RIPATRANSONE – Si svolgerà oggi, 22 Gennaio 2025, alle ore 15.00, presso il Teatro Mercantini in Ripatransone, un importante evento dedicato al tema del credito cooperativo e alla sua rilevanza come motore di sviluppo per le comunità locali. L’appuntamento, che rappresenterà un’occasione unica di confronto tra professionisti, accademici e cittadini interessati, è stato organizzato dalla Banca di Ripatransone e del Fermano, in occasione dei 120 anni dalla sua fondazione, un anniversario che ricade proprio nella giornata odierna.
Abbiamo incontrato il dott. Vito Verdecchia, Direttore Generale della Banca di Ripatransone e del Fermano, per farci raccontare in breve i tratti salienti di questi 120 anni di storia, una storia che non è solo della Banca da lui diretta, ma anche del territorio ripano e limitrofo.
Quella che oggi chiamiamo Banca di Ripatransone e del Fermano all’inizio si chiamava Cassa Rurale ed Operaia di Ripatransone. Quando e come nacque?
Prima di tutto vorrei precisare che la storia della nostra Banca è documentata nel libro “Vicende ripane“, la cui ultima edizione è del 2005, scritto dal compianto Maestro Alfredo Rossi, che è stato anche il mio Maestro alla Scuola Elementare.
La prima Cassa Rurale in Italia fu fondata nel 1883 a Loreggia, in provincia di Padova, per opera di un giovane di appena 24 anni, Leone Wollemborg, figlio di una ricca famiglia ebrea di proprietari terrieri e studente modello che si era laureato in Giurisprudenza ad appena 18 anni, distinguendosi per le sue spiccate doti culturali e di intraprendenza. Questo pioniere del credito cooperativo era un seguace di Friedrich Wilhelm Raiffeisen, il quale in Germania aveva dato inizio al Movimento Cooperativo. Wollemborg volle replicare il modello tedesco in Italia con l’esperienza di Loreggia.
Qualche anno più tardi, nel 1891, un nuovo e grande impulso alla cooperazione giunse dall’enciclica “Rerum Novarum” di papa Leone XIII. Il titolo – “Delle cose nuove” – era già un programma: il Pontefice, infatti, aveva scritto un documento un po’ in discontinuità rispetto al passato, attraverso il quale dava indicazioni su come la Chiesa avrebbe dovuto affrontare temi sociali importanti nel nuovo secolo che stava arrivando. Quell’enciclica, che ancora oggi è considerata uno dei capisaldi della Dottrina Sociale della Chiesa, sanciva anche l’impegno dei cattolici nella vita sociale. Sull’onda di questa spinta data ai cattolici, nacquero molte Casse Rurali in quel periodo. La prima in provincia di Ascoli Piceno fu a Petritoli nel 1896, che poi però scomparve.
La nostra Banca nacque esattamente 120 anni fa, il 22 Gennaio del 1905, con atto pubblico del notaio Luigi Pieri di Ripatransone, per opera di venti soci fondatori, di cui ben nove erano sacerdoti. Il primo presidente, dal 1905 fino al 1933, fu proprio un sacerdote: don Vincenzo Evangelisti.
Tra i soci fondatori c’era anche un suo antenato. Di chi si tratta?
Sì, si tratta di un prozio di mio padre, don Daniele De Angelis, figlio di Vito, mio trisavolo, cioè nonno del mio nonno materno, che si chiamava, anche lui, come me!
La provincia di Ascoli Piceno nel secolo scorso si caratterizzò per la presenza di molte Casse Rurali sul suo territorio. A cosa fu dovuta questa diffusione capillare?
Sì, in effetti, nell’arco di pochi anni, a metà del 1910, le Casse Rurali marchigiane erano già salite a 52, di cui 31 nella nostra provincia picena. Come dice il nome stesso, le casse rurali erano cooperative di credito per i piccoli agricoltori: essendo il nostro territorio a devozione soprattutto agricola, si diffusero in fretta.
Per quanto riguarda la Cassa Rurale ed Operaia di Ripatransone, dalle fonti storiche si evince chiaramente che diede un forte e sostanziale contributo al decollo agricolo locale della comunità di Ripatransone e dei paesi circostanti. Fino alla prima metà del Novecento, Ripatransone era il terzo Comune della provincia di Ascoli Piceno e anche il terzo territorio più esteso, dopo il capoluogo stesso ed Arquata del Tronto. Il Consiglio si riunì, dall’Ottobre del 1905 al Dicembre del 1907, per ben 54 sedute. È curioso constatare come nei primi nove mesi non ci furono operazioni di cassa, poi, però, nell’arco di quasi due anni, erogò prestiti per un totale di 19.131 lire, che oggi, in base ai dati sul costo della vita e al convertitore lira /euro, corrisponderebbero a circa 96.000 euro.
