DIOCESI – Lavoro, economia e finanza civile; inclusione sociale e finanziaria attraverso il microcredito; nuova imprenditorialità e possibile creazione di nuovi posti di lavoro; necessità di una costante e puntuale educazione finanziaria dei giovani e degli adulti per una gestione più consapevole delle risorse; contrasto all’usura e all’indebitamento delle famiglie con iniziative della CEI e di Caritas Italiana: di questo e di tanto altro si è parlato nel pomeriggio mercoledì 19 Marzo 2025, presso il monastero di Valledacqua in Acquasanta Terme, dove si è svolto il convegno dal titolo “Alle radici della finanza civile. Seicento anni dalla nascita del Beato Marco da Montegallo. Dai Monti Frumentari al microcredito”.
L’evento, organizzato dalle Diocesi del Piceno, in collaborazione con Federcasse, Polo Lionello Bonfanti e Università Cattolica del Sacro Cuore, si è tenuto nel giorno del sesto centenario della nascita del Beato Marco da Montegallo, frate francescano del XV secolo, che in un’epoca di grandi navigazioni e fermenti religiosi, si distinse per la sua lotta contro le discordie civili e l’usura, fondando i Monti di Pietà, istituti di prestito gratuito che sovvertirono l’oppressivo sistema usurario dell’epoca.
Presenti numerose autorità civili, militari e religiose, ma anche dirigenti di banche, presidenti di fondazioni ed associazioni del territorio, dirigenti e volontari di enti del Terzo Settore direttamente o indirettamente coinvolti nella cura dei poveri e dei fragili, fra i quali Giorgio Rocchi e don Gianni Croci, direttori di Caritas diocesana delle due Chiese del Piceno.
La visita al Monte Frumentario di Paggese
Il pomeriggio si è aperto con la visita al Monte Frumentario di Paggese, uno dei pochissimi che ha ancora l’antico palazzo del Cinquecento. Nell’occasione gli ospiti hanno potuto visitare anche le le caratteristiche rue del borgo e la vicina chiesa romanica di San Lorenzo.
Gli interventi dei relatori
Dopo l’analisi storica sui Monti Frumentari condotta dal prof. Luigino Bruni, economista alla LUMSA (Libera Università Maria Santissima Assunta), e presentata al mattino da illustri relatori (leggi qui l’articolo riguardante gli interventi della mattinata: FOTO “Alle radici della finanza civile” A Valledacqua la prima Porta di Speranza, gli interventi della mattinata: Bruni, Gatti, Rossignoli, Avallone e Gioeli), nel pomeriggio si è dato spazio ad esperienze ed iniziative concrete, promosse da istituzioni dei nostri tempi impegnate nel favorire l’inclusione sociale e finanziaria. Cinque i relatori: Caterina Lucarelli, docente UNIVPM; Giampietro Pizzo, presidente Associazione RITMI; Luciano Gualzetti, presidente Consulta Nazionale Antiusura; don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana.
A rompere il ghiaccio è stata la prof.ssa Caterina Lucarelli dell’Università Politecnica delle Marche, la quale ha sottolineato come purtroppo ci sia una ignoranza finanziaria diffusa e ci sia quindi bisogno di una educazione finanziaria inclusiva che renda tutti i cittadini consapevoli sia finanziariamente sia tecnologicamente. La docente ha poi parlato di gestione finanziaria domestica, di risparmio, di finanziamento partecipativo (crowdfounding) e in particolare di equity crowdfunding, una particolare forma di finanziamento partecipativo operata attraverso piattaforme online, in cui, a fronte di un investimento anche di modesta entità, l’azienda oggetto della campagna di raccolta di capitali riconosce all’investitore un titolo di partecipazione della società stessa. Dopo aver ricordato che dallo scorso anno l’educazione finanziaria è obbligatoria alle Scuole Superiori come costola dell’Educazione Civica, Lucarelli ha concluso dicendo che “è necessario lavorare in tal senso” non solo per migliorare singolarmente come persone, bensì “per migliorare il valore della nostra comunità”.
A seguire Giampietro Pizzo, dell’Associazione RITMI – Rete Italiana di Microfinanza e Inclusione Finanziaria, dopo aver spiegato la distinzione tra microcredito d’impresa e microcredito sociale, ha detto: “Il divario tra il bisogno di una finanza inclusiva e l’offerta è veramente enorme. Se per quello d’impresa qualcosa si è fatto, per quello sociale siamo all’anno zero“. Dopo aver illlustrato le difficoltà più grandi, come la povertà e l’esclusione prima sociale e poi finanziaria, Pizzo ha aggiunto: “Più che parlare di microcredito, bisognerebbe chiamarlo finanza popolare o civile, perché il suo obiettivo è quello di riportare una comunità a trovare soluzioni ai problemi che ha. Il microcredito è uno strumento per risolvere un problema che il mondo della finanza ha riconosciuto da tempo, ma allo stesso tempo è una innovazione sociale, perché mette in gioco la fiducia, una fiducia che si costruisce insieme: il microcredito, infatti, non chiede garanzie reali o personali nel caso in cui il debitore non possa restituire la somma presa in prestito, ma mette in gioco la fiducia, la reputazione della persona, la sua affidabilità, quindi coinvolge la comunità in una logica di prossimità“.
