ASCOLI PICENO – Così come in tutta Italia, anche i metalmeccanici del Piceno si apprestano a scioperare domani, venerdì 21 febbraio, in un’importante mobilitazione nazionale sostenuta localmente da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil per il rinnovo del contratto collettivo nazionale.
Alla vigilia della protesta, i rappresentanti sindacali del territorio si sono riuniti presso la sede Cisl di Ascoli per fare il punto della situazione, analizzando lo stato del settore e le richieste dei lavoratori.
«La trattativa con Federmeccanica è interrotta ormai da due mesi – afferma Raffaele Bartomioli, segretario provinciale Uilm – Il nostro obiettivo è riaprire il tavolo delle trattative e affrontare temi come l’aumento dei salari, per il quale chiediamo 280 euro in più, una maggiore sicurezza e la riduzione degli orari di lavoro».
Nella mattinata di domani, dunque i lavoratori del settore metalmeccanico si riuniranno nella zona industriale di Ascoli per un sit-in che potrebbe registrare una partecipazione vicina al 90% degli addetti, sulla scia dell’ampia adesione già riscontrata nell’ultima mobilitazione di gennaio.
Oltre alla questione salariale, le preoccupazioni dei sindacati riguardano il contesto industriale del Piceno, un’area che da anni soffre di deindustrializzazione. «Il nostro non è un territorio di serie B – puntualizza Alessandro Pompei, segretario generale Fiom-Cgil Ascoli – L’aspetto più importante per noi è l’aumento del salario, dato che abbiamo delle retribuzioni tra le più basse delle Marche insieme al Fermano. Ma è altrettanto vero che da molti anni il Piceno soffre per la deindustrializzazione e ha bisogno di un’attenzione particolare da parte di chi può mettere in campo politiche specifiche per garantire la permanenza delle aziende sul territorio. L’insediamento di nuove attività produttive è quasi inesistente, e per questo vogliamo dare voce a un territorio che ha bisogno di supporto.
La Zes attivata per l’Abruzzo crea uno svantaggio competitivo con chi si insedia sulla nostra sponda del Tronto, così come l’isolamento infrastrutturale che da sempre condanna il nostro territorio. Per le politiche energetiche ogni azienda ragiona a sé, senza una visione complessiva. Chiediamo un riequilibrio sui finanziamenti, ma anche un cambiamento della mentalità imprenditoriale: attraverso un consorzio non competitivo o comunque una politica industriale condivisa, potremmo contare su un distretto del carbonio tra i più importanti d’Italia. Non possiamo vivere di turismo o di agricoltura: abbiamo delle particolarità da mettere in luce, e in questo senso la metalmeccanica per il territorio è importantissima».
Un caso emblematico è quello dello stabilimento Beko di Comunanza, minacciato dal rischio chiusura. Le recenti dichiarazioni del ministro Adolfo Urso fanno ben sperare sulla permanenza dell’attività industriale della fabbrica, ma i sindacati restano prudenti. «Parlare di accordo è prematuro – sottolinea Samuele Puglia di Fim-Cisl Marche – La trattativa è in corso e lunedì 24 febbraio ci sarà un incontro con il ministro Urso. Personalmente frenerei l’entusiasmo: è una buona notizia, ma ci sono altri punti da valutare su un piano che resta molto fumoso. I nostri obiettivi riguardano il mantenimento dello stabilimento, l’occupazione e le attività che si svolgono a Comunanza. Speriamo che i prossimi appuntamenti possano indirizzare la strada giusta».
A questo proposito, Alessandro Pompei di Fiom-Cgil Ascoli parla di un annuncio «sensazionalistico. Noi facciamo sindacato, e sul tavolo nazionale andremo a valutare le modifiche al piano industriale. Non accetteremo una perdita di occupati senza un reintegro: andare al di sotto degli occupati attuali per noi non rende lo stabilimento profittevole. Di annunci ne sono stati fatti molti, ben venga la revisione del piano ma vogliamo valutarla al tavolo nazionale».
Nel frattempo, la crisi si fa sentire su diversi comparti industriali del Piceno. «Siamo stati chiamati a seguire alcune pratiche di cassa integrazione, che sul territorio sta crescendo – prosegue Pompei – Alcuni settori, composti prevalentemente da terzisti per compagnie di Stato o partecipate, non sono coinvolti, mentre altri, come la moda e la meccanica, sì».
Secondo Bartomioli di Uilm «il rinnovo del contratto nazionale può essere un volano di rilancio dell’industria metalmeccanica. Nel 2024, le ore di cassa integrazione richieste dall’industria nel Piceno sono state 22,5 milioni, con un aumento del 65% rispetto al 2023. Nonostante le continue richieste e gli scioperi, però, Federmeccanica si rifiuta di tornare al tavolo delle trattative».
La speranza dei sindacati e dei lavoratori è che la mobilitazione di domani possa portare a una ripresa delle trattative e a una contrattazione che garantisca diritti e stabilità al comparto metalmeccanico, a livello locale e nazionale.




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