Ferruccio Ferrante
“Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo…Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore”. Il 29 novembre 2015 papa Francesco dava così avvio al Giubileo della Misericordia aprendo la Porta Santa della Cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Un appello alla pace che oggi, all’inizio del nuovo Giubileo, in un contesto di crisi globali simultanee, risuona ancora con forza e drammaticamente attuale.
Così come è forte e decisa la voce di Suor Elvira Tutolo, delle Figlie della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, quando parla dei bambini e dei ragazzi che da 25 anni accompagna, prima a Berberati e ora a Bangui, e che ricorda bene quel momento.
“Dal Giubileo della misericordia passiamo a quello della speranza che prenderà avvio il 24 dicembre 2024, quando papa Francesco aprirà la Porta Santa della Basilica di San Pietro. Il senso è lo stesso: l’Amore del Signore ci aiuta a vivere la speranza. Nella Repubblica Centrafricana cerco di dare prospettive di futuro a tanti bambini e ragazzi che vivono ai margini. Ricordo ancora la prima sera che con un gruppetto di volontari siamo usciti con le torce – ancora oggi non c’è energia elettrica – e ho fatto i primi incontri con tanti ragazzi che vivono di espedienti in strada, vittime o autori di violenze. Poi ci siamo resi conto che ce n’erano molti anche in carcere. Così, grazie all’aiuto della Chiesa italiana, abbiamo avviato un centro di accoglienza dove poter offrire a questi minori alternative alla reclusione o alla strada. I ragazzi vengono affidati alle cure di coppie che si occupano di loro, o ricevono nel centro una formazione che gli consente di avviare piccole attività e li aiuta a rendersi indipendenti. Sia i ragazzi, sia le famiglie, si chiamano “Kizito”, dal nome del più piccolo dei martiri ugandesi che aveva rifiutato di abiurare la religione cristiana”.
Dopo una breve sosta di ricarica in Italia, suor Elvira non vede l’ora di tornare da loro. “Sogniamo di aprire per questi ragazzi anche a Bangui una casa di accoglienza che sia alternativa al carcere e segno di speranza, come ha chiesto papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo”.
In base a uno studio commissionato dall’Onu sarebbero oltre sette milioni i minori che vivono in centri di detenzione per profughi, in luoghi di custodia come commissariati, in prigioni o altri luoghi di reclusione. A questo si aggiunge, sempre per i più piccoli, la piaga dei bambini di strada, che diventano facilmente vittime della tratta di esseri umani. Un fenomeno difficilmente stimabile ma in continua crescita.
Come denunciato recentemente dall’Unicef proprio la Repubblica Centrafricana è al primo posto tra i Paesi più a rischio di crisi umanitarie e disastri e i tre milioni di ragazze e ragazzi che vivono lì pagano un altissimo prezzo. Un bambino su due non ha accesso ai servizi sanitari e solo il 37% frequenta regolarmente la scuola.
Con gli occhi che brillano suor Elvira riprende a parlare dei “suoi” bambini. Ci racconta di Prince che incontrò anni fa in condizioni pietose, con i piedi gonfi. Lo zio con cui viveva lo accusava di essere uno stregone e diceva che la sua malattia era la giusta punizione. In realtà aveva un grave problema renale. Con caparbietà, vincendo non poche resistenze, ma senza mai scoraggiarsi, suor Elvira è riuscita a farlo trasportare da Berberati a Bangui dove è stato curato. “Ha fatto tre anni di sociologia e ora – ci dice con orgoglio – è giornalista sportivo e fa le dirette per una radio locale. Si è anche fidanzato e continuiamo ad accompagnarlo nel suo percorso di fede e di vita”. Poi si interrompe, prende il cellulare, mostra un messaggio di un’altra delle sue ragazze, ed esclama “Che gioia! Ecco gli esiti degli esami del terzo anno in scienze infermieristiche di Divina: è risultata prima in un gruppo di 120 studenti! Anche lei viene da una storia difficile, di continui abusi e violenze e da piccola è stata accolta nel centro di Berberati. Man mano che cresceva ripeteva sempre che voleva aiutare gli altri e adesso ha anche le competenze per farlo e restituire un po’ dell’amore che ha ricevuto”.
Sono questi i frutti non di un miracolo dall’alto, ma di un lavoro dal basso, come quello del contadino che osa sperare nel raccolto perché ha fiducia nel seme e nel terreno. Un lavoro costante, spesso nascosto, che la Chiesa italiana continua a fare in ogni angolo del mondo. Solo dall’inizio di questo anno, grazie ai fondi dell’8xmille, ha sostenuto 451 progetti in 66 Paesi per oltre 81 milioni di euro a favore di coloro che sono più deboli e più poveri, i “piccoli” nel linguaggio biblico. Risorse finanziarie alle quali si aggiunge il valore che fa la differenza: le risorse umane. La fede si rigenera ogni volta proprio nell’incontro con le tante suor Elvira e con i percorsi di vita di molte persone come Prince e come Divina. È questa l’unica strada possibile se vogliamo rimanere chiesa: scoprire e frequentare i volti della speranza presenti nelle nostre comunità. Sono nascosti, ma sono tantissimi, testimoni di una speranza che, come sottolinea il Papa, ci invita “a donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo”.
L’impegno della Chiesa italiana
Purtroppo la Repubblica Centrafricana continua a pagare il prezzo di oltre un decennio di conflitto prolungato e instabilità. Nell’ottobre 2021 l’attuale presidente, Faustin Archange Touadéra, ha dichiarato un cessate-il-fuoco unilaterale con l’obiettivo di favorire il dialogo nazionale, ma in molte zone del Paese — che è ricco di diamanti, uranio e oro — continuano gli attacchi delle varie milizie e gruppi di ribelli. Secondo le Nazioni Unite, le violenze hanno causato più di mezzo milione di sfollati e oggi 3,4 milioni di persone, il 56% della popolazione, hanno bisogno di assistenza umanitaria. In questo contesto negli ultimi 10 anni, grazie ai fondi dell’8xmille e all’impegno di tanti sacerdoti, suore, operatori e volontari locali, la Chiesa italiana ha sostenuto 44 progetti per un importo totale di quasi 12 milioni di euro in ambito sanitario, agricolo ed educativo. Un modo per rilanciare nel concreto all’inizio di questo Anno Santo le parole di papa Francesco a Bangui nel 2015: un accorato appello alla pace, a superare “diffidenza”, “violenza” e istinto di “distruzione” per essere artigiani “del rinnovamento umano e spirituale” del Paese. “Doyé Siriri!”, che in lingua locale vuol dire “Tutti insieme”.