“Papa Francesco è il primo Papa nella storia che ha declinato una spiritualità della vecchiaia”.
Lo ha detto mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, durante la conferenza stampa di presentazione, in Sala Stampa vaticana, del “Vatican Longevity Summit: sfidare l’orologio del tempo”, che si svolge nel pomeriggio di oggi a Roma, presso il Centro Conferenze dell’Augustinianum (via Paolo VI 25). “Oggi il tema della vecchiaia non riguarda solo la Chiesa cattolica, ma è un tema umanistico generale, che raccoglie tutte le scienze”, la tesi di Paglia, secondo il quale “ci troviamo di fronte a un evento esemplare, per l’università e per la società, perché il rischio è che la cultura generale non colga l’urgenza di un cambiamento dell’attenzione alla vecchiaia. È un rischio gravissimo: ne pagheremo le conseguenze amare”. “In Italia, che è il secondo Paese al mondo per il tasso di invecchiamento, finalmente è stata approvata una legge per riorganizzare l’assistenza agli anziani, e proprio in queste settimane ne inizia l’applicazione”, il dato positivo segnalato da mons. Paglia. “Come preservare le capacità cognitive in un mondo in cui la vita si allunga? Quali sono le sfide neurologiche della longevità?”. Sono queste le domande a cui Giulio Maira, neurochirurgo e fondatore della Fondazione Atena, cercherà di rispondere, nel corso del Summit. “Un aspetto fondamentale – ha spiegato – è rappresentato dalle differenze di genere nell’invecchiamento cerebrale. Uomini e donne non invecchiano allo stesso modo: le variazioni ormonali, genetiche e metaboliche influenzano il declino cognitivo e il rischio di sviluppare patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer, che colpisce in misura maggiore le donne”. “Tuttavia, la ricerca scientifica ha spesso trascurato queste differenze, portando a un gap di conoscenza che impatta direttamente sulla prevenzione e sulla terapia”, ha osservato l’esperto. “Un problema cruciale è rappresentato dagli stereotipi di genere negli studi farmacologici e nella ricerca preclinica, dove per decenni i modelli animali utilizzati sono stati prevalentemente maschi”. “Questa limitazione ha portato allo sviluppo di farmaci e trattamenti meno efficaci per le donne, compromettendo non solo la loro salute, ma anche l’healthspan, ovvero la durata della vita in buona salute”, la tesi di Maira: “Colmare questo divario – ha concluso – è essenziale per garantire un approccio equo e personalizzato alla longevità cognitiva e al benessere neurologico”.
0 commenti