Foto: Caritas Mondovì

Patrizia Caiffa

Sono oltre 15.000 i giovani tra i 16 e i 34 anni che fanno volontariato nelle Caritas, nelle parrocchie e rispettivi servizi diocesani di tutta Italia. Il 71,7% indica come motivazione il desiderio di “aiutare gli altri”. Si tratta in gran parte di ragazze (68,4%), di cittadinanza italiana (97,2%), con un’età media pari a 24,4 anni. Molto scarsa la presenza di cittadini non italiani. Il 38,4% è volontario, il 30% sta svolgendo il servizio civile, mentre il 26,4% lavora. Il 67,9% dichiara di collaborare con la Caritas occasionalmente, il 32,1% in modo stabile.  In media sono presenti in Caritas da due o tre anni. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine conoscitiva “Giovani in Caritas: tra sogno e realtà”, condotta su un campione di 632 giovani di tutte le regioni italiane e presentata oggi on line. Poco più della metà dei giovani (53,5%) sono occupati in centri e servizi socio-caritativi come mense, ostelli, magazzini, empori della solidarietà, centri di distribuzione di beni primari. Il resto sta svolgendo il servizio civile (45,1%) o progetti di volontariato giovanile. Uno su tre, oltre a collaborare con la Caritas, studia o lavora presso enti diversi. Una presenza ritenuta, a conclusione dell’indagine, “encomiabile”, che dimostra come “la paura del diverso non si combatte con la chiusura ma con la partecipazione collettiva”:

“I giovani ci sono eccome, soprattutto se ci riconoscono come coraggiosi e credibili nelle proposte che offriamo, e se viene garantito loro uno spazio di libera espressione e creatività”.

Giovani molto attivi e multitasking, oltre gli steccati ideologici. Il ritratto che emerge dall’indagine, curata da Walter Nanni e suor Lorella Nucci, è di una “presenza di giovani molto attivi e impegnati su più fronti, che incarnano in modo esemplare l’attitudine multitasking delle nuove generazioni”. La novità, rispetto al passato, è che i giovani passano tranquillamente da esperienze in parrocchia a realtà laiche, un aspetto positivo che evidenzia la possibilità

“di superare gli steccati ideologici che per troppo tempo hanno creato separazioni e attività reciprocamente escludenti”.

Soddisfatti della propria vita, meno delle condizioni economiche. La ricerca indaga anche il livello di soddisfazione dei giovani rispetto alla propria vita e all’esperienza in Caritas. L’86,4% si dice “abbastanza” o “molto” soddisfatto della propria vita. Il 95,7% valuta soddisfacente la propria esperienza in Caritas, l’88,9% le relazioni con la famiglia, l’88,4% le relazioni sociali. Il punto critico risultano le condizioni economiche, che soddisfano solo il 61,5% dei ragazzi.

 

Il 96% dei giovani si sente ascoltato e aiutato all’interno della Caritas ma c’è un 4% che sostiene il contrario: un elemento da non trascurare, per non isolare nessuno. Uno degli aspetti più importanti dell’esperienza in Caritas è infatti quello di vivere incontri importanti con persone – anche umili o in difficoltà – o figure di riferimento che possono cambiare l’atteggiamento nei confronti della vita.

La prima passione: aiutare gli altri. L’indagine va a scoprire anche le passioni dei giovani che frequentano il mondo Caritas: al primo posto c’è il desiderio di “aiutare gli altri” (71,7%). “Questo dato, di per sé eloquente, ci dice che il desiderio di solidarietà e di impegno per il bene comune è vivo e profondamente radicato”, commenta nell’introduzione don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana. Al secondo quello di trascorrere del tempo con la famiglia e con gli amici (66,9%), al terzo la passione per i viaggi (62%). A seguire la voglia di imparare cose nuove, cucinare, fare sport, suonare o fare musica, dipingere, recitare, utilizzare i social, escursionismo ed ecologia, ballare. Fanalino di coda è la volontà di “fare politica”, citata solo dall’8,9% dei ragazzi, che manifesta quindi scarso interesse a mobilitarsi per il bene comune.

Per raggiungere i sogni ci sono però degli ostacoli: quello più frequentemente segnalato sono le difficoltà economiche o non trovare un lavoro sufficientemente redditizio. Il secondo è la mancanza di una formazione adeguata rispetto al mercato del lavoro e il terzo è la “scarsa fiducia in me stesso”. I ragazzi sono però consapevoli di essere responsabili della propria vita e non scaricano sugli altri le colpe dei propri fallimenti.

Gli ostacoli si superano con le risorse personali: il 53,8% pensa che la capacità di adattamento sia la migliore risorsa a propria disposizione, il 46,2% la generosità, il 34,5% l’apertura al mondo, il 33,4% l’espansività e l’allegria. Di contro solo il 17,9% si attribuisce doti di leadership ed anche la “costanza” è riconosciuta come risorsa solo dal 18,7% dei giovani.

 

La Caritas del futuro? Comunichi meglio le proprie attività. Ai giovani è stato chiesto, inoltre, come vedono la Caritas del futuro. La maggior parte ritiene che debba comunicare meglio all’esterno le proprie attività ed essere più attenta alle relazioni umane all’interno. I ragazzi suggeriscono di migliorare la “circolazione e la chiarezza delle informazioni” nell’organizzazione del lavoro (54,3%) ma anche gli obiettivi e i compiti (39,7%). Sulla comunicazione i giovani possono dunque svolgere un ruolo importante, valorizzando al massimo la loro spinta creativa. Per don Pagniello occorrono “proposte serie, diversificate, occasione di servizio, non importa se gratuite o remunerate”, che diventino per i giovani “scuola di vita” capace di provocare in loro “stili, scelte e impegni che segneranno il loro futuro nella famiglia, nella professione, nell’impegno politico alla ricerca e promozione del bene comune”.

 

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