Sa dirci qualche curiosità? Ad esempio, come furono impiegate le somme erogate in prestito?
Furono distribuite in vario modo, ma principalmente per prestiti con finalità personali e di famiglia, con destinazione per arti e mestieri, per l’agricoltura. Tra le curiosità, dico questo: tra le prime operazioni che fece la Banca ci fu anche l’erogazione di un prestito ad una famiglia per finanziare le spese relative all’ordinazione sacerdotale di un di un componente della famiglia. Per questa operazione vennero date in prestito 300 lire.
A quali condizioni venivano accordati questi primi prestiti?
In questi primi primi anni di vita della Cassa Rurale ed Operaia di Ripatransone i primi prestiti venivano accordati a sei mesi, quindi con una durata molto contenuta e previo necessario avallo di garanzie, che – come dicono i verbali che abbiamo come fonti storiche de periodo – potevano essere anche una collana di coralli e un paio di boccole, di peso complessivo di grammi 130 circa e del valore approssimativo di 300 lire o il pegno di sei bollette del Monte di Pietà.
Negli Anni 20 ci furono due grandi novità. Quali?
Prima di tutto in quegli anni crebbe la produzione del frumento nel settore agricolo marchigiano e le Casse Rurali delle Marche si organizzarono in modo tale da provvedere in proprio all’acquisto all’ingrosso dei concimi chimici, che venivano venduti al minuto ai soci e perfino ai non soci. Ci fu quindi una trasformazione: non solo enti creditizi, ma anche vere e proprie attività commerciali.
Dal 1923 in poi, inoltre, la presenza degli ecclesiastici nelle Casse Rurali italiane, sia in qualità di soci sia con mansioni di presidente o di amministratori, non venne più tollerata dall’autorità vaticana e dallo stesso pontefice Pio XI, il quale impose a chi ricopriva questi ruoli di dimettersi. In questi anni il diritto canonico iniziò a prevedere un esplicito permesso della Santa Congregazione del Concilio per poter esercitare questa attività. Questo avvenne anche per la Curia di Ripatransone, la quale, con un documento a firma del vicario generale pro tempore dell’epoca, nel 1926 fu obbligata a rispondere ad un questionario, facendo una sorta di censimento di tutti i prelati che ricoprivano dei ruoli nelle Casse Rurali locali. Ecco perché il primo presidente, don Evangelisti, rimase come presidente ancora per un decennio, fino al 1933, quando, terminata l’attività ricognitiva della Chiesa, questi incarichi di fatto vennero a cessare e subentrò un nuovo presidente laico: Vincenzo Illuminati.
I registri della Banca, ancora oggi in buono stato di conservazione, sono anche delle fonti storiche attendibili per fotografare la realtà del tempo. Quali informazioni sono contenute al loro interno?
È vero: i registri, oltre ai conteggi di natura finanziaria, ci danno molte informazioni utili per poter effettuare anche indagini demografiche. Per rispondere alla domanda, prendiamo a riferimento il 1936, un anno al centro del ventennio fascista, così da proseguire in maniera cronologica il nostro excursus storico. All’epoca la nostra Banca aveva 309 soci e di questi 190 erano iscritti al Partito Nazionale Fascista, pari al 61% del totale. 240 dei 309 soci erano sposati, quindi una percentuale altissima. Veniva inoltre annotato anche il numero dei figli: pensi che 240 soci avevano 680 figli. Il rapporto percentuale depositi/impieghi al 31 Dicembre del 1935 era del 53%, gli impieghi ammontavano a 882.000 lire e i depositi a 1.670.000, cifre che tradotte in euro oggi corrisponderebbero rispettivamente a 106.000 e 201.000 euro.
Quali sono i presidenti che si sono susseguiti negli anni?
Dopo il primo laico che abbiamo già ricordato, Vincenzo Illuminati, dal 1944 al 1946 ci fu il cav. Arpaldo Cellini; dal 1946 al 1958 l’avv. Giuseppe Bruti; dal 1959 al 1968. il cav. Attilio Michelangeli; dal 1969 al 1971 il sig. Ermete Capocasa; dal 1971 al 1979 il perito agrario Neno Damiani; poi ci fu una gestione commissariale dal 1979 al 1980; nel biennio dal 1980 al 1982 ci fu il prof. Franco Capriotti; dal 1982 al 1989 il sig. Raffaele Vagnoni; nel biennio 1989-90 il prof. Giuseppe De Angelis; dal 1999 al 2001 il sig. Raffaele Magnoni; infine dal 2001 ad oggi il dott. Michelino Michetti.
