Foto di Agostina Petrucci

ARQUATA DEL TRONTO – «È una gioia celebrare insieme la festa dell’Immacolata Concezione e vivere questo momento come comunità di credenti. Maria è un segno che Dio ci ha posto davanti. È un segno di consolazione e di sicura speranza. Il senso di questa espressione significa che quello che avviene in Maria, quello che Dio realizza in Lei, non è un privilegio che Dio fa a Lei, a Lei soltanto, bensì diventa un segno per ciascuno di noi».

È con queste parole che mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle due Diocesi del Piceno, ha iniziato la sua omelia durante la Celebrazione Eucaristica da lui presieduta Sabato 7 Dicembre 2024, alle ore 17:00, presso la cappella delle Suore Figlie della Santissima Vergine Immacolata di Lourdes nella frazione Borgo di Arquata del Tronto. La Messa è stata concelebrata dal parroco don Emanuel Chemo, da Madre Maria di Gesù, da Suor Gennarina e Suor Ana Luisa e dai fedeli riuniti in occasione della festività dell’Immacolata Concezione, dogma proclamato proprio 170 anni fa, l’8 Dicembre del 1854, da papa Pio IX con la costituzione apostolica “Ineffabilis Dues“.

Mons. Palmieri ha proseguito la sua omelia commentando la Prima Lettura tratta dal Libro della Genesi (Gen 3, 9-15.20) e sottolineando come Maria non abbia mai sperimentato il peccato: «Oggi ci viene detto dalla liturgia che Maria è talmente tanto trasfigurata dalla grazia di Dio, cioè dalla potenza dello Spirito, che nella sua vita non ha sperimentato il peccato. Questo non significa che Maria non abbia sperimentato le fragilità, le cadute umane, come l’incapacità di capire o di realizzare, o che non abbia vissuto momenti di tristezza o di affaticamento. Tutto questo fa parte della vita umana. Maria non ha sperimentato il peccato, nel senso che non ha sperimentato quel fuggire da Dio di cui si parla nella Prima Lettura. Quando nella prima pagina della Bibbia, infatti, viene presentata l’esperienza del peccato, essa viene descritta come una pretesa umana assurda, ovvero prendere del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, che, nel linguaggio della Bibbia, significa sapere tutto. Conoscere tutto il bene e conoscere tutto il male non è alla portata dell’uomo; l’uomo, invece, pretende di capire tutto, di avere sempre ragione, di non avere bisogno di nessuno, né di Dio né degli altri. È un illuso! Un uomo che pretendesse di essere davvero così, sarebbe addirittura da compatire per quanto ridicolo! Eppure l’uomo va avanti come un treno per quello che ha deciso di fare, senza ascoltare né Dio né gli altri e senza ascoltare nemmeno quello che dice il profondo della sua coscienza. Va lì per la sua strada, spacca tutto, non c’è niente da fare, va dritto per il suo scopo, convinto di sapere tutto. Questa presunzione è la radice del peccato. Ma, quando poi sperimenti che hai sbagliato tutto, che hai rovinato la tua vita e quella degli altri, quando ti rendi conto che ti sei contraddetto rispetto a tutto quello che pensi e speri per la tua vita, quando hai sperimentato il peccato, allora vuoi fuggire da Dio, come nel racconto della Genesi. L’uomo si nasconde, perché adesso viene fuori chi è veramente. Prima si illudeva, adesso invece è nudo, senza illusioni, è in questa fragilità, in questo peccato, in questa contraddittorietà, in questa ambiguità. Eppure Dio lo va a cercare. È il segno dell’amore di Dio chiedermi: “Dove sei?”. E anche tutto ciò che viene poi nella storia umana, di fatica e di dolore, serve a riportarmi a me stesso, a chi sono davvero, e a Dio, senza fuggire da Lui. Maria non ha sperimentato il peccato. Con il dono di Dio, con la grazia di Dio, non è fuggita, è stata una creatura luminosa, perché semplice, ovvero senza pieghe. Una donna che non ha avuto ombre o ambiguità nel cuore. Maria è una donna che è stata sempre trasparente. Una donna che, proprio perché è stata così, è diventata grembo per Dio».

