ASCOLI PICENO – Un’autentica festa nella festa, alle porte del Natale, che arriva come un segnale di rinnovata speranza in vista dell’anno giubilare.
È quanto accaduto nella mattinata di domenica 22 dicembre nella chiesa di San Giacomo della Marca ad Ascoli, nel quartiere di Porta Cappuccina, che per l’occasione, alla presenza del Vescovo Gianpiero Palmieri, ha riaperto ufficialmente i battenti dopo 7 mesi di lavori.
Una lunga attesa per la quale parrocchiane e parrocchiani sono stati ampiamente ripagati, come confermato dall’entusiasmo e dall’emozione che hanno caratterizzato una cerimonia di inaugurazione particolarmente partecipata. A partire dalle 10,15, la comunità cristiana locale si è ritrovata nel piazzale della chiesa, dove per l’occasione una delegazione di musici e sbandieratori del sestiere di Porta Solestà ha omaggiato la riapertura della chiesa del quartiere con un’esibizione a forti tinte quintanare, sottolineando l’indissolubile rapporto tra la parrocchia e il tessuto sociale di Porta Cappuccina.
In attesa di concludere le operazioni anche all’esterno e di smantellare una volta per tutte le impalcature, dopo il taglio del nastro a cura del sindaco Marco Fioravanti i fedeli hanno finalmente potuto riprendere il proprio posto tra i banchi, ammirando il frutto del lavoro svolto in questi mesi di chiusura forzata.
Come evidenziato dai progettisti e dai responsabili dell’azienda incaricata, il motivo della ristrutturazione finanziata dalla Cei e dalla parrocchia è da ricercare nell’inagibilità legata alle criticità riscontrate sul tetto della chiesa, con la presenza di pannelli in eternit che hanno richiesto un tempestivo intervento per garantire le indispensabili condizioni di sicurezza ai frequentatori di uno dei punti di riferimento del quartiere.
A colpire i presenti, in particolare, sono state le nuove vetrate della chiesa, culmine di un percorso in cui la sapienza artigianale si sposa con i principali riferimenti architettonici e religiosi dell’edificio. Le vetrate, infatti, non contemplano esclusivamente elementi artistici, bensì instaurano un vero e proprio dialogo con il fedele attraverso un linguaggio visivo in grado di coniugare al meglio sacralità e modernità.
Se da un lato il colore azzurro richiama l’acqua e il cielo invitando alla purificazione, dall’altro il progressivo avvicinamento all’altare porta i colori ad assumere la scala del rosso, simboleggiano la passione e resurrezione di Cristo in un itinerario teologico che accompagna il fedele nella sua crescita spirituale. Immancabile, poi, il richiamo a San Giacomo della Marca nelle monofore.
«Siete contenti di questo risultato? – chiede il Vescovo Gianpiero ai parrocchiani nell’iniziare la sua omelia, ricevendo in risposta un grande sì – Quando la comunità si riunisce si sente a casa, in famiglia. Man mano che si vive in un luogo, iniziamo ad apprezzarne ogni particolare. Questa chiesa è rivolta verso l’alto, ci spinge a pensare a Dio, e al tempo stesso siamo posti verso Gesù».
Il Vescovo si sofferma poi sul passo del Vangelo dedicato all’incontro tra Maria ed Elisabetta e alla loro “danza” di gioia. «Entrambe aspettano un bambino e sono piene di felicità, il motivo è il bambino che è nel grembo di Maria. La traduzione corretta, peraltro, è “danzò”, non “sussultò”: Giovanni Battista danzò nel grembo di Elisabetta – spiega monsignor Palmieri, evidenziando un parallelismo tra la danza di Davide nel portare l’arca a Gerusalemme e l’arca dell’alleanza rappresentata da Maria, che porta Dio – Elisabetta e Maria si mettono insieme a cantare il Magnificat e a danzare per Gesù: è venuto il figlio di Dio nel mondo e la storia è cambiata.
