COMUNANZA – Prosegue la grande preoccupazione per l’annunciata chiusura dello stabilimento di lavatrici Beko presente a Comunanza, dove lavorano oltre 300 persone che provengono anche dalle città di Ascoli Piceno e Fermo e che hanno un indotto di almeno altre 500. La chiusura dello stabilimento ubicato nel territorio montano rientrerebbe in un più vasto piano aziendale di chiusura anche di altre realtà industriali della ditta turca presenti in vari siti d’Italia.
Numerose le manifestazioni organizzate fino ad oggi da quando è stato dato l’annuncio: cortei, assemblee, visite, a cui hanno preso parte i dipendenti, tutte le categorie sindacali, i sindaci dei paesi vicini, le personalità politiche del territorio e del resto della Regione. Tutti presenti per dimostrare la loro solidarietà ai lavoratori e cercare di bloccare la chiusura dello stabilimento.
Anche il vescovo Gianpiero Palmieri si sta impegnando per scongiurare questa chiusura annunciata dello stabilimento, che lascerebbe numerosi lavoratori senza un impiego e colpirebbe quindi l’economia di tante famiglie, oltre che il tessuto commerciale , artigianale e di libere professioni esistente e consolidato da anni. Insieme al sindaco di Comunanza e ad una piccola rappresentanza di operai, mons. Palmieri è stato anche ricevuto dal Santo Padre, che si è unito all’appello disperato di questo territorio già ferito dalla pandemia, dal terremoto e dal calo demografico.
Per ripercorrere la storia dello stabilimento e delle persone che lo hanno reso grande negli anni, abbiamo raccolto la testimonianza di Domenico Annibali, già Sindaco di Comunanza ed ex dipendente della Beko.
«Sono stato tra i primi quattro/cinque impiegati assunti all’Ariston Fabriano nel 1973, per poi occuparmi dello stabilimento di Comunanza. Il dott. Vittorio Merloni mi chiese espressamente di occuparmi per un po’ di tempo del personale e delle assunzioni, coadiuvato dall’ufficio centrale di Fabriano. La cosa mi sorprese, perché io ero di estrazione tecnica e di personale non ne sapevo nulla. Egli ribadì che voleva la mia presenza, perché conoscevo bene il territorio e le sue realtà. La cosa si prolungò per quasi 5 anni .
Accettai con grande paura, ma anche tanta voglia di fare. Per diverso tempo, trascorsi due giorni alla settimana a Fabriano, mentre il resto della settimana – compreso il sabato – lavoravo in un ufficietto ricavato all’interno della struttura di legno della impresa di muratori qui a Comunanza. C’erano stimoli, voglia di fare e di anticipare i tempi, perché sembrava surreale che un grosso nome come Ariston si insediasse nel nostro territorio e desse la possibilità di garantire lavoro in una zona fino ad allora a vocazione agricola (con pochi mezzi da media alta collina), artigianale e tuttofare.
Durante la messa in opera dello stabilimento si intersecarono diverse ditte, ognuna specializzata del suo settore, ci si aiutava, si lavorava in un clima sereno, c’era la massima collaborazione, di sera si lavorava alla luce dei grandi fari prestati gentilmente dai VV.FF: veramente una grande famiglia! Qualche volta ci trovavamo insieme anche per mangiare una pizza e bere una birra.
Ricordo molto di quel periodo, soprattutto qualche frase che intercettavo tra la commozione e la meraviglia di chi veniva a fare il colloquio per essere assunto: “Vengo dalla Germania e finalmente torno nelle mie terre”; “Adesso potrò pagare l’università a mio figlio”; “Rimetterò a posto casa e poi mi sposerò”; “fra qualche mese vendo la vespa e compro una Fiat 500”; … Frasi che si cementavano con certezze, non solo speranze , anche al sottoscritto.
A tempi di record, nel 1974, uscì la prima lavatrice. Grande festa e un po’ di spumante. Questa non è retorica. Si era creata veramente una grande famiglia: a Natale cena per tutti i dipendenti; alla Befana, accompagnato da uno spettacolo, c’era un regalo per i bambini dei dipendenti; a Pasqua celebravamo la Santa Messa all’interno dello stabilimento con dipendenti e famiglie; onoravamo la festa del 1° Maggio. E organizzavamo tante altre iniziative che facevano da collante tra gli attori del momento.
