DIOCESI – Pubblichiamo la lettera aperta del Vescovo Gianpiero Palmieri.

Carissimi,
vi riporto le prime parole di una mail ricevuta la mattina del 16 marzo.

Caro vescovo Gianpiero,
tempo fa ti dissi della situazione in centro a San Benedetto, del clima di violenza e rissosità crescente nel mondo giovanile, dei tentativi di violenza sessuale dei mesi scorsi, delle risse tra minorenni… e stavolta ci ha rimesso la vita Amir. dietro a lui e ai ragazzi coinvolti in questa storia un mondo fatto di cocaina che scorre a fiumi nella riviera, ormai acquistabile a 20\30 euro. Davanti ai tanti ragazzi che vivono questo malessere, al silenzio delle famiglie (che spesso appartengono alla “società bene” del nostro territorio), allo sviluppo di patologie e ricoveri psichiatrici tra gli adolescenti, mi tormenta il “passare oltre” di tante persone, di tanti adulti, compresi anche noi educatori parrocchiali…

Di fronte a queste parole ho sentito il bisogno di fare silenzio e di mettermi a pregare.

“Per Amir, per la sua famiglia, per tutti i ragazzi coinvolti in questa storia… e per ciascuno di noi.
Si, dobbiamo tutti fermarci, per evitare di “passare oltre”.

Non serve reagire di pancia, come si è fatto su molti social in questi giorni, dove si è scritto di tutto, anche ciò che contribuisce ad aumentare la violenza invece di superarla.

Non possiamo derubricare l’episodio catalogandolo come uno dei tanti fatti di cronaca, magari pensando che la vittima, stavolta, se l’è cercata. Non basterà isolare i colpevoli considerandoli schegge impazzite in un contesto fondamentalmente sano, soggetti pericolosi da tenere in galera, per stare tranquilli tutti.

No, le cose non stanno così. Abbiamo bisogno di aprire gli occhi.

I ragazzi stanno male. Lo gridano in mille modi: dalle forme di autolesionismo, alle crisi di panico, alla rabbia e violenza diffusa, all’alcolismo e all’uso di stupefacenti, all’incapacità di tenersi un lavoro, al rifiuto di pensare al domani o di sognare una vita di coppia e di famiglia

La quasi totalità di loro dice di provare tanta solitudine, rispetto ad un mondo di adulti troppo preoccupati di sé stessi e incapaci di avere “parole”.

Parole autentiche, quelle che sanno scaldare il cuore e aprire strade per il futuro, le parole che non promettono e basta, ma sono vere, perché dietro di loro c’è un volto, uno sguardo, una presenza che c’è, che non se ne va, che non molla. Parole che contengano una saggezza per cui valga la pena vivere e spendersi e non solo un invito a divertirsi “finché sei giovane”.

Possibile che si sottovaluti così tanto il male di vivere dei ragazzi?

Ci accontentiamo di quelli che riusciamo a coinvolgere nelle nostre associazioni e nelle nostre iniziative, nei cammini di gruppo compresi quelli parrocchiali, nelle competizioni sportive o nelle manifestazioni di parata… e tutti gli altri?

Sono tanti, troppi, i ragazzi che camuffano la loro fatica di vivere dietro un’apparenza di superficialità o di noncuranza. E’ lo stesso atteggiamento di molti adulti… i ragazzi lo hanno imparato presto, perché ormai hanno perso la fiducia di trovare una risposta autentica alle loro inquietudini e alle loro ricerche.

E se fosse arrivato il momento di svegliarci?

Di realizzare finalmente quel patto tra istituzioni e cittadini che dia il posto centrale che merita al compito educativo? Se decidessimo di mettere da parte ciò che ci divide per accompagnare i ragazzi a scoprire il senso bello del vivere, fatto di amicizia, rispetto, solidarietà verso i fragili?

E’ tanto impossibile provare a realizzare questo sogno?

E se ci mettessimo tutti intorno ad un tavolo per cominciare a riflettere su cosa fare insieme, mentre ognuno di noi nel frattempo fa qualcosa, ciò che è nelle sue possibilità?
Credo che sia evidente a tutti che non si tratta solo di aumentare le forze dell’ordine per evitare che la notte diventi assassina, ma di coinvolgerci tutti nel creare quel villaggio educativo che permetta ai nostri ragazzi di crescere e di liberare le loro aspirazioni più belle.

O dobbiamo rassegnarci a perdere una generazione intera, prima di renderci conto che l’unica cosa necessaria è imparare al più presto la più importante arte della vita: l’essere padri e madri, che sanno dare tutto sé stessi per i loro figli, unica condizione perché ci sia futuro?

Chi ci sta? Mettiamoci insieme!”

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8 commenti

  • Tullia
    20/03/2025 alle 13:22

    io ci sto

  • Giulia
    20/03/2025 alle 18:50

    uniamoci tutti per un futuro migliore per nostri figli,per i nostri nipoti, per le persone che ci circonda, impariamo dai nostri anziani i grandi valori abbiamo bisogno di rispetto,di amore, di vivere più sereni ,più fiduciosi

  • Diana
    20/03/2025 alle 20:58

    Concordo pienamente, mi unisco

  • Arnaldo
    21/03/2025 alle 05:33

    Finalmente qualcuno che ragiona e pensa, dando un contributo.

  • Settimi Roberto
    21/03/2025 alle 11:33

    Sono un giovane della scuola superiore di IIS Celso Ulpiani, in classe con l'insegnante, abbiamo commentato il suo appello. Credo che sia importante che gli adulti ci trasmettano la speranza nel credere che sia possibile realizzare in questa società il proprio progetto di vita. Confido in una maggiore corresponsabilità dei genitori nel dialogo, nell'ascolto dei figli e soprattutto a non rinunciare a testimoniare i valori della vita.

  • Ilde Camaiani
    21/03/2025 alle 14:02

    le madri devono tornare a fare le madri, a prendersi cura dell'educazione dei figli. Anche se serve, mettendo in secondo piano la realizzazione personale. perché mettere al mondo dei figli è un a scelta ben precisa che porta necessariamente delle rinunce. Molti mi risponderanno che con uno stipendio non si può vivere. Invece sì può vivere eccome. Dando la priorità a ciò che è veramente importante , utile e necessario, e abituandosi e abituando anche i ragazzi a fare qualche rinuncia. invece ora c'è la moda illusoria di vivere al di sopra delle effettive possibilità. e per compiere questi scempii, i ragazzi vengono abbandonati a se stessi.

  • Cecilia
    21/03/2025 alle 16:46

    Concordo pienamente..io ci sto

  • Ilde Camaiani
    21/03/2025 alle 20:57

    io ci sto!, come si sta al mondo, ai ragazzi, lo deve insegnare la famiglia. Non la scuola, non la parrocchia....non si può sempre delegare gli altri. La giusta impronta educativa si riceve prima di tutto in famiglia. È facile e comodo dire sempre di sì ai figli, cedere alle loro richieste anche quando non meritano. Rincresce dirlo, ma sono i "no" che fanno crescere.

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