso un estraneo, una persona non conosciuta. Un gesto semplice, ma dal significato molto profondo: chi ha ricevuto l’abbraccio misericordioso di Dio, non può far altro che far sentire il calore di quell’abbraccio anche agli altri, divenendo così missionario della gioia.

La testimonianza della giovane Alessia Di Agostino
Alessia Di Agostino, di 19 anni, della parrocchia Gran Madre di Dio di Grottammare, afferma: «Il momento più bello è stato quello della seconda sosta, quando il vescovo Gianpiero ci ha chiesto di abbracciare qualcuno che non conoscevamo. È stato un bel modo di incontrare i giovani della Diocesi di Ascoli, sia perché è inusuale abbracciare uno sconosciuto, sia perché il gesto ci ha costretto a parlare tra noi e a fare conoscenza. Poi è bello anche quello che ha detto il nostro vescovo Gianpiero, cioè che abbiamo fatto la storia! Mi sono sentita importante!».

E ti rialzerò!
Chiamati ad essere pellegrini di speranza

Dopo aver pregato Maria, Madre dei Giovani, i ragazzi si sono rimessi in cammino, stavolta tutti insieme, verso piazza del Popolo, dove è ubicato uno dei principali edifici monumentali del centro storico, la chiesa della Collegiata di Santa Maria Assunta. Una volta entrati, mentre si sistemavano nelle tre navate dell’edificio sacro, i giovani sono stati accolti dalla musica e dal canto del Gruppo Scout Grottammare 2, della parrocchia Gran Madre di Dio di Grottammare, che ha animato il terzo ed ultimo momento della serata, radunato nel bellissimo coro ligneo alle spalle dell’altare maggiore della splendida struttura.

Papa Francesco: essere pellegrini di speranza
In questo terzo momento i ragazzi sono stati chiamati a riflettere sulle parole di papa Francesco in merito alla stanchezza che a volte avvertono e che si manifesta con ansia, fatica interiore, tristezza, noia, apatia e insoddisfazione:
«Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare! La soluzione alla stanchezza, paradossalmente, non è restare fermi per riposare. È piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Questo è il mio invito per voi: camminate nella speranza!».

Vescovo Gianpiero: vincere la paura, volgendo lo sguardo verso l’Alto
Dopo la lettura del testo evangelico della prima Domenica d’Avvento (Lc 21,25-28.34-3), il vescovo Gianpiero ha commento il brano tratto dal Vangelo di Luca con queste parole: «In questo Vangelo, che dà inizio all’Avvento, la parola chiave al negativo è la paura. Anzi, avete ascoltato i segni nel sole, nella luna, nelle stelle, che precipitano, il mare tempestoso, gli uomini che muoiono d’angoscia. Una cosa spaventosa! Verrebbe da dire: “Signore, ma ci vuoi far paura pure tu?! Ci vuoi spaventare?“. Il Signore parla della paura, ma, se ci fate caso, parla anche di alzare il capo, di guardare Lui, di non lasciarsi schiacciare. Voi sicuramente saprete che la parola “paura” in latino ha la stessa radice – “pavere” – della parola pavimento. Non ci piace stare seduti sul pavimento, ma in generale stare seduti sul pavimento significa stare fermi. La paura è quella cosa che ti schiaccia a terra e ti impedisce di camminare. Tu vorresti camminare, ma la paura ti blocca. Sono tante le paure. Ci sono paure che riguardano noi stessi, quando pensiamo di non essere all’altezza, paure molto diffuse. “E se mi viene un attacco d’ansia?”, “E se a un certo punto mi blocco e non so cosa dire?”, “E se non sarò capace di dire quella cosa o di fare quell’altra?”: sono tutte paure che riguardano noi stessi. Poi ci sono paure che non si generano dalla nostra insicurezza, ma nascono dalla paura dell’altro. “E se questa persone di cui mi sono innamorato o innamorata, si dovesse rivelare la persona sbagliata?”, “E se dovesse essere un amore tossico, quello che sta per partire?”, “Io ci investo tutto me stesso, tutta me me stessa, ci credo a questa relazione; ma se poi scopro che non va bene?”, “E se poi succede che ho riposto tanta fiducia nella persona sbagliata, cosa faccio?”: tutte queste sono paure che riguardano l’altro e che spesso abbiamo. Oppure ci sono paure che riguardano il futuro. Ricordo una volta in cui, facendo un giro tra gli studenti di quinto superiore in un liceo, ad un certo punto ho chiesto ai ragazzi cosa immaginassero per il loro futuro. In ogni classe ho trovato qualcuno che avesse qualche sogno. Un ragazzo, ad esempio, ha stupito tutti i compagni, dicendo: “La mia famiglia è stata bellissima. Io quindi ho voglia di sposarmi e fare figli!”. Altri invece avevano sogni che riguardavano il lavoro. Ma la cosa che più mi ha impressionato è una classe in cui nessuno ha detto nulla. Nessuno aveva sogni. O forse qualcuno ne aveva, ma non aveva il coraggio di dirlo. Anche la paura del futuro, di quello che succederà, è molto comune.
Dio sa che abbiamo paura e che questa paura ci schiaccia a terra. Ma Gesù dice: “Anche quando il mondo fosse pieno di paure, anche quando avessi paura che il mondo precipiti a terra, anche quando i cieli e la terra crolleranno, anche quando pensi che sia finita, anche se pensi di essere alla fine della storia umana, tu, alza il capo, guarda in alto e mi vedrai lì”. È Gesù Risorto che lo dice! “Vedrete il Figlio dell’uomo venire su le nubi del cielo“. Sapete che al vertice del Vangelo, durante il processo, quando il sommo sacerdote chiede a Gesù “Ma tu ci dici chi sei? Sei il Cristo? Sei il Messia?“, Gesù risponde: “No. Di più! Il sono il Figlio dell’uomo che viene sulle nubi del cielo“. Vale a dire, “quando il mondo crolla, se tu alzi lo sguardo, mi vedrai“. Il sommo sacerdote, che ha capito molto bene, si strappa le vesti e grida: “Ha bestemmiato” e non vede l’ora di ucciderlo, per toglierlo di mezzo perché uno così turba. Come del resto Gesù turba anche Pilato. Gesù dice qualcosa di vero, che li turba e ne hanno paura. Se voi ci fate caso, Pilato è un giudice, mentre Gesù è un imputato. Ma poi l’incontro si ribalta tutto: Pilato si sente toccato da Gesù e si sente imputato, perché non è capace di liberare un innocente, ha troppa paura dell’imperatore. Gesù dice: Non aver paura, alza la testa. Alza il capo e capirai che è giunto il Signore della storia. Su, forza! So che hai paura del mondo, ma io ti tengo per mano. Non avere timore! Può venir giù tutta la realtà del mondo. Puoi avere tante situazioni difficili nella vita, ma io ci sono! E, quando avrai l”impressione che tutto crolla, cerca la mia mano. E nella mia mano, troverai tutta quella della comunità”. Ecco stasera siamo qui per dirvi che, quando noi stendiamo la mano verso il Signore, scopriamo non solo la mano di Gesù, ma anche quella di tutti i nostri fratelli».
«È un augurio bellissimo quello che ci viene dato in questa Giornata Mondiale della Gioventù – ha concluso mons. Palmieri -, in questo cammino in cui abbiamo scoperto tre cose da portarci a casa: vivere questo tempo liberandoci dai pesi che schiacciano il cuore; cercare di abbracciare l’altro, soprattutto se ci è estraneo; alzare lo sguardo per incrociare il volto di Gesù, che non viene mai meno. Come avete visto, la Chiesa di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto ha una tradizione molto forte e molto bella in merito alla GMG, una tradizione interrotta solo dal Covid e ora ripresa. La Chiesa di Ascoli Piceno, invece, è ai primi passi ed è bellissimo scoprire tutto questo, cioè che insieme ci possiamo aprire, possiamo scoprire la gioia di ritrovarci e vivere momenti come questo durante il nostro anno. Allora buon cammino a tutti! Buon cammino a tutti quanti, senza scoraggiarsi mai e senza avere paura!».