Commentando poi la Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesìni (Ef 1, 3-6.11-12), il vescovo Gianpiero ha spiegato in che modo Maria sia un esempio per tutti noi: «Il nostro scopo nel mondo, la nostra missione di discepoli di Gesù è portare Cristo nel mondo, collaborare per il Regno di Dio. Questo non ci chiama a chissà quali imprese, bensì è nell’ordinarietà della vita, che è fatta di relazioni familiari, del paese, della città, della comunità cristiana. È infatti nella comunità cristiana che siamo chiamati a realizzare il Regno di Dio e a far nascere Cristo nel mondo.
Maria, proprio perché ha dato questa disponibilità totale a Dio, fa nascere Cristo nel mondo persino in maniera fisica. Noi, invece, siamo chiamati a farlo con la nostra vita, a far nascere Cristo nel mondo, a diffondere nel mondo il buon profumo del Vangelo. Maria è diventata addirittura il tempio di Dio e in questo è davvero l’immagine della Chiesa!
Maria è santa ed immacolata, ma il bello è che San Paolo, nella Seconda Lettura, ci dice che anche noi siamo chiamati a diventare “santi ed immacolati di fronte a Lui nella carità”. Che significa nella carità? Che noi non siamo così bravi a non toccare macchia alcuna di peccato, ma possiamo vivere la nostra vita nell’amore, nell’amore ricevuto e nell’amore donato. Così possiamo avere la nostra via di carità, di santità, di immacolatezza, non perché non ci macchiamo mai, ma perché ogni macchia poi viene assorbita in un vestito bello, che è quello dell’Amore, dove i nostri errori, benché siano gravi, non ci vengono rimproverati, perché sono serviti a riportarci a Dio, a scoprire o riscoprire il suo amore, il suo perdono e ad essere capaci di rivelarlo agli altri. Viene da chiederci. “Ma io? Proprio io? Con tutti questi peccati?”. La risposta è: “Sì, proprio tu, con tutti i tuoi peccati, che ti hanno spinto a metterti davanti al Signore, davanti al suo grande Amore!”».

La Messa celebrata dal vescovo Palmieri ad Arquata del Tronto è stata anche l’occasione per annunciare ai presenti che la cappella delle Suore Figlie della Santissima Vergine Immacolata di Lourdes è stata scelta come uno dei nove luoghi del perdono delle due Diocesi del Piceno per il Giubileo 2025: «A breve inizierà il Giubileo. Sapete anche che non possiamo aprire la Porta Santa né nella Cattedrale di Ascoli né in quella di San Benedetto, ma si apriranno solo quelle di Roma. Tuttavia il papa Francesco ha detto che ogni Diocesi potrà realizzare alcuni luoghi del perdono, in cui le persone potranno ricevere l’indulgenza di Dio, vivendo tre momenti significativi: la Confessione, magari in una liturgia penitenziale comunitaria; la professione di fede e la memoria del Battesimo, con il gesto dell’acqua e del segno della croce, ricordando la propria dignità di figlio di Dio, dono di Dio; infine un atto di carità. Accogliendo l’invito del pontefice, abbiamo pensato di istituire nove luoghi del perdono in tutto, uno per ogni Vicaria, quindi cinque nella Diocesi di San Benedetto – Ripatransone – Montalto e quattro nella Diocesi di Ascoli Piceno. Come sacerdoti, abbiamo pensato che proprio questa cappella possa diventare un luogo del perdono. Del resto già lo è ad Agosto, quando viviamo il perdono di Assisi, quindi può diventarlo per tutto l’anno del Giubileo».

Riferendosi infine al crocifisso ligneo del XIII secolo, il più antico delle Marche, dedicato al Santissimo Salvatore, patrono di Arquata del Tronto, mons. Palmieri ha concluso: «Questo crocifisso con le braccia spalancate, che rappresenta l’Amore di Dio, potrà accogliere chiunque vorrà venire per ricevere il perdono di Dio, quindi per ricevere l’indulgenza e tornare a casa con un’esperienza più forte dell’Amore di Dio. Che la Madonna ci accompagni in questo cammino!».

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