Pietro Pompei

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nel periodo compreso tra il 1940 e il 1949, la nostra città visse uno dei decenni più difficili della sua storia, segnato da eventi tragici e dolorosi. In questo lasso di tempo, voglio ricordare, in modo generale, alcuni degli episodi più significativi: il fascismo, la guerra, il passaggio del fronte, lo sfollamento, i bombardamenti (in particolare quello del 27 novembre 1943), la sirena e le levatacce. A questi eventi, possiamo aggiungere anche un atto sacrilego particolarmente grave, avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 gennaio 1946, nella Chiesa della Madonna della Marina, e i naufragi causati dall’esplosione delle mine.

Nel periodo di relativa pace, che va dal 1944 al 1948, si verificarono cinque esplosioni, che causarono la morte di 34 persone, la maggior parte delle quali non fu mai ritrovata. Questo è uno dei motivi per cui è stata richiesta una stele in loro memoria al cimitero.

Uno degli episodi più drammatici avvenne il 3 dicembre 1944, quando l’esplosione della nave S. Vincenzo scosse tutta la città. All’epoca, non tutti erano ancora rientrati dallo sfollamento. Quel giorno, ero con i miei amici a giocare in piazza Garibaldi quando, all’improvviso, sentimmo uno scoppio violentissimo. Guardando sopra le case basse, vedemmo una colonna di acqua e fango misti a pezzi di legno alzarsi in cielo. Corse verso il porto nord, dove scoprimmo che l’esplosione era avvenuta a breve distanza. La S. Vincenzo, distrutta, copriva un ampio tratto di mare. La cerimonia funebre per le vittime fu un momento di grande dolore.

Il naufragio della nave Grecale, il 30 gennaio 1946, segna un altro episodio doloroso. Con il mese di gennaio, siamo ormai al 79° anno da quell’evento, che l’amico Ugo Marinangeli definì “una triste pagina della nostra storia”. Aggiungendo: “Nella notte del 31 gennaio 1946, un grave atto sacrilego veniva compiuto nella Chiesa della Madonna della Marina”. La notizia dell’atto sacrilego e del naufragio si diffondeva velocemente, causando grande costernazione in città.

Ricordo con affetto la grande devozione che avevamo verso l’Eucaristia, educati in questo spirito fin da bambini, quando, durante la comunione, se una particola cadeva per terra, ci precipitavamo a prendere il campanello e a posizionarlo sopra la particola fino alla fine della Messa. Il sacerdote, al termine, avrebbe raccolto l’acqua con cui lavava il calice e l’aveva gettata nel fonte battesimale. Il Tabernacolo era il nostro punto di riferimento, specialmente dopo gli incontri con il nostro vescovo Mons. Luigi Ferri, che con grande entusiasmo ci parlava dell’Angelo del Conforto, invitandoci a salutarlo ogni volta che passavamo vicino a una chiesa. Bei ricordi che oggi, nel mio invecchiare, mi addolciscono il cuore e mi rinnovano l’amore per l’Eucaristia.

Tornando all’atto sacrilego del 31 gennaio 1946, quella notte, alla chiusura della Chiesa, due uomini si nascosero con l’intento di rubare dalla cappella della Madonna di Lourdes, che in vista della festa appariva particolarmente attraente. Tuttavia, l’inferriata che chiudeva l’ingresso era difficile da aprire, e così la loro rabbia li spinse ad accanirsi sul Tabernacolo per rubare la pisside. Non fu difficile riuscire nell’intento: la Chiesa della Madonna della Marina, inaugurata nel 1908, non aveva subito modifiche significative e, senza l’abside, il tabernacolo era facilmente accessibile. La violenza del gesto non si limitò al furto: i ladri gettarono il contenuto della pisside e lo calpestarono.

Il 31 gennaio, l’intera città apprese la notizia con grande sconforto. Alcuni, già preoccupati per la sciagura del Grecale, temevano che si trattasse di un segno di punizione divina. Fortunatamente, furono in pochi a nutrire tale paura. Il vescovo Ferri, sul bollettino diocesano, scriveva: “E già tutta San Benedetto è corsa ai piedi dell’Altare profanato per adorare e riparare: la rabbia nemica non farà altro che rendere più solenne la Novena dell’Immacolata di Lourdes e rendere eucaristiche tutte le feste di precetto delle due Diocesi, come durante il grave periodo della guerra fratricida, felicemente superato… Raccogliamoci al Trono di Dio, all’Altare della Madonna, nello studio e nell’adorazione, e l’Immacolata Regina ci libererà da ogni malvagità e ci custodirà incolumi.”

L’intervento delle associazioni cattoliche, in particolare dell’Azione Cattolica Giovanile della Parrocchia della Marina, fu determinante. Federico Sciocchetti, un giovane disabile fin dall’adolescenza ma sempre attivo nella vita pastorale, con il sacerdote don Filippo Collini, ideò una catena di adorazione riparatrice davanti al tabernacolo profanato, in segno di devozione e riparazione. Federico, che da giovane aveva dovuto affrontare enormi difficoltà fisiche, dedicò la sua vita a testimoniare la fede, e anche nei suoi ultimi giorni non smise mai di riflettere sui misteri del Rosario.

Nel 2023, in occasione del dies natalis di Federico, ho avuto l’opportunità di scrivere un articolo in sua memoria, sperando che la sua figura fosse riconosciuta e venerata come “Servo di Dio”. Purtroppo, nonostante l’importanza della sua testimonianza, non ho ricevuto il riscontro che mi aspettavo. Federico, con il suo esempio di vita, ha lasciato un’impronta indelebile nei cuori di chi lo ha conosciuto, e spero che, nel futuro, la sua memoria possa essere adeguatamente onorata.

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2 commenti

  • Daniela Bruni
    31/01/2025 alle 07:42

    Prof Pompei i suoi ricordi sono preziosi Continuare a scrivere con questa memoria e' cosa preziosa Grazie!!

  • Ubaldo
    31/01/2025 alle 08:20

    Direttore Pompei sei la memoria storica di San Benedetto e ti ringrazio per i ricordi. Soprattutto il riferimento alla carismatica figura del nostro Federico Sciocchetti, che come da te sottolineato ha lasciato nei nostri cuori un'impronta indelebile. Il nostro vescovo Chiaretti, quando Federico era ancora in vita, si raccomandò di conservare ogni scritto e ricordo perchè "un domani poteva tornare utile". Preghiamo e speriamo, perchè i santi della porta accanto esistono anche nel nostro tempo. Ubaldo Grossi

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