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Papa Francesco: “Il Signore ci dia la grazia della pace nel mondo”

(Foto Vatican Media/SIR)

M.Michela Nicolais

“Preghiamo per la pace”. È l’appello di Papa Francesco, al termine dell’udienza di oggi, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana. “Non dimentichiamo la gente che soffre per la guerra”, ha proseguito il Papa: “La Palestina, Israele e tutti coloro che stanno soffrendo: Ucraina, Myanmar. Non dimentichiamo di pregare per la pace, perché finiscano le guerre. Chiediamo al principe della pace, al Signore, che ci dia questa grazia: la pace, la pace nel mondo. La guerra, non dimentichiamolo, sempre è una sconfitta, sempre”. Tra gli auspici per il Natale: che ci sia un presepe nelle nostre case e che gli anziani non siano lasciati soli. In Aula Paolo VI, il Santo Padre ha iniziato oggi un nuovo ciclo di catechesi, che si svolgerà lungo l’interno anno giubilare, sul tema: “Gesù Cristo nostro speranza”. Il punto di partenza: la genealogia di Gesù, che – ha spiegato il Papa – “è costituita dalla storia vera, dove sono presenti alcuni nomi a dir poco problematici e si sottolinea il peccato del re Davide. Tutto, comunque, finisce e fiorisce in Maria e in Cristo”.

Nella genealogia di Gesù, per Francesco, “appare la verità della vita umana che passa da una generazione all’altra consegnando tre cose: un nome che racchiude un’identità e una missione uniche; l’appartenenza a una famiglia e a un popolo; e infine l’adesione di fede al Dio d’Israele”.

“I Vangeli dell’infanzia raccontano il concepimento verginale di Gesù e la sua nascita dal grembo di Maria”, ha ricordato il Papa: “richiamano le profezie messianiche che in lui si compiono e parlano della paternità legale di Giuseppe, che innesta il Figlio di Dio sul tronco della dinastia davidica. Ci è presentato Gesù neonato, bambino e adolescente, sottomesso ai suoi genitori e, nello stesso tempo, consapevole di essere tutto dedito al Padre e al suo Regno”. “La differenza tra i due evangelisti – ha osservato – è che mentre Luca racconta gli eventi con gli occhi di Maria, Matteo lo fa con quelli di Giuseppe, insistendo su una paternità così inedita. Matteo apre il suo Vangelo e l’intero canone neotestamentario con la genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Si tratta di una lista di nomi già presente nelle Scritture ebraiche, per mostrare la verità della storia e la verità della vita umana”.

“Gesù è figlio di Davide, innestato da Giuseppe in quella dinastia e destinato ad essere il Messia d’Israele, ma è anche figlio di Abramo e di donne straniere, destinato quindi ad essere la luce delle genti”,

ha detto Francesco. “Nessuno si dà la vita da se stesso, ma la riceve in dono dagli altri”, ha commentato. “Diversamente però dalle genealogie dell’Antico Testamento, dove appaiono solo nomi maschili, perché in Israele è il padre a imporre il nome al figlio, nella lista di Matteo tra gli antenati di Gesù compaiono anche le donne”, ha sottolineato il Papa: “Ne troviamo cinque: Tamar, la nuora di Giuda che, rimasta vedova, si finge prostituta per assicurare una discendenza a suo marito; Racab, la prostituta di Gerico che permette agli esploratori ebrei di entrare nella terra promessa e conquistarla; Rut, la moabita che, nel libro omonimo, resta fedele alla suocera, se ne prende cura e diventerà la bisnonna del re Davide; Betsabea, con cui Davide commette adulterio e, dopo aver fatto uccidere il marito, genera Salomone; e infine Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, della casa di Davide: da lei nasce il Messia, Gesù”. “Le prime quattro donne sono accomunate non dal fatto di essere peccatrici, come a volte si dice, ma di essere straniere rispetto al popolo d’Israele”, ha puntualizzato Francesco: “Ciò che Matteo fa emergere è che, come ha scritto Benedetto XVI, ‘per il loro tramite entra nella genealogia di Gesù il mondo delle genti – si rende visibile la sua missione verso ebrei e pagani’”. “Mentre le quattro donne precedenti sono menzionate accanto all’uomo che è nato da loro o a colui che l’ha generato, Maria, invece, acquista particolare risalto”, ha concluso il Papa: “Segna un nuovo inizio, è lei stessa un nuovo inizio, perché nella sua vicenda non è più la creatura umana protagonista della generazione, ma Dio stesso”.