Il gesto: rialzarsi da terra
Al termine di questo terzo momento, il vescovo Gianpiero ha invitato i giovani presenti a compiere un ultimo gesto: «Stasera vogliamo dire: “Signore, vieni a rialzarmi in piedi, quando ho paura!”. Come lo facciamo? Con un gesto semplicissimo. Io, che in questo caso simboleggio Gesù Risorto, verrò da qualcuno di voi e vi rialzerò in piedi. È il gesto di Gesù che ci rialza in piedi. A vostra volta, voi, dopo essere stati aiutati a rialzarvi in piedi, andrete a rialzare qualche altro. E faremo così, finché tutti saremo in piedi!». E così si è compiuto il gesto, sulle parole evocative del canto “Su ali d’aquila“.

La testimonianza dei giovani di Veronica Quilli e Gabor Traini
Veronica Quilli, 18 anni, della parrocchia Cuore Immacolato di Maria di Ascoli Piceno, dichiara: «È stato un momento bellissimo, perché mi ha avvicinato ai miei compagni. Il vescovo Gianpiero ha un cuore puro, dice sempre un sacco di belle frasi che mi fanno stare bene. In particolare il gesto che mi ha colpito di più è stato quello finale, in cui è venuto a sollevarci, dicendo che Dio ci rialza dalle nostre paure, dalle nostre debolezze, dalle nostre fragilità».
Gabor Traini, 19 anni, della parrocchia San Filippo Neri di San Benedetto del Tronto, afferma: «Mi è piaciuto molto l’ultimo momento vissuto, in particolare il gesto ed il canto finale. Bellissime le parole: “Ti rialzerò, ti solleverò, su ali d’aquila ti reggerò, sulla brezza dell’alba ti farò brillar come il sole, così nelle mie mani vivrai“. Mi ha commosso e mi ha riempito il cuore. Sono stato felice».

Verso il Giubileo 2025 …
Molto grati per i momenti vissuti, sia don Luca Censori sia don Matteo Calvaresi, i quali dichiarano: «Siamo veramente felici di aver vissuto questo serata! Innanzitutto perché è la prima occasione in cui le due Equipe di Pastorale Giovanile delle due Diocesi del Piceno hanno lavorato insieme per un’iniziativa che ha visto protagonisti i giovani. In secondo luogo perché il numero dei ragazzi che hanno partecipato, oltre quattrocento, è assolutamente inaspettato e ci ha reso contenti, così come l’entusiasmo che abbiamo percepito nei gesti, nelle parole e anche nel raccoglimento in chiesa. Ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile la serata e diamo a tutti appuntamento a Roma per il Giubileo 2025!».

 

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