Il 9 gennaio è entrata in vigore la nuova Ratio nationalis per la formazione dei futuri presbiteri nei seminari del nostro Paese, promulgata dalla Conferenza episcopale italiana a seguito di un lungo lavoro di studio e di approfondimento durato quasi otto anni dopo la pubblicazione, nel 2016, per la Chiesa universale della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis.
“La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari”, spiega in un’intervista a Portalecce, il portale dell’arcidiocesi di Lecce, don Gianni Caliandro, rettore del Seminario regionale pugliese di Molfetta, “è un documento dei vescovi italiani, che hanno recepito le indicazioni della Santa Sede applicandole più da vicino alla situazione italiana, e fornendo a tutti i seminari del Paese una serie di orientamenti e di norme che possano costituire il riferimento magisteriale e l’ispirazione per la stesura dei progetti formativi di ciascuna comunità seminariale italiana. Possiamo dire che questi due documenti sono la manifestazione di come la Chiesa voglia da un lato tenere insieme prospettive educative generali comuni, e dall’altro una concreta attenzione al contesto e alle tradizioni delle Chiese locali”.
Rispetto alle direttrici su cui si muove la Ratio nationalis, don Caliandro evidenzia che “la prima direttrice è quella di rendere concreta la visione di una formazione unica, integrale, comunitaria e missionaria, così come è stata proposta nel 2016 dalla ‘Ratio fundamentalis’. Si tratta di creare un’armonia integrata tra le dimensioni indispensabili ad un cammino formativo efficace (la dimensione umana, insieme a quella spirituale, culturale e pastorale), dando loro una più decisa prospettiva missionaria, vista la crescente scristianizzazione della società italiana”. La seconda linea guida del documento dei vescovi italiani appena promulgato è “quella di una formazione sinodale, in cui i giovani che si preparano al ministero ordinato sappiano apprezzare e valorizzare le altre vocazioni, sentirsi parte di un popolo accomunato dall’identità battesimale, sempre più capaci di un esercizio della funzione di guida che riconosca la ricchezza e il contributo di tutti, e si tengano lontani da ogni rischio di clericalismo e di autoritarismo”.
All’interno della “Ratio nationalis”, chiarisce don Caliandro, “vengono indicati con precisione alcuni elementi che possono costituire il punto di partenza – le condizioni di possibilità, potremmo dire – per iniziare un cammino: una esperienza viva di fede, una personalità sufficientemente sana ed equilibrata dal punto di vista umano e relazionale, una vera passione apostolica e missionaria, una preparazione culturale di base che permetta poi lo studio della filosofia e della teologia, e un almeno iniziale orientamento alla vita celibataria”. Naturalmente “il discernimento deve verificare la presenza di questi elementi considerandoli come germi iniziali da sviluppare ed accompagnare, non come esiti già compiuti e radicati nella persona”.
Quale prete “disegna” la Ratio nationalis per le Chiese che sono in Italia? “Si tratta di concepire il ministero dei preti davvero come quello di missionari esploratori che devono imparare ad avventurarsi nelle grandi novità che questo tempo presenta, tenendo ferma la loro identità di discepoli del Signore. Sarà infatti il legame personale con Cristo che li aiuterà a non perdersi e a non fare di questa esplorazione un naufragio, trovando contemporaneamente proprio in Lui il coraggio di avanzare per un terreno che spesso non è del tutto conosciuto, perché in continuo cambiamento. Il cuore fermo, nel legame con Cristo, e la sensibilità aperta e disponibile verso tutti”.

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