Dopo qualche anno , dopo aver assunto più di trecento persone, oggi tutte pensionate, andai finalmente a fare il tecnico. Il dott. Merloni mi diede un incarico nuovo per l’azienda, ma molto stimolante: Value Analisys Control, che consisteva nell’analisi del valore e nello studio tecnico delle attrezzature e dei costi dei prodotti della concorrenza, oltre che nella ricerca di nuovi materiali e tecnologie per il settore elettrodomestico bianco. Fui affiancato, con grande sorpresa e stupore, da un ingegnere francese, capo progettista in pensione del famoso aereo Concorde. Questo nuovo incarico mi permetteva di andare in altri paesi a vedere novità , mostre e fiere del settore. Dedicai corpo ed anima a questa nuova esperienza ed ebbi una crescita professionale unica.
In quel periodo mi iscrissi anche all’Università come studente lavoratore, non avendo avuto modo di iscrivermi e frequentare: ai miei tempi, infatti, le disponibilità economiche della mia famiglia erano molto scarse. Pochi esami, ma ottimi risultati: l’impegno del lavoro che cresceva mi impedì di proseguire, ma poi sono arrivato lo stesso dove mi ero prefissato di arrivare, grazie ancora al dott. Merloni, il quale mi seguiva sempre per valutare come andavano i lavori. Dopo aver presentato il primo report, il dott. Vittorio mi fece esportare questa esperienza ad una altro stabilimento del gruppo. A quei tempi Ariston cresceva molto , costruiva in Portogallo, acquistò la Colston in Inghilterra ed ebbi l’onore e l’onere e l’onore di formare alcuni tecnici inglesi che risedettero per qualche settimana a San Benedetto del Tronto con le loro famiglie. Ogni giorno prelevavamo i tecnici per portarli nello stabilimento e le loro famiglie per accompagnarle a fare shopping nella zona calzaturiera. Fu importante questa scelta di coinvolgere le famiglie durante il giorno e anche la sera con qualche cena, perché questi signori, che inizialmente erano po’ scettici ed anche un po’ arrabbiati per essere stati acquisiti da Italiani, alla fine divennero amici e riportarono in Inghilterra la loro esperienza.
Ho dato molto a questa azienda, ma è anche vero che questa azienda ha dato molto a me, perché le varie esperienze, che Ariston mi ha permesso di fare, mi hanno aperto molte strade che sono poi state veramente utili per la mia carriera e per la mia crescita professionale ed umana.
Queste esperienze non si dimenticano e mi piange davvero il cuore nel sentire che c’è chi vuole chiudere una fabbrica che dà vita ad un territorio. Centinaia di famiglie potrebbero rimanere senza lavoro e quindi senza futuro, figli e nipoti con poche speranze!
Io ribadisco no alla chiusura.
Tra il 2010 e 2012 (dopo la crisi economico-finanziaria del 2009), ci fu un momento simile a quello che si sta vivendo ora. La Ariston voleva ridurre una parte del personale. Come Sindaco pro-tempore di allora, fui convocato da un rappresentante dell’azienda che mi diede questa notizia. Mi misi in contatto con l’Amm.re Delegato del tempo, che conoscevo benissimo perché lo avevo assunto io, come giovane ingegnere promettente. Dopo vari incontri privati e dopo aver organizzato un Forum a Comunanza con altri responsabili delle più grosse aziende del luogo, fu egli stesso a comunicare ai presenti che l’azienda sarebbe andata avanti ed avrebbe investito. Poi, purtroppo, dopo qualche anno, Ariston ha venduto agli Americani ed il resto lo sapete. Mi auguro con tutto il cuore che si possa ripetere un’esperienza simile, che qualcuno ci dica al più presto che lo stabilimento non chiuderà, così da salvare i sogni e il futuro di centinaia di persone».
Tutte le speranze dei lavoratori sono riposte nell’incontro che si terrà il 30 Gennaio 2025, alle ore 16:30: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, infatti, ha convocato un tavolo con tutte le parti in causa per ascoltare, confrontarsi e stabilire una linea comune che possa scongiurare la chiusura dello stabilimento Beko.
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