Antisemitismo: mons. Spreafico (Frosinone-Anagni), “sarebbe un gravissimo errore se non manteniamo i fili che ci legano agli altri”

“Vedo oggi in persone che in passato avevano un atteggiamento di normalità nella relazione con il mondo ebraico, una difficoltà a pensare allo stesso modo. Per questo credo sia ancor più necessario mantenere i legami.

Se i tempi sono difficili, sarebbe un gravissimo errore se noi non manteniamo i fili che ci legano agli altri e direi in questo caso al mondo ebraico che vive con noi, nelle nostre città, da Bologna a Torino a Roma”. È quanto afferma mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e Anagni, in un’intervista al Sir che uscirà nei prossimi giorni sulla Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che si celebra il 17 gennaio su iniziativa della Cei. Il vescovo si riferisce al rigurgito di antisemitismo che scuote l’Europa e l’Italia, citando l’ultimo attacco alla sinagoga di Bologna avvenuto domenica scorsa. “Il dialogo è l’antidoto perché il dialogo è la via alla pace e alla convivenza. Se noi non ci parliamo, come facciamo a conoscere il pensiero, la vita, i sentimenti e le speranze dell’altro?”, spiega mons. Spreafico. “Ciò che manca oggi alla nostra società, non solo nel rapporto tra cattolici ed ebrei, è il dialogo. Oggi non ci si parla, non si ascoltano i giovani, non si ascoltano i vecchi, non ci si ascolta tra di noi. Ci sono troppi io che camminano da soli e quindi il mondo peggiora perché nella solitudine dell’io si diventa nemici e le distanze si allungano. Questa è la tragica realtà in cui viviamo”. Sulla violenza di radice antisemita che si sta verificando anche in Italia, il vescovo confida: “Non sono preoccupato, sono molto preoccupato”, aggiungendo: “L’antisemitismo è lo specchio di un mondo violento che considera l’altro “altro” e non parte di sé stesso. L’ebreo, purtroppo, anche nella storia del cristianesimo, è rimasto come “altro”, nonostante il magistero del dopo Concilio della Chiesa. E quando c’è bisogno di un capro espiatorio su cui riversare la propria insoddisfazione sociale, politica, economica, emerge sempre purtroppo la figura di qualcuno da considerare nemico”.

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