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“Frontiere di Pace”: consegnata al Papa una cassa di munizioni usate dai russi trasformata in fioriera

(Foto Vatican Media/SIR)

Di M. Chiara Biagioni

Un “dono” particolare a papa Francesco dalla martoriata Ucraina. Questa mattina a margine dell’udienza generale, il gruppo “Frontiere di pace” di Como ha potuto portare a Papa Francesco due casse di munizioni utilizzate dai russi e trasformate in fioriere. Il Papa ne ha benedetta una. L’altra gli è stata consegnata in dono. In un incontro più ristretto, il coordinatore del gruppo Giambattista Mosa e il parroco della parrocchia Santa Maria Assunta di Maccio in Villa Guardia (Como), don Gianluigi Zuffellato hanno avuto modo di spiegare al Papa il senso di questa iniziativa. Nel corso dell’invasione russa su larga scala in Ucraina, migliaia di casse con all’interno armi e munizioni sono state trasportate sul territorio ucraino e abbandonate in migliaia di pezzi. Nel corso delle 31 missioni organizzate e portate a termine dal gruppo di volontari “Frontiere di pace”, una decina di queste casse sono state recuperate, portate in Italia e trasformate in fioriere. Sono quindi diventate “simbolo di pace e l’emblema di un nuovo progetto che ci permetterà poi di raccogliere dei fondi”. Al papa è stato consegnato anche il libro “Voci e volti della resistenza Ucraina” scritto da Giambattista Mosa e Nicola Gini. “Dove per resistenza – spiega Gini – non si intende necessariamente resistenza armata, ma quella resistenza che quotidianamente il popolo porta avanti in queste zone di guerra nonostante sia continuamente esposto al pericolo dei bombardamenti. Abbiamo dato un volto a questa guerra, con nomi, luoghi, storie delle persone che abbiamo incontrato e che ci hanno chiesto di restituire la loro voce nelle nostre comunità”. “Frontiere di Pace” svolge missioni umanitarie in zone di guerra. La loro “base” è nella parrocchia Santa Maria Assunta di Maccio in Villa Guardia (Como). Abbiamo chiesto al parroco don Gianluigi Zuffellato di raccontarci come nasce questa iniziativa.

“Frontiere di pace”, i volontari con la “cassa” trasformata in fioriera (foto Nicola Gini)

Innanzitutto, cosa vi ha detto Papa Francesco?
Abbiamo voluto rendere partecipe anche il Papa, nel limite del possibile, di quello che abbiamo fatto in tutti questi anni. E’ stato un incontro veloce nel quale però ci ha detto: “andiamo avanti”. Per noi è un monito a continuare.

Cosa vi ha spinto a prendere per 31 volte i pulmini e raggiungere città che si trovano davvero sul fronte di guerra?
All’inizio sicuramente è stata una spinta di grande solidarietà e di condivisione verso un’enorme ingiustizia che si stava consumando. Poi però, quasi paradossalmente, si è capito che la cosa non finiva in fretta. Insomma, non era un’operazione di guerra, ma una guerra vera e propria. E quando conosci delle persone e ci diventi amico, non le puoi abbandonare. Cosa ci ha spinto? Credo la relazione. Sembra poco, ma è tanto. Loro ci hanno fatto sempre capire che al di là dell’aiuto materiale, quello di cui hanno veramente bisogno è la vicinanza, un rapporto, un’amicizia. E’ bello vedere come, ahimè, anche una guerra ha prodotto dei legami.

I volontari di “Frontiere di pace” all’udienza generale (foto Nicola Gini)

Come avete colto l’invito di Papa Francesco ad “andare avanti”?
Non era mai stata messa in discussione la volontà di continuare. Lo abbiamo fatto anche in tempi di maggiore difficoltà. Quando, per esempio, l’entusiasmo si era un po’ spento, quando l’interesse per l’Ucraina e per i temi di geopolitica di quell’area si erano raffreddati. Proprio in quei momenti, sentivamo necessario invece tenere alto lo scopo della missione.

Una cassa di munizioni che diventa fioriera. Che segno è?
E’ un simbolo di trasformazione da un oggetto portatore di morte ad un oggetto simbolico di fioritura e di futuro. Una semina in un vaso della terra del Donbass. I semi potranno crescere e quando le pianticelle spunteranno, saranno dei segni anche di pace. Vorremmo tanto che questi segni di pace siano l’inizio di un dialogo anche tra i capi di Stato, il preludio della fine della guerra e la speranza di una pace giusta.

Un progetto che parte da una parrocchia…
Il nostro scopo non è convincere le masse, ma tenere viva un’attenzione. La comunità è stata molto generosa. Non parlo solo della parrocchia di Maccio. Le missioni hanno coinvolto associazioni, scuole, comune, altre parrocchie…si è creata in questi tre anni una rete.