Come è cambiata negli anni la compagine sociale della Banca da lei diretta?
Per una cinquantina d’anni, a partire dalla sua fondazione, i dati furono sempre in crescita: nell’arco di un anno si passò dai 20 fondatori a 102 soci nel 1906; poi si rimase sempre intorno ai 300 soci fino alla metà degli Anni Cinquanta. Negli Anni Sessanta ci fu invece una flessione, per poi risalire negli Anni Ottanta, fino a giungere negli Anni Novanta al numero di 409 soci. Da qui in poi i soci crebbero progressivamente perché la nostra Banca, che fino a quel momento era rimasta monosportello, con la sola sede di Ripatransone, il 14 Dicembre del 1992 aprì un nuovo a Grottammare e i soci, nell’arco di quindici giorni, al 1° Gennaio 1993, salirono a 430.
Da questo anno in poi la nostra Banca ha dato vita ad una politica di sviluppo commerciale con l’apertura di molti altri sportelli: nel 2000 fu aperto lo sportello a San Benedetto del Tronto nord, in via Manzoni; nel 2001 fu aperto lo sportello a Montefiore dell’Aso; nel 2005 fu aperto lo sportello a Porto d’Ascoli, quindi a sud della città; nel 2008 fu aperto il terzo sportello nella città di San Benedetto, quello in centro, in via Curzi.
Quando e come si è giunti alla denominazione attuale di Banca di Ripatransone e del Fermano?
Un primo cambio di denominazione ci fu nel 1995, a seguito del Nuovo Testo Unico Bancario emanato nel 1993, che andava a sostituire la Legge Bancaria del 1936. La Cassa Rurale ed Operaia di Ripatransone divenne così Banca di Credito Cooperativo di Ripatransone.
Nel 2005, in occasione del proprio centenario, cambiammo ulteriormente denominazione da Banca di Credito Cooperativo di Ripatransone a Banca di Ripatransone.
Nel 2017 ci fu infine un cambiamento molto importante per la storia della nostra Banca, che acquisì, mediante una fusione per incorporazione, la Banca del Fermano, unendo le forze e le risorse e cambiando denominazione in Banca di Ripatransone e del Fermano.
Da quella data in poi non ci sono stati altri cambi di denominazione, tuttavia nel Dicembre del 2018 c’è stato un altro passaggio saliente della nostra storia, quando l’Assemblea Straordinaria dei soci ha deliberato l’ingresso della nostra Banca nel Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea, per effetto della riforma del Credito Cooperativo, che ha imposto a tutte le banche di credito cooperativo di aderire ad un gruppo bancario cooperativo. Ancora oggi apparteniamo al Gruppo BCC Iccrea, l’unico gruppo bancario nazionale a capitale interamente italiano e il quarto gruppo bancario in Italia per attivi.
Lei lavora in quella che oggi si chiama Banca di Ripatransone e del Fermano dal 1994. Qual è il cambiamento più importante di cui è stato testimone in questi oltre trent’anni?
La nostra è una Banca giovane, con una età media di circa 42 anni e un’anzianità media per ogni dipendente di circa 12 anni. Nel 1994, quando io ho iniziato a lavorare, avevo quindici colleghi dipendenti, mentre oggi la nostra Banca ne annovera ben 61. Negli anni la Banca di Ripatransone e del Fermano è cresciuta molto, contribuendo allo sviluppo del territorio ed accrescendo l’occupazione. Sono testimone di questa crescita, il cui merito è delle persone persone che ho incontrato lungo il cammino, alcune delle quali purtroppo non sono più fra noi. Se oggi siamo arrivati ad essere riconosciuti come un attore protagonista del nostro territorio, è soprattutto grazie al loro prezioso contributo e alle loro spiccate doti umane e professionali.
Cosa augura alla Banca da lei diretta per il prossimo futuro?
Auguro alla nostra Banca di continuare a svolgere, in modo coerente, il nostro lavoro, fedeli ai nostri principi fondanti, quindi mantenendo una presenza forte, continua e crescente sul territorio. Questo vuol dire anche guardare al futuro senza timore, con entusiasmo, energia, capacità di ascolto e con il sorriso sulle labbra che ci ha sempre caratterizzato.