La vita veramente felice è vissuta chi si fa discepolo e si mette a danzare di gioia come Maria ed Elisabetta. Quand’è stata l’ultima volta in cui avete danzato di gioia? Noi adulti siamo troppo appesantiti e pieni di preoccupazioni. Quando smettiamo di danzare di gioia c’è qualcosa che non va, qualcosa che si è guastato dentro di noi
Il Signore ci dice di ascoltare la sua parola, che la disperazione può essere superata, perché Dio che cammina con noi è motivo di speranza. Non c’è tristezza che non possa essere vinta alla luce del Vangelo. È quello che vuole dirci il Giubileo che inizierà domenica prossima, dedicato alla Speranza.
Chiediamo al Signore che ci restituisca l’agilità nel corpo e la gioia nel cuore, e che questo luogo diventi per voi sempre più caro per le danze che ci fate dentro».
Una chiesa piena, colma di gioia e pronta a “danzare” nuovamente è indubbiamente il miglior modo per inaugurare una nuova tappa del cammino della parrocchia di San Giacomo della Marca, che in occasione del ritorno nella propria chiesa ha scelto di celebrare un altro grande traguardo per la comunità locale e, in particolare, per don Carlo Lupi.
Qualche settimana fa, infatti, il parroco venarottese ha festeggiato i suoi primi 50 anni di sacerdozio, celebrando l’importante ricorrenza nella chiesa di San Pietro Martire, dove nel 1974 fu ordinato sacerdote. Una grande gioia per i suoi parrocchiani, che nell’ambito della celebrazione presieduta da monsignor Gianpiero hanno voluto festeggiare nuovamente don Carlo con un toccante omaggio a cui si sono unite anche le parrocchie di Folignano, dove il sacerdote di Venarotta ha svolto il suo servizio per 20 anni, e di Pito, Pozza e Umito, frazioni di Acquasanta guidate da un giovanissimo don Carlo.
Come ricordato dal Vescovo Gianpiero, con la sua presenza premurosa e paterna don Carlo Lupi ha rappresentato l’anima della riqualificazione della chiesa di San Giacomo della Marca, accompagnando e sostenendo la sua comunità in un momento tutt’altro che semplice.
«Carissimo don Carlo, oggi è una giornata di grande festa per la nostra comunità parrocchiale, non solo per la riapertura della chiesa, ma anche per un traguardo straordinario – afferma una giovane in rappresentanza della comunità parrocchiale – È l’occasione ideale per riflettere sulla tua instancabile dedizione e sull’impronta che hai lasciato nella nostra comunità. Qui nella nostra parrocchia hai aggiunto un altro importante capitolo al tuo percorso sacerdotale. Il tuo sacerdozio è stato segnato da un’instancabile cura delle anime, compiendo imprese che sembravano irraggiungibili. Siamo grati per la tua guida spirituale e il tuo cuore generoso che in 50 anni ha accompagnato la vita di tutti noi».
«Lo abbiamo conosciuto e apprezzato per la sua profonda umanità, la sua disponibilità all’ascolto, la sua inclusività e la sua profonda spiritualità. Ha saputo ricreare spirito di comunione e comunità nel nostro territorio, con capacità organizzativa e grande lungimiranza» ha ricordato un ex parrocchiano di Folignano, mentre la delegazione di Pito, Pozza e Umita ha voluto omaggiare don Carlo e il Vescovo Gianpiero con delle opere artistiche commemorative di una giornata davvero molto speciale.
«Ringrazio tutti coloro che hanno usato parole troppo grandi e forse non adatte per me – afferma don Carlo, con grande umiltà – Per un parroco, questo anniversario è la festa di tutte le comunità in cui ha esercitato il suo sacerdozio.
La mia vocazione è maturata in una spiritualità che pone alla base la vita di comunione, e in tutte le mie attività pastorali ho sempre cercato di trasmettere questi valori. Il mio ringraziamento va al Vescovo per la sua accoglienza e l’incoraggiamento che mi ha sempre manifestato. Ringrazio anche il presbiterio della Diocesi, che ha rappresentato la mia famiglia, e la comunità di San Giacomo della Marca, con cui in pochi anni abbiamo già concretizzato molte cose e molte altre dovremo realizzarne nei prossimi anni. Ringrazio, infine, i miei familiari, che mi hanno sempre affiancato. Porto ciascuno di voi nel mio cuore: finché Dio mi darà la forza spero di continuare a prestare il mio servizio come posso, ma sempre per il bene della comunità e di tutti voi».
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