Sorelle Clarisse: Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.

La ricostruzione del tempio è il primo impegno del popolo di Israele tornato dall’esilio. Il tempio, infatti, è il segno reale e materiale della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. La presenza del tempio è, poi, inseparabile dalla ricostruzione della città, soprattutto dalla ricostruzione delle mura di Gerusalemme.

Ma per portare definitivamente a compimento la riedificazione di Israele, occorre recuperare soprattutto l’identità di popolo, una identità, leggiamo nella prima lettura, che può essere ristabilita solo dalla Parola di Dio, solo attorno alla Parola di Dio.

Ascoltiamo qualche stralcio di questo testo, tratto dal libro di Neemia: «In quei giorni il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza […] dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno […]; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. […] I leviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura».

Dopo un lungo silenzio, dopo il tempo dell’esilio, dopo lunghi anni nei quali l’esperienza dei padri rischiava di diventare solo un ricordo, ora, in patria, terminata la ricostruzione materiale, la Parola di Dio viene proclamata solennemente e a lungo perché gli Israeliti rinascano come popolo. Un lungo giorno, quello che ci viene descritto da Neemia, un lungo tempo per riascoltare l’amore di Dio, per ricordare i gesti, per ritrovarsi come un solo popolo di donne e uomini capaci di intendere ciò che Dio dice.

Questo spiega l’esultanza e la gioia finali: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

Si celebra la rinnovata e ritrovata unità del popolo e l’inizio di una nuova tappa del suo cammino.

Anche Gesù, lo leggiamo nel Vangelo, annuncia la sua missione che segnerà per il popolo e per l’umanità intera una nuova svolta nel cammino di relazione con Dio.

Una buona notizia che non è l’offerta di una nuova morale fosse pure la migliore o la più nobile.

Una buona notizia, come canta il salmista, che rinfranca l’anima, fa gioire il cuore, illumina gli occhi, rimane per sempre; perché ci dice che Dio è per l’uomo, che Dio sta soprattutto dalla parte degli ultimi, che Gesù viene per portare Dio a uomini e donne senza speranza ed aprirli a tutte le loro immense potenzialità di vita, di lavoro, di creatività, di relazione, di intelligenza, di amore.

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».

È un testo tratto dal libro del profeta Isaia e che Gesù legge nella sinagoga di Nazareth aggiungendo alla fine della proclamazione «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Quest’oggi è l’oggi dell’incarnazione, l’oggi in cui Dio non attende che l’uomo diventi Dio ma è Dio a diventare uomo, a impastarsi con l’umanità, ad assumerla nella carne.

Una incarnazione che non è finita con l’umanità di Gesù ma continua nell’uomo e attraverso l’uomo, quando prendiamo parte alla storia ferita di tanta umanità condividendone i pesi.

Infatti, siamo corpo di Cristo, scrive Paolo nella sua prima lettera alla comunità di Corinto, e ognuno di noi è membro di questo unico corpo, «ognuno secondo la propria parte». Siamo corpo di Cristo se siamo, cioè, gli uni per gli altri, radunati e in ascolto di quella Parola che, fin dalle origini, ci chiama a condividere la stessa eredità di figli di Dio.

AddThis Website Tools
Redazione:
whatsapp
line