DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.

Oggi, domenica 2 febbraio, celebriamo la festa della Presentazione del Signore.

Leggiamo nel Vangelo che «quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore […] e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore».

Questa famiglia passa inosservata dinanzi agli uomini del tempio: questi ultimi hanno occhi vuoti, vedono entrare il Messia ma non lo riconoscono. Forse perché lo aspettano da una famiglia ricca, nobile, non certo da un uomo e una donna che portano, da poveri quali sono, una offerta povera.

Solo due persone riconoscono nel bambino Gesù il Messia.

Simeone, che viene presentato come «uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele, e lo Spirito Santo era su di lui».

E Anna, che è «una profetessa […], molto avanzata in età […]. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere».

Gesù, quindi, non è accolto dai sacerdoti, ma da un’anziana e un anziano senza ruolo, due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio.

Non riconoscono Gesù le cariche ufficiali del tempio, lo riconoscono i giusti, i timorati di Dio, quelli che non si sentono padroni né di Dio né del suo mistero, coloro che stanno dinanzi a Dio come Mosè sul Sinai, togliendosi i calzari sapendo di calpestare una terra santa.

A loro stanno a cuore non le sorti e gli interessi personali ma il bene comune, la consolazione del popolo e non solo la loro personale.

Simeone accoglie Gesù tra le sue braccia e, leggiamo nel Vangelo, «benedisse Dio dicendo: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza…». Ora che ho visto Dio posso morire, dice Simeone.

Egli sa riconoscere in Gesù, grazie allo Spirito, colui che, durante tutta la vita, ha proclamato e adorato come il suo Dio, colui che è «qui per la caduta e la resurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione».

Caduta dei nostri piccoli e grandi idoli, del nostro mondo di maschere, contraddizione di ogni nostra quieta mediocrità, del disamore e delle idee false di Dio.

Resurrezione: forza che ci fa ripartire quando abbiamo il vuoto dentro e il nero negli occhi. Resurrezione della dignità che è in ogni uomo, anche il più piccolo e disperato.

A Simeone fa eco il profeta Malachia nella prima lettura: «Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia».

Ed è a questo punto che irrompe sulla scena la profetessa Anna, «si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme».

Sembra quasi riprendere con i suoi gesti le parole del salmista che proclama: «Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi soglie antiche, ed entri il re della gloria […]. Il Signore forte e valoroso …».

Guardiamo, allora, a Simeone ed Anna e chiediamo al Signore un cuore spalancato, capace, non chiuso dal dolore, non superficiale. In questa festa della luce, il Signore doni a ciascuno di noi di stare desto, di non arrendersi, per vedere, nella nostra vita, la traccia della presenza di Dio.

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