È stata poi la volta di Luciano Gualzetti, il quale, ripercorrendo la nascita della Consulta Nazionale Antiusura, ha spiegato che sempre più persone si indebitano non per spese voluttuarie, ma per spese necessarie e non sono poi più capaci di restituire la somma presa a mutuo o in prestito. “Le fondazioni antiusura sono uno strumento per far ripartire le persone e le famiglie; per le aziende ci sono i confidi – ha detto –. Gli usurai possono essere quelli della porta accanto, che poi magari vengono a richiedere il denaro con atti di violenza, oppure la criminalità organizzata, che a volte presta ad interessi zero, perché non ha l’obiettivo di riprendere una cifra maggiore di quella prestata, bensì ha interesse a far entrare le aziende e le persone nelle maglie della criminalità. In tal modo, chi accetta soldi facili o soluzioni finanziarie facili, non è più libero, bensì si mette sotto il controllo delle organizzazioni criminali che, al momento opportuno, chiederanno loro di pagare il conto. In che modo? A volte, ad esempio, chiedendo alle aziende di assumere criminali che escono dal carcere”.
La soluzione? “Non ci può essere uno strumento per risolvere i problemi – ha concluso Gualzetti – bensì devono esserci più strumenti e soprattutto la mentalità giusta, la fiducia, quel minimo di capitale sociale, affinché si possano far percorsi di emancipazione con l’obiettivo che l’aiuto prestato non debba essere più necessario. Il capitale sociale della persona diventa capitale sociale della comunità: questo può succedere solo se c’è fiducia. Del resto dare credito vuol dire dare fiducia“.
Ultimo ad intervenire è stato don Marco Pagniello, il quale ha illustrato il progetto di Caritas Italiana chiamato “Mi fido di noi”: “Abbiamo pensato di chiamare il progetto in questo modo, perché la centralità non è sulla persona che viene aiutata, bensì sulla comunità che sarà chiamata a prendersi cura della persona e di tutto il processo. Una comunità che sarà chiamata ad accompagnare, a non lasciare sola la persona. I valori che ci hanno ispirato provengono certamente dalla Parola di Dio, ma anche dal concetto di condivisione, che è lo strumento principale di uguaglianza, e dalle parole di Papa Francesco, che ci vuole uniti, nessuno escluso”.
Il direttore di Caritas Italiana ha poi concluso con queste parole: “Don Tonino Bello diceva che la nostra speranza è Gesù Cristo, ma finché siamo qui sulla terra, in attesa del Regno, siamo chiamati ad organizzare la speranza. In questo Anno Giubilare, allora, siamo chiamati ad educarci all’essenziale, a quello che ci basta, alla sobrietà, al fatto che i beni servono per essere condivisi“.
Le conclusioni dell’economista Luigino Bruni
Numerosi i temi affrontati, oltre a quelli già citati: l’importanza di fare educazione finanziaria anche agli operatori di carità che sono punti di riferimento sul territorio (es. assistenti sociali o volontari); la necessità di distinguere tra le situazioni di povertà provvisoria, che possono quindi essere superate attraverso il microcredito, e le situazioni di povertà non transitoria, che invece possono essere sostenute con aiuti diversi; la crescita esponenziale dei casi di azzardopatia, che riguarda persone di diverse fasce di età; l’importanza per tutti, in particolare per la Chiesa, di non accettare denaro che sia per qualche motivo “contaminato”, ovvero che provenga da filantropi che svolgono attività poco etiche.
Al termine del ricco pomeriggio, il prof. Luigino Bruni ha concluso: “Visto che siamo nell’Anno Giubilare, ricordiamoci che il Giubileo era una faccenda economica. La profezia del Giubileo, infatti, era che non si è schiavi per sempre: ogni sette anni lo schiavo veniva liberato. Oggi il Giubileo ha senso, se diventa liberatorio e liberante dei nuovi schiavi. Questa è la sfida del futuro! La vera innovazione, quindi, è tornare a fare come i facevano i francescani, che davano fiducia Anche noi, oggi come allora, siamo chiamati a dare fiducia agli esclusi, a chi magari non se lo merita, a chi ha carenza di capitali non solo economici, ma anche culturali e sociali“.
Le dichiarazioni degli organizzatori
Molto soddisfatto il dott. Giorgio Rocchi, direttore di Caritas diocesana Ascoli Piceno, il quale ai nostri microfoni ha dichiarato: “Quella di ieri è stata una Porta di Speranza vera. Per restare tale, tutti noi siamo chiamati a fare una grande immersione nella realtà e a non proporre soluzioni standardizzate a chi si rivolge a noi. Ce lo consegna la storia – mi verrebbe da dire – con i Monti Frumentari, “fantasia” operatrice di bene del Beato Marco da Montegallo. Ce lo impongono le difficoltà finanziarie, le fragilità, i bisogni di oggi. La speranza ha bisogno di relazioni vivificanti e di fare di ogni incontro, nella creatività della carità, un’occasione per abbracciare i fratelli e le sorelle che sono in difficoltà, per ascoltarli, incoraggiarli, dar loro fiducia e sostenerli concretamente fino a farli rialzare in piedi e a farli camminare in autonomia personale. Così come abbiamo preparato insieme a diverse realtà l’evento, ora deve tutto proseguire nella logica di rete e nel coinvolgimento della comunità. Solo così saremo davvero segni di speranza nelle nostre comunità. Aperta la Porta di Speranza, ora questa resta aperta per tutti”.