“Tra il 2013 e il 2024 38 leader di popolazioni indigene sono stati eliminati, e ci sono stati 500 casi di denunce di bambini indigene abusate”. A fornire il dato è stato il card. Carlos Castillo Mattasoglio, arcivescovo di Lima, intervenuto alla presentazione della campagna “La vita è appesa a un filo”, in sala stampa vaticana. Descrivendo la situazione del Perù, ha parlato di una “situazione generalizzata di violenza. Sono entrate le mafie non soltanto nelle miniere, ma anche nella città per catturare piccoli guadagni attraverso un’estorsione generalizzata in tutta Lima e nelle grandi città del Perù, dove si ammazzano 8 persone al giorno”.

“Tutta la vita della gente è appesa a un filo”, ha testimoniato il cardinale, secondo il quale “abbiamo bisogno di ripensare, riordinare, fortificare la democrazia, che non si potrò rafforzare se non si amplia, se non facciamo democrazia a tutti i livelli”. “Tornare ai movimenti popolari”, la proposta del relatore: “la Chiesa non può tralasciare di animare, ispirare, accompagnare le iniziative di base che ci sono nel mondo. Ci sono tantissime forme di risposta, la gente non è quieta, sta organizzandosi ma è molto scoraggiata, perché molti politici giocano alla politica e dimenticano il senso e il valore della libertà”. In un tempo “di guerre e di liti assurde”, la Chiesa – ha concluso il cardinale – “ha un ruolo fondamentale nell’ aprire lo spazio della tenda e cercare di entrare in un atteggiamento diverso da quello sviluppato dopo la globalizzazione. Quella ventilata dall’intelligenza artificiale è simile alla società totale che volevano i comunisti e i fascisti: dobbiamo cercare di rieducare la popolazione del mondo, sviluppando sviluppare forme sinodali di Chiesa a servizio della storia difficile che stiamo vivendo”. In una parola: “tradurre il Vangelo nella lingua di chi parla il male”.

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