(Foto Lpj.org)

“La pace parla, ma nessuno o pochi la ascoltano”: lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, celebrando oggi a Gerusalemme la Solennità di Maria Madre di Dio e la Giornata mondiale della pace. Nell’omelia, il patriarca ha esortato a “pregare per la pace in Terra Santa, dove sono tante le generazioni che si sono susseguite l’una dopo l’altra senza averla conosciuta”, riconoscendo che “ora siamo in uno dei momenti peggiori, riguardo a prospettive possibili di pace. Mai come in questo momento le istituzioni politiche e anche religiose, noi compresi, hanno mostrato la loro debolezza. L’attesa di soluzioni giuste e vere di pace per i popoli di questa Terra sembra essere continuamente frustrata dagli eventi, che parlano invece del contrario”.

Da qui l’invito a “guardare in alto” in questo tempo “così difficile e in questa nostra terra così ferita. Guardare per accogliere il dono che Dio ha fatto all’umanità, Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo”. Il cardinale ha espresso la convinzione che “la pace, quella vera che oggi invochiamo con forza particolare, nasce innanzitutto da questo decidersi di ascoltare quella parola che Dio ci dice, di andare a vedere, cioè ad accogliere, quel Gesù e farsene discepoli”. Dunque, “ascoltare senza indugio, perché la pace parla, ma nessuno o pochi la ascoltano. La pace, infatti, parla un linguaggio comprensibile solo da chi senza indugio decide di andarla a ‘vedere’, come i pastori. La pace si lascia trovare solo da chi è disposto a fare spazio a ciò che il Signore ci fa conoscere e non segue solo i propri pensieri e le proprie voglie di potere”. Per il patriarca, “oggi in questa nostra terra, così segnata da tanto odio, ci sono ancora tante persone che desiderano e si impegnano per la pace”. Bisogna “essere disposti a cercarle, a realizzare con esse contesti di vita diversi, senza temere le opinioni altrui, senza temere le inevitabili incomprensioni”. In questo anno giubilare e, “più in generale, in tutta la nostra vita personale, sociale e anche ecclesiale, noi dovremo passare dal conoscere al riconoscere. Trovare Gesù è camminare sulla sua via, è prendere su di noi la sua croce, cioè il suo modo di agire e di amare”. “La pace vera – ha ribadito Pizzaballa – è un dono ma anche un compito paziente, faticoso, fatto di rinuncia al proprio egoismo e alle proprie pretese, per entrare nella logica del Regno. Senza questa disponibilità a farsi discepoli di Cristo, saremo capaci forse di tregue e di compromessi, ma non sperimenteremo la pace vera”. Ne discende il contributo “più vero che noi cristiani possiamo e dobbiamo dare alla causa della pace: ricordare a tutti che la pace non sarà mai semplicemente il frutto di accordi umani. Abbiamo visto quale efficacia hanno questi accordi. Essa invece verrà sempre dal ‘di più’ dell’amore, quello vero che è la pienezza (e non il contrario) della giustizia, e che, si riconosca o meno, ha per noi il volto e il nome di Gesù, nato, morto e risorto per noi”.

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