Giuseppe Lorizio
Nei giorni scorsi è rimbalzata sui media la notizia relativa alla firma da parte del presidente Usa Donald Trump del decreto che istituisce un “ufficio della fede” presso la Casa Bianca, affidandone la guida alla telepredicatrice Paula White, esponente della cosiddetta “teologia della prosperità”, di cui Antonio Spadaro, sull’Avvenire dell’11 febbraio, offre un’attenta analisi critica in rapporto al messaggio evangelico. Tale prospettiva si aggancia palesemente alla religiosità della Silicon Valley, alla quale dedica attenzione un documentato articolo a firma di Emma Goldberg, apparso su “The New York Times” sempre l’11 febbraio scorso dal titolo “Alla ricerca di Dio o Peter Thiel nella Silicon Valley. Quando i luminari della tecnologia parlano della loro fede cristiana, la gente ascolta”. La giornalista riferisce che “Peter Thiel ha affermato che la sua fede cristiana è al centro della sua visione del mondo, esposta con un approccio eterodosso, fondendo riferimenti alla Scrittura e alla teoria politica conservatrice, analizzando antichi segni e prodigi per la loro connessione con le meraviglie tecnologiche odierne”.
In questo clima, che non può non interpellarci, si situa l’ufficio della fede istituito da Trump, ma qui mi preme commentare piuttosto una foto che nei giorni scorsi è stata ripresa da diversi giornali e che è stata lanciata dallo stesso presidente su X l’8 febbraio. Siamo nello studio ovale e il presidente e la telepredicatrice White sono circondati da diversi predicatori e pastori di comunità evangelicali, dalle quali sia diversi protestanti classici sia cattolici prendono le distanze non solo negli Stati Uniti. Ciò che può far riflettere è il fatto che diversi di questi “pastori” o “predicatori” si rivolgono verso il presidente esibendo il gesto della imposizione delle mani.
Si tratta di un segno presente in diverse appartenenze religiose e magico-sacrali, ma che, nella tradizione ebraico-cristiana, con riferimento ovviamente alle Scritture Sacre, assume sostanzialmente tre significati: di guarigione, di invocazione in particolare dello Spirito sulla persona, di consacrazione e conferimento di un mandato.Poiché nella foto e nei commenti dei presenti il gesto non è accompagnato da parole che ne indichino il senso, non possiamo ritenere acquisite le intenzioni di coloro che in tale occasione lo hanno compiuto. Mentre mi sembra di escludere il significato taumaturgico, quanto a quello orante, a parte il contesto, non possiamo dimenticare l’appello della I lettera a Timoteo a “pregare per coloro che ci governano”: “Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio” (2,1-2). E tale invocazione mi sembra particolarmente urgente proprio nei confronti di governanti che presentano delle criticità e dei rischi per l’autentico bene comune.
Se, invece, può essersi trattato del conferimento di un compito, allora il riferimento biblico più adeguato sarebbe quello compiuto dagli apostoli su coloro che sono stati scelti come diaconi a servizio degli ultimi (At 6, 6).Si tratta quindi del servizio/diakonia che chi riceve il mandato, sia politico che ecclesiale, dovrà esercitare prestando particolare attenzione ai poveri, agli emarginati, agli esclusi… E fra questi certamente vi sono gli immigrati, ai quali si è rivolta con parole dure ed efficaci la missiva di Papa Francesco ai vescovi degli Stati Uniti (10 febbraio), per richiamare la dignità della persona, stigmatizzare le deportazioni ed escludere l’equivalenza fra clandestini e delinquenti.